Lo stato minimo e la governance massima
di Luciano Del Vecchio
Sul ritornello del “più Europa” sono ancor troppi coloro che, convertitisi in anni recenti dal comunismo al liberismo, vendono il sogno dell’unificazione politica europea, ignorando o fingendo di ignorare che l’Unione europea, per sua natura, non può costituirsi Stato. Non è infatti credibile che le forze eurounioniste intendono costituire gli stati uniti d'Europa, perché questo significherebbe far nascere uno Stato; ma è appunto lo Stato, l'idea di Stato che i principi della dottrina economica liberista, incarnatisi nell’Unione europea, vogliono distruggere e non riprodurre su scala più grande.
Uno Stato moderno non può nascere se non come democrazia costituzionale, cioè come popolo sovrano che si riconosce comunità vivente su un territorio e ordina il suo diritto con una Carta fondamentale. Uno stato democratico non può essere altro che stato sociale, cioè deve prevedere nella sua costituzione norme di tutela e garanzia non solo dei diritti individuali di prima generazione, quelli strappati dalla borghesia alla corona e all’aristocrazia, ma anche dei diritti sociali dei cittadini, quelli strappati nel secolo scorso dai lavoratori al capitale. L’istruzione, il lavoro, l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale, la previdenza, insomma tutti quei diritti che, al pari delle libertà individuali, sono ormai considerati fondamentali nelle moderne costituzioni democratiche e che il cittadino deve poter esercitare per definirsi tale. Ma questo comporta inevitabilmente prefigurare uno Stato che abbia pieno potere di intervenire in economia, esattamente quello delineato e “programmato” dalla Costituzione Italiana, i cui padri avevano ben chiara la distinzione tra libertà formale e libertà sostanziale.
Su quest’ultima si sono fondate, e sull’intervento statale in economia si orientano le moderne costituzioni democratico-sociali, motivo per cui l’aristocrazia finanziaria internazionale le considera inaffidabili e inadatte all’area euro, dentro la quale evidentemente non sono previste le libertà sostanziali. In questi termini si esprime la banca americana JP Morgan in un suo documento:
“sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell'area europea”. […] in effetti tutti i popoli mediterranei sono dovuti uscire dal giogo di dittature fasciste o para-fasciste (negli anni '70, sopratutto). Perciò hanno approntato delle leggi fondamentali che si distanziassero il più possibile dalla precedente esperienza. E ciò ne fa delle costituzioni inadatte all'eurozona”. (http://il-main-stream.blogspot.it/2013/06/jp-morgan-lo-dice-chiare-lettere-il.html )
Dunque i sistemi politici dei paesi del sud, e quello italiano soprattutto, presentano caratteristiche costituzionali inintegrabili nell’eurozona e inconciliabili con i trattati europei. Gi eurocrati non possono progettare nessuno stato, né federale né meno che mai unitario (assurdo e inconcepibile quest’ultimo in Europa per l’inesistenza di un popolo europeo). Molto più semplicemente l’oligarchia eurocratica mira a espropriare e dissipare sistematicamente la sovranità degli stati storici esistenti, senza che questa possa andare a condensarsi e incarnarsi in un nuovo e più esteso organismo politico, ma semplicemente sminuzzarsi, sciogliersi, svanire nella “fuffa” di comitati, commissioni ed enti vari sovranazionali: lo stato minimo e la governance massima. La governance è appunto la tattica di infiltrazione strisciante della gestione privata nei servizi pubblici.
Diluire stati da questa parte dell’Atlantico senza costituirne uno al loro posto è esattamente l’obiettivo della finanza euro-atlantica che vede gli stati democratico-costituzionali di intralcio alle aree di mercato di libero flusso di capitali, merci, servizi, e persone, non solo all’interno dell’area de-statalizzata, ma anche da e per i paesi terzi; mercato prossimamente unico, come prevede il recente progetto americano della Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) nato per frenare i paesi BRICS in ascesa (http://www.bloglobal.net/2013/07/ttip-tafta-stati-uniti-ed-europa-alla-prova-dellarea-di-libero-scambio-transatlantica.html)
A fondamento dell'Unione europea non c'è nessun ideale civile, politico e sociale a cui ispirarsi per scrivere una costituzione democratico-sociale, ma moneta unica e banca centrale indipendente, capitale liberamente circolante, maniacale lotta all’inflazione, cancellazione dei diritti sociali, riduzione del lavoro a merce, e decomposizione degli stati nazionali: tutti obiettivi della dottrina economica liberista che sono esattamente quelli sanciti nei trattati e totalmente inservibili e improponibili per far nascere uno Stato moderno. Dunque non c’è nessuna unificazione politica nell’agenda europea. Nazioni come Francia, Germania, Italia (solo per citarne alcune), con una propria storia di civiltà, una propria lingua e cultura, un proprio itinerario di formazione e indipendenza, non è neanche “pensabile” che si unificano politicamente. E infatti gli eurocrati non l’hanno affatto pensato, ma hanno reclutato la legione straniera dei politici al loro soldo che lo propagandasse e lo lasciasse pensare a milioni di cittadini, sistematicamente disinformati. A loro premeva fare l’unione monetaria, sapendo di dover assumere l’unione politica a pura finzione.
Soltanto i furbi di uno schieramento ansioso, dopo la caduta del Muro, di sciacquare i panni in acque atlantiche, continuano a raccontare la favoletta degli stati uniti di Europa, sognato esito del ritornello “più Europa”. Ma l’Unione europea è un patto privato interbancario, una sala borsa, ma nulla di ciò che possa rappresentare o meno che mai costituire una moderna democrazia costituzionale; primo, perché manca di un popolo; secondo, perché è totalmente allergica a enunciare i diritti sociali fondanti l’eguaglianza sostanziale dei cittadini. Sulle macerie eurounioniste spetta al popolo, riconquistando la sovranità, ricostruire la propria comunità nazionale.
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