Università e mercato del lavoro: quello che Feltri non dice
di MARCO COLACINO (ARS Calabria)
Studiare al Liceo Classico è inutile? Iscriversi all’Università a Lettere Classiche, Conservazione dei Beni Culturali, Filosofia è inutile? La Cultura Umanistica alimenta sacche di disoccupazione? Secondo il vice-direttore del “Fatto Quotidiano” sì. Ed anche molti accaniti frequentatori di bar e parrucchieri sostengono lo stesso.
Ma la realtà è davvero come ce la dipingono gli avventori dei bari ed i vicedirettori del “Fatto Quotidiano”? Il recente atroce ciclo di articoli pubblicati sul noto quotidiano dell’antisistema (per apparenza) sono già state bollate come anti-scientifiche da qualcuno decisamente più sul pezzo sui problemi dell’Istruzione Terziaria rispetto al simpatico vicedirettore in questione. Ad esempio, se diamo un’occhiata sul sito di Roars (che sta per “Return On Accademic Research”) notiamo che le ipotesi propugnate dal Feltri vengono bollate come sesquipedali cazzate [1 – 2]. Anche suoi colleghi del “Fatto Quotidiano” hanno subito fatto una tiratina d’orecchie al giovane collega bocconiano [3]. E se avesse letto quel nostro simpatico organo di stampa e covo di umanisti e statalisti fannulloni [4] avrebbe forse evitato l’ennesimo scivolone sulla proverbiale buccia di banana? Chissà!
Forse è il caso di svestire i panni dell’avventore del bar e vestire quelli della persona razionale che osserva i dati empirici. Nel mio passato contributo per “Appello al Popolo” ho dato qualche informazione preziosa per capire qual è il vero stato dell’arte della scuola italiana. Sono stati forniti numeri e statistiche che testimoniano lo stato di premorte in cui versa il nostro sistema formativo. Ora è il caso di concentrarsi ancora con qualche piccolo dato sull’Istruzione Umanistica.
Se andiamo a consultare il nostro amico Annuario Istat 2014 [5] potremmo notare dei numeretti che ci danno utili indicazioni circa quelle che sono le scelte dei nostri figli, fratelli e nipoti nella scelta della scuola da frequentare. Su una cosa Feltri ha ragione: la scelta della scuola superiore avrà ripercussioni importanti su tutta la vita dei ragazzi e perciò è necessario scegliere il proprio percorso in maniera oculata. Nel capitolo VII dedicato all’istruzione possiamo notare che: a) gli iscritti all’Università nell’anno accademico 2012/2013 erano appena 1,7 milioni su un totale di 60 milioni di abitanti, con una riduzione del 2,4% rispetto all’anno precedente; b) i laureati, nel medesimo anno accademico, erano appena 297mila, con una riduzione dello 0,5% rispetto all’anno precedente; c) il tasso di iscrizione all’Università è maggiore nelle regioni centro-meridionali del Paese; d) gli immatricolati dell’area letteraria-linguistica-insegnamento-psicologica (quindi quattro aree) erano, sempre nel 2012/2013, appena 50mila con una riduzione sugli anni accademici precedenti del 16% nel gruppo letterario; e) gli iscritti totali nelle suddette aree disciplinari erano 262mila; f) i laureati appena 43mila.
Se andiamo a spulciare i dati su altre aree disciplinari potremmo scoprire che: a) nel gruppo scientifico si avevano 9mila immatricolati su 40mila iscritti con appena 5mila laureati l’anno ; b) nel gruppo chimico-farmaceutico circa 5mila laureati su 20mila iscritti totali con appena 2500 laureati; c) nel gruppo medico circa 16mila immatricolati su quasi 90mila iscritti con 21mila laureati; d) l’area ingegneria 34mila immatricolati su 150mila iscritti con appena 20mila laureati; e) gruppo economico-statistico 36mila immatricolati su 175mila iscritti con 28mila laureati. Per questioni di spazio mi limito ed evito di riportare dati per le altre aree.
Ora è arrivato il momento di porci una domanda: cosa ci dicono questi dati? Questi dati ci dicono che in Italia vi è un diffuso calo di immatricolati alle Università in tutte le aree disciplinari – e per un Paese che, come saprete, ha un numero decisamente ridotto di laureati [6] rispetto ai partner europei questo rappresenta un grosso problema. Ci dicono inoltre che il numero di universitari che scelgono aree linguistiche, letterarie, psicologiche e d’insegnamento non costituiscono assolutamente un esercito infinito.
