Guerra e rivoluzione. Per la filosofia del patriottismo

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5 risposte

  1. Matteo ha detto:

    A parte la cantonata vagamente previana sulla filiazione del fascismo dall’anarchia (ci sono stati anarchici fascisti, in effetti, ma non conosco nessun fascista anarchico di ieri e di oggi) lo scritto è molto interessante perchè rientra nell’ambito di quei tentativi di superamento della superstizione marxista che vedo in atto da anni.
    Sarebbe bello, per dire, finirla anche con la solfa pelosa della distinzione fra patriottismo e nazionalismo, la differenza essendo semplicemente il grado di simpatia che ci suscita l’uno o l’altro contendente.
    Vedere un progressista come Cesaratto, per dire, che rivaluta List e sconfessa la fola dell’internazionalismo proletario e della solidarietà di classe è un piacere quasi fisico.

  2. Paolo Di Remigio ha detto:

    “Cantonata” mi sembra un termine immeritato; infatti parlavo non tanto di filiazione empirica, quanto di genesi concettuale, usando i termini senza un riferimento storiografico immediato. La distruzione dell’ordine borghese, poiché quest’ordine è distruttivo, restaura la libera benevolenza naturale; questo schema logico è la negazione della negazione. La negazione della negazione è però contraddittoria: è positiva e negativa nello stesso tempo. L’anarchismo si ferma al lato positivo, il fascismo a quello negativo; ossia, nel distruggere, l’anarchismo ha presente solo l’oggetto da restaurare; la distruzione dell’ordine borghese in quanto ha presente solo il piacere della distruzione dell’ordine è fascista. Qui il problema non è empirico (se ci sono anarchici diventati fascisti o se ci sono fascisti diventati anarchici), ma di principio: l’anarchico viola l’ordine per amore dell’uguaglianza tra gli individui senza chiedersi se l’uguaglianza tra gli individui ottenuta con la violenza non sia essa stessa violenza (quanto accaduto nella Cina di Mao in nome dell’uguaglianza dovrebbe averci tolto ogni dubbio su questo problema); IN POTENZA (cioè nel concetto, a prescindere dalla consapevolezza di chi si ritiene anarchico) la violenza anarchica è già fascista; viceversa, il fascismo intransigente è anti-borghese e mira a conservarsi mediante la mobilitazione permanente delle masse e il totalitarismo, cioè tramite la politica estera aggressiva che dissolve l’articolazione statale e rimette il destino dei sudditi alla volontà di Uno; ma la conservazione tramite la mobilitazione aggressiva è, dal punto di vista CONCETTUALE, la stessa cosa che l’uguaglianza tramite la violazione dell’ordine (infatti conservazione=uguaglianza a sé).
    Invece, dal punto di vista empirico, dopo il 1910 è Enrico Corradini che apre il nazionalismo al sindacalismo rivoluzionario, facendo osservare che nazionalisti e sindacalisti rivoluzionari hanno in comune lo stesso odio per lo stato liberale e possono trovare ulteriori contatti contaminando la solidarietà di classe con la solidarietà nazionale. Questa apertura trova risposte positive, per esempio nel sindacalista rivoluzionario Paolo Orano, che parla di socialismo nazionale e fonda la rivista LA LUPA in cui collaborano personalità dell’estrema destra e dell’estrema sinistra. Ora, sindacalismo rivoluzionario, socialismo massimalista, già in quanto sono organizzazioni centralizzate, non sono identici all’anarchismo, ma non sono neanche così diversi: hanno in comune l’essenza, cioè l’intolleranza all’ordine costituito. – Forse la mia terminologia può essere apparsa sbrigativa; ma non credo proprio di aver tradito i fatti.

  3. Matteo ha detto:

    Ha ragione, ho usato un termine oggettivamente eccessivo.
    Diciamo che gli esiti del fascismo sono stati decisamente opposti, e la filosofia gentiliana (ma in generale idealista) dello Stato etico corporativomi sembra abbastanza incompatibile con l’anarchismo, che lo stesso Gentile giudica più che altro come una estremizzazione del liberalismo britannico.
    Idea di per se non scartabile a priori.
    Almeno secondo me, dato che non nascondo l’importanza del Gentile medesimo nella mia formazione.
    Viceversa sono perfettamente d’accordo con l’idea che lei, implicitamente, ascrive al comunismo come utopia naturalista escatologica al pari (non politicamente, ma filosoficamente) di protestantesimo e massoneria.
    Il che oggettivamente nulla ci dice del protestantesimo, della massoneria (personalmente ho.una venerazione quasi fisica per il massone Beneduce)e del comunismo, ma ci aiuta ad accomunarli nella storia delle idee, che è l’unico vero strumento per interpretare la realtà politica concreta.
    Tanto per fare un singolo esempio e non apparire troppo vago: l’assonanza della sinistra europea con le utopie feudalistiche di Kalergi, Menger ed Hayek.
    Apparentemente molto distanti, in realtà accomunate dalla stessa visione di fondo della Storia come trauma da superare.

  4. Paolo Di Remigio ha detto:

    Come notava Calamandrei, il fascismo è un regime doppio, legale la facciata, violenta la sua realtà. Lo stesso corporativismo ha la facciata di voler conciliare il contrasto di classe tra operai e capitalisti, ma nella sua realtà è soltanto la soppressione della libertà sindacale. Quanto a Gentile, concordo con lei sull’estraneità della sua mistica dello stato all’idea anarchica; trovo però che Gentile non sia determinante nella storia del fascismo: la sua proposta, come presidente della commissione dei diciotto (Soloni), di un liberalismo non parlamentare fu subito respinta da Mussolini, che preferì le proposte di Rocco dirette verso una dittatura personale con tendenze totalitarie.

  5. Matteo ha detto:

    Ciò contrasta sia con la storia personale di Gentile, sia con l’architettura dello Stato fascista, sia con quello che lo stesso Mussolini dettava a Yvon de Begnac.
    Su quello che pensava Calamandrei, come ho già scritto in un altro post non suo, francamente non mi interessa, come non mi interesserebbe un eventuale illuminato appello di Pacciani o di Cefis o di altri deleteri psicopatici (essendo Calamandrei il mandante quantomeno morale dell’omicidio di Gentile).
    Per il resto, in Russia non è affatto raro trovare Ivan il Terribile di fianco a Stalin, perché i Russi hanno fatto i conti con il loro passato, anche traumatico e noi no.
    Il rifiuto di una seria analisi del fascismo ha portato alla svalutazione degli altri due momenti fondamentali della storia unitaria (in senso lato) ovvero Risorgimento e Grande Guerra.
    Basta vedere le commemorazioni recenti che disgustosa porcata retorica sono state.

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