I doveri dello sfruttato
di STEFANO D’ANDREA (ARS Abruzzo; Università della Tuscia)
Bisogna essere onesti ed ammettere che tra il capo di un gruppo di banchieri e il capo di un partito o sindacato operaio c’è un abisso di intelligenza coerenza e coraggio.
Infatti, appena il gruppo di banchieri viene toccato, il capo reagisce così: “Se l’Ue deve essere un cappio che ci crea problemi, invece di risolverli, bisogna liberarsene con un atteggiamento fermo e trasparente, se del caso anche con iniziative risolutive”.
Invece, dopo anni di deflazione salariale, aumento della disoccupazione, indebolimento del sistema produttivo nazionale e riduzione dello Stato sociale, Ferrero e Landini continuano a sostenere che l’Unione europea debba essere riformata perché dall’Unione europea non si può uscire, perché fuori dall’Unione Europea c’è il nazionalismo brutto e cattivo e per un’altra decina di idiote ragioni.
Tuttavia non è soltanto un problema di capi; il problema vero è che manca la classe, non nel senso di stile ma nel senso di classe sociale. La classe degli sfruttati non la costituiscono i partiti degli sfruttati o i loro capi ma coloro che ad essa apparterrebbero per condizione economico sociale.
Quando in Italia fu raggiunta la piena occupazione nel 1963, alla quale segurono, pur contestualmente ad un minimo ri-aumento della disoccupazione, una serie di riforme che incrementavano il salario reale (stato sociale) e, infine, gli anni 1973-1975 quando si ebbe un grande aumento dei salari monetari, le sezioni del PCI e del PSI, nonché della DC e della CISL erano piene di lavoratori. Insomma non c’erano soltanto i partiti operai, la sinistra di base democristiana, Federico Caffè e una tradizione di pensiero sociale cattolico, c’erano gli umili che partecipavano, nella consapevolezza di essere classe debole e di dover essere uniti.
Potrà mai accadere che si torni a quel regime o a qualcosa di simile se disoccupati, operai, precari e dipendenti pubblici e privati impoveriti non prenderanno coscienza della loro condizione di classe e non torneranno a darsi da fare, come cittadini e come sfruttati e a isolarsi politicamente e socialmente come classe sociale?
Secondo me no o, meglio soltanto in parte. Se infatti si diffondesse un movimento di ceti medi, professionisti, commercianti e piccoli imprenditori, ceti che si abbeverano sul mercato, allora indirettamente disoccupati, operai, precari e dipendenti pubblici e privati impoveriti vedrebbero, in parte, crescere i salari monetari, perché i ceti medi hanno bisogno di salario monetario che venga speso sul mercato locale. Più difficile, invece, in questa ipotesi, che torni il salario reale ossia lo stato sociale.
Se sei un operaio, un precario o un dipendente pubblico o privato impoverito, finita la tua giornata di lavoro, non puoi dedicarti esclusivamente alla famiglia, ai servizi di casa e alle tue passioni, ficcatelo in testa, altrimenti coloro che hanno oggettivamente interessi contrari ai tuoi, non per cattiveria ma per naturale perseguimento del loro fine egoistico, ti schiacceranno come una cicca di sigaretta. E nulla esclude che tra alcuni decenni possa tornare di moda la schiavitù vera e propria.
Bisogna studiare, bisogna indagare, bisogna fare domande, bisogna chiudere la televisione, bisogna smetterla di vedere più di una partita di calcio a settimana, bisogna smetterla di frequentare bar che riufiutano di vendere la moretti 0,66 a 3 euro e che vendono birre artigianali, bisogna smetterla di andare in palestra e anche soltanto di desiderare di andare in palestra (dopo il lavoro lo sfruttato va a fare l’orto e dopo ancora si reca al chioschetto a prendere la 0,66 a tre euro senza servizio al tavolo – lo sfruttato è idiota se paga il servizio), bisogna crescere, bisogna organizzarsi, bisogna militare, bisogna volere, bisogna maturare, bisogna essere disposti a costituire con altri un blocco sociale, bisogna agire un po’ per sé nell’immediato e un po’ per il sistema e dunque per i figli. Solo chi adempie questi doveri, solo chi assolve questi oneri, forse, potrà un giorno migliorare la propria condizione e quella dei suoi figli.
Basta leggere Repubblica, basta guardare Ballarò (o Di Martedì), basta farsi i tatuaggi, basta perdere tempo con i social network e con What’s App, basta ascoltare Ligabue e Jovannotti (ma anche De Gregori), baste festeggiare Halloween (soprattutto a scuola),………………………………………………………. basta farsi massacrare!!!!
Sembra una cosa difficile. Ma in realtà non è che debbano farlo tutti. All’ARS ne basterebbero 2000-3000, ai quali aggiungeremmo studenti, persone sensibili, persone profonde, liberi professionisti di un certo tipo, imprenditori agricoli, contadini, funzionari e dirigenti amministrativi, docenti, montanari e navigatori.