L’esercito infinito, ammesso che sia lecito sostenere l’idiozia che vi sia un esercito infinito ed inutile di iscritti ad un percorso universitario, si trova nel gruppo-ingegneria, in quello economico-statistico ed in quello politico-sociale (leggere direttamente sull’annuario i dati vi aiuterà, si tratta della tavola 7.6). E questi dati riguardano solo gli studenti del Primo Livello dell’Istruzione Terziaria. Il Secondo Livello (Laurea Magistrale e Specialistica) è costituito da appena 280mila iscritti, con 87mila laureati (per quanto riguarda i Corsi a Ciclo Unico siamo a 321mila iscritti con 41mila immatricolati e 28mila laureati). Abbiamo in totale poco più di due (2) milioni di iscritti all’Università con poco meno di 300mila laureati (tra Triennale, Magistrale e Ciclo Unico) per l’anno accademico 2012/2013. Di questi 300mila laureati appena 50mila sono di area letterario-linguistica. 1/6 dei laureati italiani. E quindi una disoccupazione giovanile superiore al 40% si giustifica con questi 50mila laureati in materie umanistiche? La cosa sembrerebbe abbastanza ridicola. La realtà dei fatti (tavola 7.17) ci dice che sul totale della popolazione italiana appena l’11% ha una laurea o un dottorato; il 30% ha la licenza superiore; il 35% circa la licenza media; circa il 16% la licenza elementare o nessun titolo d’istruzione. Se nel campo dell’Istruzione-accesso al lavoro c’è un problema è proprio l’elevato numero di cittadine e cittadini che hanno solo e soltanto una licenza media (superiore o inferiore) se non elementare.
Se guardiamo al dato dei giovani iscritti alle scuole superiori [7] scopriamo che gli iscritti al Liceo Classico nell’anno scolastico 2012/2013 sono appena 281mila su una popolazione studentesca totale di circa 2,7 milioni di alunni. Le scuole più gettonate sono il Liceo Scientifico con 600mila iscritti, gli Istituti tecnici con 800mila iscritti, gli Istituti Professionali con circa 550mila iscritti. E se guardiamo le serie storiche è proprio il Liceo Classico una delle scuola a perdere un numero maggiore di iscritti dal 2009 al 2013: circa 11mila in meno.
Ora dovremmo provare a riflettere un po’. La lingua italiana è una delle più studiate al mondo [8]. Siamo davvero tanto sciocchi da lasciare che siano altri Paesi a studiare e sfruttare una nostra peculiarità, un nostro carattere culturale esclusivo? Vogliamo che siano i giapponesi ad esprimersi in un italiano migliore rispetto ai nostri figli ed a mantenere vivo lo studio di Dante, Boccaccio, Petrarca, Manzoni, Verga, Gadda, Moravia, Morante? Follia! In secondo luogo non dobbiamo dimenticare che la tanto bistrattata Cultura Umanistica (ricordate quel tale del “con la Cultura non si mangia”?) produce utili spaventosi per lo Stato a fronte di investimenti ridicoli. Sì, amici: Tremonti ha sempre detto delle incredibili sciocchezze [9].
Non dovremmo essere noi a sfruttare, ancora una volta, questo nostro inestimabile tesoro? Certo, la nomina dei direttori stranieri per i nostri Musei Statali è uno schiaffo alla nostra Cultura ed alla nostra Tradizione Accademica. E chi mai dovremmo mandare a spiegare ai turisti tedeschi le bellezze dei nostri musei e delle nostre città? Dei laureati in Lettere e Beni Culturali o gli ultimi arrivati presi dall’osteria in fondo alla strada? Non sarebbe il caso di tutelare questo nostro patrimonio esclusivo, unico, e dal valore incalcolabile? Non vorreste vedere le aree archeologiche di Pompei e Sibari tutelate, sfruttate e finanziate adeguatamente?
