Ap…punti di vista
Ciò che spaventa maggiormente, nell'osservare i comportamenti e le reazioni umane, è sovente la sintomatica arroganza, prepotenza e maleducazione.
Emozioni che si manifestano intensamente sia nel modo verbale di esprimersi (spesso privo di contesti, cause e soprattutto cultura), sia nella scompostezza dell'agire (gesticolante, minaccioso, aggressivo).
Alla stregua di una pandemia, l'arroganza ormai endemica si diffonde come un'infezione virale.
Pervasi da tale sindrome i volti si infiammano di volgarità, tracotanza e pregiudizio influenzando ogni relazione sociale.
Arroganza e prepotenza sono poi conseguenzialmente sinonimi di superbia, un fattore nei confronti del quale la fragilità umana è fin troppo vulnerabile.
L'astiosa suscettibilità che i nostri comportamenti assumono nell'atto di valutare e difendere determinate posizioni si evince immediatamente nel momento stesso in cui si è chiamati ad esprimere la propria opinione rispetto a questioni controverse.
Questioni che coinvolgono vari livelli del sentire e del divenire sociale. Temi la cui interpretazione e valutazione inevitabilmente andrà ad incidere sulle scelte future di una comunità, sui destini, sull'organizzazione e sullo sviluppo dell'ambiente coinvolto. Il cosi detto impatto "ambientale" ossia l'impatto su quel complesso di strutture ed interrelazioni sociali che da sempre viene percepito istintivamente come un elemento spinoso.
Un argomento per sua natura sofisticato che sottende l'analisi di vari piani della realtà ed implica, di contro, vari livelli di conoscenza, di capacità e preparazione.
Ebbene, in tale contesto ormai di consueto si assiste a dibattiti privi di sostanza ed obiettività, di analisi concettuale dei fatti.
Ogni decisione dovrebbe invariabilmente comportare un'attenta disamina sulle priorità in gioco, sui vantaggi e gli eventuali rischi.
Pro e contro andrebbero delicatamente soppesati nell'ottica di un interesse generalizzato, di un utopico benessere comune, e non in termini di volgari "costi e ricavi", di sterili, freddi, asettici e spuri calcoli economici.
La politica economica moderna sembra essere sempre più figlia di un cinico ed edonistico sviluppo individuale volto unicamente all'accumulo ed al consumo acritico della ricchezza, non frutto di una ponderata ricerca e valutazione sociale delle proprie motivazioni di progresso che sappia trovare giustificazione e sostanza nella volontà di redistribuzione dei benefici.
Nella disputa sulle diverse e contrapposte posizioni di merito, un'astiosa e settaria suscettibilità si materializza radicalmente al solo scopo di giustificare e legittimare le proprie rendite di posizione.
Il sostegno concesso ad un'opinione dominante risulta quindi proporzionale alla misura in cui questa rispecchi i propri interessi di comodo.
Così come, in modo altrettanto banale e fazioso, si bolla come qualunquistica e/o priva di fondamento un'opinione altrui se non rispondente al proprio gruppo di pressione o al proprio vanaglorioso disegno egemone.
L'incapacità o la voluta e assente coscienza nella determinazione delle proprie affermazioni è genesi di conflitto ed inasprimento dei toni.
Una genesi devastatrice e distruttrice, priva pertanto di vitalità e creatività.
Affrontiamo oggi grandi sfide che ci pongono di fronte a scelte sofferte.
Scelte che impongono decisioni altrettanto determinate e convincenti rispetto ad ogni possibile ed auspicabile idea di futuro.
Scelte che tenteranno di concentrarsi sull’affidabilità dei loro interlocutori e che dovranno scontrarsi con la volontà e la determinazione di altri a loro volta agguerriti interlocutori che vorranno imporre un'idea di futuro diversa dalla nostra.
Sarà allora necessario per chiunque di noi assumersi la responsabilità delle proprie azioni perché la sconfitta altrui non è mai figlia della carità e della comprensione.
Su di essa si erge piuttosto il rancore dei vinti, il disprezzo dei vincitori e ovunque l’opportunismo egoista degli sciacalli, mentre l’odore del sangue attira iene, cornacchie ed avvoltoi.
L’autocritica è un esercizio assai poco praticato ma risulterà fondamentale nel momento in cui l’ineluttabilità degli eventi costringerà vincitori e vinti a raccogliere i cocci dei loro aspri scontri verbali, delle loro aride e dissennate opposizioni mentali.
Le opposizioni, le barricate erette a baluardo della propria meschina avidità non torneranno certamente utili nella indispensabile ricostruzione degli equilibri sociali. Tantomeno serviranno nella riedificazione di solidi edifici basati su nuove fondamenta culturali e rinnovati fattori storici.
Tradizione e innovazione, sangue e sudore della fronte, speranza e memoria, altruismo e dignità personale.
Il progresso (o sarebbe più corretto ed emblematico affermare: il progredire del benessere comune) è frutto di una volontà condivisa, di un progetto partecipativo, di un'associazione di idee, di un'immedesimazione nell'esigenza dell'altro.
Al contempo, nel riconoscimento e nell'individuazione di un interesse fazioso o di una condotta biasimevole come nel pentimento, nel perdono e nell'accoglienza, giacciono i semi di un rigoglioso raccolto, ossia di una rinascita etica, spirituale, umana e filosofica.
Semi in grado di mutare e plasmare in modo più costruttivo l'animo in precedenza astioso, arrogante e prepotente.
L’animo spesso tipico dell’uomo medio: comune, moderno e consumatore. Un animo sovente caratterizzato da un mediocre e decadente sentimento di conservazione che trova il suo unico motivo d'essere più dalla volontà di potere che dal tentativo di affermazione del merito.
Se a torto dovremmo ritenere che la volontà di potere possa renderci invulnerabili ed invincibili ponendoci al di sopra dei destini umani… a ragione dovremmo aver pertanto fiducia che l'affermazione del merito possa essere in grado di ridarci vitalità e speranza.
Elmoamf
Massimo Paglia (Ars Lazio)
Commenti recenti