Pomodori

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6 risposte

  1. AP ha detto:

    Apprezzabilissimo, piacevole intermezzo.

  2. SARMATA ha detto:

    Da ex orticoltore ho apprezzato moltissimo questo articolo. Tonguessy, ti seguo spesso e sei in gamba.

  3. stefano.dandrea ha detto:

    Delicato e piacevole. Si, servono anche su appello al popolo queste pause

  4. ferraioli domenico ha detto:

    la patria italiana del pomodoro era la valle del sarno.Propedeuticamente ci hanno avvelenato il fiume e il suolo poi hanno fatto si che il pomodoro  San Marzano non venisse più coltivato (facendo estinguere la varietà e da qualche annno ci rifilano un San marzano "ricostruito" ma lontanissimo dall'originale)) sostituendolo con la varietà Roma,dopo  hanno distrutto i campi coltivati (cementificazione) e per ultimo chiuse le fabbriche di trasformazione. da territorio ricco a territorio da terzo mondo nel giro di pochissimi anni.

     

    • AP ha detto:

      Il tuo commento rende conto delle difficoltà degli ultimi anni a trovarli in commercio. Pensavo che le popolazioni locali se li mangiassero tutti. Pur comprendendo l'egoismo, ero risentito. L'ira deve cambiare bersaglio.

    • Tonguessy ha detto:

      Sono costernato nell'apprendere cosa è successo ai pomodori della tua zona. Ciò che mangiamo è parte integrante della nostra cultura: eliminare una parte significativa del nostro cibo equivale a dichiarare guerra alla nostra cultura. Mi pare che la battaglia sia ormai persa, mi auguro solo che quasto non significhi aver perso anche la guerra.

      Non ho mai "capito" quelle piante di pomodorini di origine austriaca che mi furono regalate alcuni anni fa, sviluppate per resistere a quel freddo. Nè ho mai "capito" i pomodori del Salento che mi capita di mangiare quando ci vado: buccia troppo spessa e polpa troppo acida. Alla fine non vedo l'ora di tornare a mangiare i miei, di pomodori.

      Penso che dopo una vita spesa a consumare una qualità di pomodori con la quale si sente una naturale affinità, cambiare sia traumatico. Ma queste reali necessità (culturali in senso lato) sono considerati inutili vezzi da parte di chi sostiene la globalizzazione, che passa anche per l'omologazione del gusto.

       

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