In terzo luogo aggiungiamo pure, come abbiamo visto nel precedente articolo sulla scuola [10], che non solo degli studi puntano il dito contro la scarsa propensione dell’impresa italiana ad innovare e ad impiegare manodopera con alto grado d’istruzione (ovviamente anche del ramo letterario, qualcuno dovrà pure occuparsi di lavoro di segreteria, rapporti con l’esterno, import-export, selezione del personale, pubblicità, partecipazione ai processi decisionali e creativi, no?) ma anche che le recenti folli leggi sulla scuola hanno praticamente inibito l’elementare turn over tra insegnanti e personale ausiliario e di segreteria (abbiamo la classe docente più vecchia d’Europa con una età media di 57 anni) e lo scenario è esteso a tutta la Pubblica Amministrazione. Quanti laureati in Lettere e Filosofia si impiegherebbero favorendo il corretto turn over nella scuola e nell’impiego statale? Quanti laureati in Economia?
In ultimo: ma davvero è l’istruzione che deve adeguarsi al mercato del lavoro oppure è il mercato del lavoro che va gestito dallo Stato prendendo per il collo l’impresa e favorendo quella norma costituzionale che prevede il pieno impiego? Ma se davvero l’istruzione deve adeguarsi al mercato del lavoro, perché non facciamo una cosa carina? Perché non istituiamo un Corso di Laurea in Scienze del Marketing Telefonico? I Call Center impiegano una marea di italiani eppure credo che chiunque di noi proverebbe una enorme vergogna nel proporre l’istituzione di un percorso universitario simile.
E allora che facciamo? Istituiamo un Corso di Laurea in Scienze della Cucitura? Le nostre periferie sono piene di capannoni in cui imprenditori rapaci sfruttano manodopera italiana e straniera con paghe da fame per cucire vestiti. Anche in questo caso, credo, si sfonderebbe il comune senso del ridicolo nel proporre un percorso universitario del genere. Non sarà che la Politica deve realizzare dei piani per l’impiego, dei piani industriali, e smettere di delegare ogni e qualsivoglia politica produttiva e dell’occupazione a Confindustria ed ai Privati come Squinzi, Marchionne et similia? La risposta l’avete dentro.
Una disoccupazione nelle fascia 15-25 al 40% non si giustifica con l’Istruzione Umanistica. La disoccupazione e la sottoccupazione sono un dramma sociale ed esistenziale complesso. Diffidare delle chiacchiere da bar di chi ci propone analisi semplici e basate su elucubrazioni è il primo passo da compiere. La realtà non è come ce la raccontano. Ma questo dovremmo averlo già capito. Le falsità da MinCulPop le smontiamo tutte, pezzo per pezzo. Poi tocca a voi cercare di capire e svestire i panni delle vittime in preda alla sindrome di Stoccolma.
RIFERIMENTI:
[1] – http://www.roars.it/online/stefano-feltri-e-le-lauree-inutili-i-dati-questi-sconosciuti/
[2] – http://www.roars.it/online/stefano-feltri-e-lauree-inutili-anche-una-questione-di-genere/
[3] – http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/15/caro-feltri-sulluniversita-non-e-come-dice-lei/1960652/
[4] – http://www.scuola24.ilsole24ore.com/art/universita-e-ricerca/2014-09-19/con-lauree-umanistiche-lavoro-si-trova-ma-bisogna-aspettare-piu-131344.php?uuid=ABGtOIvB
[5] – http://www.istat.it/it/files/2014/11/Asi-2014.pdf
[6] – http://www.repubblica.it/scuola/2012/06/07/news/troppi_pochi_laureati_italia_fanalino_di_coda_in_europa-36744591/
[7] – http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCIS_SCUOLESECOND2
[8] – http://www.corriere.it/scuola/14_giugno_16/dante-pizza-italiano-quarta-lingua-piu-studiata-mondo-4edfb4fe-f57a-11e3-ac9a-521682d84f63.shtml
[9] – http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/08/con-cultura-si-mangia-in-italia-fattura-di-80-miliardi-ma-arrivano-solo-tagli/736076/
[10] – https://www.appelloalpopolo.it/?p=14064
A me S. Feltri ha sempre dato l’idea di avere un livello culturale basso, diciamo di poco superiore a quello di Renzi. Quindi credo sia utile leggere solo le sue cronache non certo i suoi editoriali.
