Meraviglioso discorso della professoressa Rajna Dragićević sul ruolo degli insegnanti

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10 risposte

  1. Giampiero Marano ha detto:

    Perfetto.

  2. Tonguessy ha detto:

    Al solito ogni discorso (per quanto intelligente e vibrante come questo) si lascia interpretare in diversi modi. Vero è che nell'attuale modello di darwinismo sociale il parvenu che comanda non conosce nè cultura nè modi. Ma è innegabile che se tali parvenu sono arrivati ai piani alti è perchè non c'è stata sufficiente resistenza (o guerriglia). 

    E se proprio vogliamo dirla tutta non è che il corpo accademico sia esattamente immune da difetti, il principale dei quali è il fenomeno dei baroni che si comportano proprio come quei parvenu che vengono qui (giustamente) criticati: non sentono critiche e non intendono muoversi secondo altre direttive che non siano le loro.

    Insomma non sono convinto che tutti i professori abbiano la chiarezza e l'onestà di Rajna, e l'attuale lamento mi suona tanto da quella "macelleria sociale" denunciata da Squinzi, che pure è a capo di quella potentissima macchina che si chiama Confindustria. 

    Quando viene individuato un nemico lo si combatte. Lamentarsi va bene, ma non serve a cambiare le cose.

  3. stefano.dandrea ha detto:

    Tonguessy,

    credo che tu non abbia letto bene o che ti siano sfuggiti alcuni passaggi:

    – "Spesso si sente che i professori consigliano ai loro migliori studenti di emigrare quanto prima possibile. Il buon successo negli studi è considerato il miglior lasciapassare per andarsene dalla Serbia. Proviamo a capovolgere la prospettiva! Fate vedere agli studenti migliori che proprio loro potranno aiutare la convalescenza del paese perché possa diventare un buon luogo per vivere. Non permettete loro di andarsene, né di lasciare il paese nelle mani di persone non degne".

    "Non fate caso alla poca preparazione dei vostri colleghi, al fatto che molti non fanno nulla e sono pagati lo stesso, non fate caso al marciume attorno a voi e non arrendetevi".

    L'articolo sottolinea il ruolo dei professori (di lingua madre in particolare) e dà preziosi suggerimenti e una elevata motivazione ai nuovi insegnanti. Il ruolo è diverso da quello dei manager. Poi ci sono bravi e cattivi professori. Ma questa osservazione, sebbene non pertinente con il discorso sul ruolo dei professori e con quello volto a motivare, esaltare e indirizzare i futuri docenti, è ben presente nel discorso della professoressa, che quindi oggettivamente non merita le tue osservazioni.

  4. Tonguessy ha detto:

    Caro Stefano,

    il mio era un elogio al discorso della Dragicevic ("intelligente e vibrante" l'ho chiamato) e al tempo stesso una considerazione sulla situazione attuale, che la stessa professoressa chiama marciume, poca preparazione, persone non degne e via dicendo. 

    Quindi non credo di avere detto niente di nuovo: cosa permetta a tale marciume e gente poco preparata di accedere a dei ruoli essenziali per il benessere di uno Stato è argomento troppo complesso e delicato per poter essere discusso in un commento. 

    Per concludere ricordo solo il pensiero di Canfora:"il luogo dove le tendenze oligarchiche dominanti possono e devono essere messe in discussione è il laboratorio immenso costituito dal mondo della formazione e della scuola"

    Ammesso che tale laboratorio non consigli l'emigrazione, ben s'intende.

  5. ndr60 ha detto:

    Ciò che mi ha colpito, al di là di tutto, nel discorso della professoressa serba è che avrebbe benissimo potuto farlo un qualunque prof. del NOSTRO paese. E quindi mi chiedo: come è possibile che la condizione socio-culturale dell'Italia sia uguale a quella di un Paese che è passato da una terribile guerra inter-etnica ai bombardamenti NATO, ha visto dissolversi una nazione ed ora si sta faticosamente ricostruendo? Forse, dopotutto, avevano ragione i catastrofisti che vedevano nel berlusconismo, più che nella persona di B., la decadenza della cultura indotta dall'esistenza commerciale e dal culto della visibilità…

  6. Giovanni ha detto:

    L'articolo è molto bello e dice profonde verità, l'osservazione di Tonguessy è appropriata e soprattutto si inserisce nel solco dell'importante domanda finale sull'applicabilità al nostro sistema. Per la mia esperienza personale di precario (tristemente) quindicennale la mentalità finanziaria, anzi capitalistica, ha ormai contaminato il mondo accademico italiano in modo acuto. Il barone di ieri si è trasformato nel professore-manager di oggi e questo ha costituito un palese peggioramento.

