Dopo
di ROBERTO MORA (ARS Lombardia)
Dopo è il tempo successivo a un cambiamento.
Il Dopoguerra è stato appunto il periodo successivo all’evento bellico.
A quel tempo era nella convinzione, inconscia oppure no, di tutte le persone partecipi dell’evento “guerra” che ci sarebbe stato un “dopo”.
La teorizzazione del “dopo” era propria delle convinzioni politiche e sociali degli individui e si modificava con il susseguirsi degli avvenimenti; qualunque testimone del tempo ne era consapevole e agiva in funzione di esso, in una coscienza collettiva o nel più puro individualismo.
E in questa costruzione del “dopo”, fatta da uomini e da rapporti, da teorie e concretezze, da scontri e solidarismi nasceva il mondo susseguente.
La Collettività si preparava all’impatto.
Noi invece siamo testimoni di un tempo in cui il “dopo” non esiste nella percezione della maggior parte delle persone.
Perché non è identificato l’evento di rottura tra “prima” e “dopo”.
Non è identificato né da chi la crisi non l’ha ancora toccata, né tantomeno dalle vittime stesse della crisi.
La Collettività vive una sorta di bolla temporale, dove il concetto di “dopo” è stato eliminato dalle logiche sociali.
Eliminato dal quel regime ideologico identificabile nel Globalismo.
Globalismo che consolida il suo perpetuarsi sull’assunto che There Is No Alternative: non c’è alternativa. Naturale come le maree, il tramontar del sole, le stagioni, la morte.
Un mondo imprigionato in un “adesso” fisso e infinito, scosso al più da eventi identificanti che il regime globalista tende opportunamente a separare dallo sfondo.
Eppure la Storia ci insegna che il “dopo” è sempre esistito e sempre esisterà.
Ha tardato a volte a giungere, ma è arrivato, spesso richiamato da eventi traumatici, da riprogrammazioni violente della società.
Il “dopo” arriva, soprattutto quando l’equilibrio sociale ed antropologico è assente da molto tempo. Come una molla che si carica: alla fine scatta.
Ora, chi ha identificato come noi l’evento di rottura ed è consapevole della venuta del “dopo”, sia esso imminente o remotamente futuro, ha l’occasione storica di esserne testimone.
Ed è un’occasione che non possiamo farci sfuggire. Per noi, per i nostri figli, per tutti i quiescenti. E la Storia che ci impone di farlo.
Abbiamo il dovere di preparare la Collettività all’impatto, con l’esempio, con le parole, con lo studio e la sua divulgazione.
Costruire una Casa Sovranista per accogliere i naufraghi sociali del “dopo” è la nostra indissolubile missione.
La Casa Sovranista dovrà essere di mattoni, forte alle intemperie, profonda nelle sue fondamenta, e questo dipenderà dal nostro impegno, dal nostro sacrificio, dalle nostre idee, dalla nostra abnegazione.
Le altre case, quelle di paglia e di legno, verranno spazzate via, non esisteranno nel “dopo”, distrutte dal potente soffio della Storia.
Quindi più noi sapremo aggregare le persone, più la nostra casa sarà solida.
Più coinvolgeremo noi stessi e più le fondamenta saranno profonde.
Più svilupperemo la nostra coscienza politica e più sapremo essere sicuri riferimenti per chi verrà da noi cercando risposte.
Non far passare un giorno senza essere Sovranisti è il nostro obbligo epico e materiale.
Dobbiamo costruire questa Casa, tutti insieme.
Commenti recenti