Ogni articolo di giornale ripropone la logica della teodicea: nel mondo c’è il male; ma Dio che l’ha creato è bene; dunque ci deve essere un punto corrotto nel mondo che produce il male vanificando l’intenzione divina. L’attuale teodicea non si preoccupa della reputazione di Dio, ma di quella del mercato: nell’economia c’è la crisi; ma i mercati che la governano sono efficienti; dunque deve esserci un punto debole nell’economia che li vanifica, e ogni articolo di giornale, facendo violenza ai dati e alla teoria, individua questo punto debole di volta in volta nella nostra pigrizia, nella nostra rigidità, nelle nostre pretese eccessive, nella nostra corruzione, nel nostro cinismo, nella nostra avidità di piaceri. Invece della scienza il moralismo. La polemica contro il sapere umanistico rientra nella condanna dei piaceri: come per ogni moralismo, sua base inconfessata è l’invidia di chi, insensibile al fascino della matematica, vi si è obbligato e non tollera che qualcuno possa godere con le poesie e addirittura rendersi utile alla società così da trarne di che vivere.
Sono perfettamente d’accordo con lei.
E lo dico da uomo di scienza, da sempre affascinato dalla scienza e che ha fatto una università a carattere estremamente tecnico.
Ma la cultura umanistica è imprescindibile, anche perché i tecnici puri (e li ho trovati soprattutto negli ambiti meno astratti della mia branca) sono umanamente deleteri.
vado sul pragmatico: il problema è che i laureati italiani, per la società che i nostri governanti vogliono, sono TROPPI. non troppo pochi.
diciamocelo: il 90% dei laureati di oggi farà e fa lavori per cui non era assolutamente necessario studiare 5 anni. siamo quasi tutti overqualificati.
e dunque, visto che il Paese deve diventare una gigantesca “fabbrica-cacciavite” per prodotti a basso contenuto d’innovazione, con poca cultura e a basso reddito, i laureati devono diminuire.
questo è il risultato della logica del “adattiamo l’università al mondo del lavoro (privato oligopolistico e della rendita aggiungo io)”.
Una classe dirigente seria metterebbe in moto un gigantesco piano di investimento per sfruttare le risorse che escono dalle nostre università…che miracolosamente sono ancora a buon livello pur essendo le meno finanziate dell’intero mondo occidentale.
Una “classe dirigente seria” potrebbe fare ben poco per sfruttare le risorse che escono dalle università. Il problema è la globalizzazione che – come esattamente predetto 25 anni fa poche voci di buon senso inascoltate – ha indotto la delocalizzazione di gran parte delle professioni ad alto reddito aggiunto. Quelle per le quali è necessaria la laurea.
Uno delle balle più colossali dell’immaginario liberista è l’idea che il rimedio per la disoccupazione sia l’istruzione. L’istruzione è puro tempo perso se i lavori che rimangono sono quelli che non si possono delocalizzare in quanto manuali: il barbiere, l’idraulico, la badante ecc.
Quando poi si fanno entrare milioni di disperati dal terzo mondo predisposti a fare proprio quei mestieri per un tozzo di pane, la spoliazione del popolo lavoratore è completa, e rimane solo la soddisfazione di assistere alla rovina del gregge che per decenni ha pensato al telefonino firmato e si è formato politicamente sulle dispute televisive fra faccioni contrapposti.
L’immaginario liberista contrasta con tutte le sue forze corrette politiche sull’Istruzione. I lavori più volatili e sottoposti alla delocalizzazione sono quelli a basso livello tecnologico e formativo.
Si delocalizzano le fabbriche nelle produzioni a ridotto indice tecnologico dove la manodopera costa 3/4 di meno. Molte aziende che negli ultimi dieci anni hanno delocalizzato ora hanno riaperto in Italia dopo anni di disoccupazione ricattatoria (ed infatti hanno ottenuto dai lavoratori dei salari ridotti anche del 30%). Il problema è nella gestione della politica industriale: l’Italia l’ha totalmente delegata ai Privati. Ed i privati producono manufatti che necessitano manualità ed una semplicissima ed elementare formazione. Se inizi a fare impresa sfruttando tecnologie ed innovazione non potrai mai delocalizzare: dovrai inseguire lavoratori con alta formazione.
una classe dirigente seria farebbe uscire il proprio paese dalle regole della globalizzazione.