    Nell'era della moralizzazione portata dal capitalismo sono stati introdotti i finanziamenti a progetto, il feticismo per gli spinoff ed il fanatismo bibliometrico. Attraverso questi meccanismi la ricerca è stata spesso spinta verso tematiche di basso (infimo) profilo. La spinta a trovare uno sbocco applicativo per ogni cosa ha scatenato effetti ben descritti dalla vecchia canzone di Arbore: "e ti perdi la stima se non trovi la rima". Ad esempio, "metafisica" non va bene ma "metafisica del pecorino romano" invece sì, perché promuove i prodotti tipici locali e magari la regione Lazio te lo finanzia. E' ironico ma ho visto progetti e spinoff di dubbia consistenza ricevere finanziamenti a volte anche a sei zeri. Questo ha prodotto anche un altro perverso risultato: selezionare una classe dirigente accademica cinica e spregiudicata marginalizzando quelli che non si piegavano a questa ipocrisia. Questa è la via attraverso cui i parvenu di cui parla Tonguessy hanno raggiunto i massimi livelli dell'accademia. E sono persone che, a differenza di alcuni (prepotenti) baroni vecchio stile che pure ho conosciuto, spesso non hanno alcun interesse per lo spessore scientifico dell'attività che svolgono. Seguono ossessivamente le loro competizioni settarie che sono fini a se stesse. Ho visto, ad esempio, anche un laureato in lettere prendere il dottorato in ingegneria del nocciolo (sto cambiando un po' le cose, ma non di molto) perché il suo protettore voleva prendere una pedina in più rispetto agli altri baroni. 

    In tutto questo il precario universitario è, come ho scritto, una pedina, un untermentschen. E' una figura inquadrata in un profilo di estrema debolezza, peggiore anche di quella del precario a scuola. Abbandonato di fatto dallo stato che ha prodotto leggi talmente vaghe da essere inesistenti, esposto alle intemperanze umorali del (troppo) potente parvenu di turno che però ha, per sè, tutte le tutele e che non esita a sfruttare questo differenziale a suo vantaggio. Ho impiegato molto tempo a capire questo mondo perché non avrei immaginato che il tempio della conoscenza potesse essere un posto così poco civilizzato. Posso dire di avere capito cosa significa banalità del male. In una società civile li si porterebbe davanti ad un tribunale, ma temo che questo mio semplice desiderio di giustizia non troverà mai applicazione.

    Comunque è un argomento interessante di cui occorerebbe discutere più ampiamente.

    • Tonguessy ha detto:

      Ho impiegato molto tempo a capire questo mondo perché non avrei immaginato che il tempio della conoscenza potesse essere un posto così poco civilizzato. Posso dire di avere capito cosa significa banalità del male.

      Tristemente quoto.

      Ho un'amica astrofisica che, vicina alla pensione, ha deciso di non aderire più alla "quantità" di pubblicazioni necessarie alla carriera, ma di svolgere quelle lunghe ricerche che le piacciono. Lo fa solo per il piacere di quello studio di cui parla Stefano, ma che non le potrà portare alcun miglioramento accademico o salariale.

      E' la legge del parvenu che siede nel consiglio di amministrazione di ciò che Canfora chiama "laboratorio immenso" in grado di mettere in discussione le attuali oligarchie. C'è da pensare….

  7. stefano.dandrea ha detto:

    Giovanni,

    ti ringrazio per questo tuo intervento, che non ha bisogno di condivisioni perché dice palesi verità. Io vivevo solo per lo studio e sono stato più fortunato di te, perché sono entrato. Ma il sistema ha fatto di tutto per scoraggiare ed estinguere la mia passione. Tutto ciò che il sistema offriva come ricompensa non mi interessava. La fortuna che ho avuto però mi consente di fare scuola e cerco di farla secondo i suggermenti indicati nell'articolo.  Stupire e far innamorare del pensiero almeno 10 studenti l'anno è l'obiettivo che mi sono posto. Ai restanti studenti do ciò che il sistema mi suggerisce di dare  e che essi stessi desiderano (forse qualcosa di più). Burocrazia zero. Convegni zero. Mercato editoriale zero. Studio si.

    P.S. Se riesci ad affacciarti ad uno degli incontri regionali dell'ARS che svolgeremo in settembre saremo onorati della tua presenza.Le indicazioni qua: http://www.riconquistarelasovranita.it/?p=1125

  8. Giovanni ha detto:

    Grazie per le risposte e l'invito. Vedrò se venire o meno all'incontro, io non sono mai stato incline all'attivismo ma capisco che la gravità della situazione lo richiede. 

    Ai parvenu che hanno occupato troppo spazio si può solo rispondere coi celebri versi di Manzoni:

    O stranieri, strappate le tende
    Da una terra che madre non v’è.

  9. stefano.dandrea ha detto:

    Ottimo Giovanni.

    Anche io sono contrario all'attivismo, che "spompa" delude e poi deprime.

    L'ARS è per compiere Azioni, al fine di creare una rete di sovranisti. Le azioni sono utili e danno soddisfazione.

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