Il vero potere
di STEFANO D’ANDREA (ARS Abruzzo; Università della Tuscia)
Si è diffuso il convincimento che il “vero potere” sia internazionale o comunque non nazionale. Talvolta il vero potere è identificato senz’altro con lo stato imperiale, talaltra si affiancano a quel centro di potere altri poteri, cosmopoliti, costituiti da titolari e gestori del grande capitale e dei grandi strumenti di propaganda.
Questo punto di vista, che contiene, indubbiamente, una parte di verità, è foriero di molte conseguenze negative, soprattutto quando, ingenuamente, l’assunto venga considerato come un vangelo da interpretare alla lettera. Le conseguenze negative riguardano l’azione pratica, ossia l’azione politica, che si pensasse di voler compiere per sottrarsi al “vero potere”.
Invero, esistono soltanto “situazioni economiche nazionali” e “politiche economiche nazionali”. La situazione economica globale è soltanto la risultante di politiche economiche nazionali, eventualmente coordinate e indirizzate da centri di potere dello stato imperiale o ad esso legati, centri di potere che comunque devono sempre servirsi di politici nazionali venduti o servi. Anche la creazione di organizzazioni internazionali vincolanti avviene attraverso il consenso dei poteri nazionali e la persistenza dei vincoli dipende soltanto dalla volontà o dall’interesse dei politici nazionali.
Senza l’appoggio del potere nazionale, il preteso “vero potere” imperiale e del grande capitale, sul piano politico, non può fare nulla e addirittura è impotente.
Un popolo che abbia riconquistato tutto il potere nazionale, ha conquistato tutto il potere politico. Il potere imperiale o cosmopolita o internazionale, senza l’appoggio dei governi nazionali, può soltanto accerchiarti, mettere sanzioni, bombardarti ed attaccarti. Insomma perso il potere politico, il potere imperiale, internazionale e cosmopolita è costretto a ricorrere alla palese e dichiarata guerra commerciale, diplomatica e militare. Subire la guerra commerciale, diplomatica e militare è la testimonianza che il popolo è libero, perché si è liberato.
Perciò, il miglior attacco – anzi l’unico vero, realistico, sensato attacco – al potere imperiale, internazionale e cosmopolita, consiste nel sottrarre ad esso il controllo del (vero) potere nazionale, controllo che ha acquisito attraverso un lungo lavoro volto alla conformazione ideologica dell’opinione pubblica (svolto attraverso il “dominio delle onde”), e a garantire potere e interessi economici dei traditori nazionali (coloro che vengono a patti con il potere imperiale e del grande capitale cosmopolita).
Ovviamente, se si può evitare di subire la guerra commerciale, diplomatica o militare è molto meglio. Sotto questo profilo è bene che l’attacco al potere imperiale e del grande capitale provenga da più direzioni, ossia da più popoli che piu’ o meno contestualmente sottraggano, in vario modo, il potere politico ai traditori, ai rappresentanti e agli alleati nazionali del potere imperiale e del grande capitale cosmopolita. Chi partecipa a una rivoluzione nazionale non deve attribuire alcun rilievo al carattere che hanno le altre rivoluzioni nazionali: non deve avere timore di nessuna di esse.
Ogni rivoluzione nazionale, che si svolga contestualmente ad altre, siccome indebolisce il potere imperiale e del grande capitale internazionale, è alleata delle altre rivoluzioni nazionali, perché ne agevola il compimento. Il momento delle alleanze strategiche, dei riposizionamenti geopolitici viene dopo: è un problema che si pone soltanto per chi abbia avviato e condotto a buon punto la propria rivoluzione nazionale.
Articolo già pubblicato su Appello al Popolo il 15 settembre 2014
Sono abbastanza d’accordo.
Certo, fatico a capire come sia possibile disfarsi per via elettorale di una intera classe politica giustamente considerata traditrice ed eterodiretta se non attraverso l’ingenuità di un Grillo per cui ad un certo punto semplicemente il M5S avrà la maggioranza e finita lì.
Bellissimo articolo.
@ Matteo: osservazione corretta ma un po’ ingenua. Man mano che il sistema tracolla non c’è da dubitare che la situazione politica si imbarbarirà e i metodi di lotta cominceranno – da tutte le parti – ad esulare dalle tornate elettorali dominate dalla politica spettacolo.
Io sono ingenuo, ma nella mia ingenuità penso di conoscere la storia.
E, nella medesima, NON CONOSCO CASI DI RIVOLUZIONI CHE NON ABBIANO VERSATO SANGUE.
Tanto sangue, a fiumi, da riempirci laghi e dissetare eserciti di vampiri.
Un movimento (o pseudo-tale) che rivendichi la legalità costituzionale come propria identità sostanzialmente si castra all’impotenza o, come piace dire a Stefano, all’ineffettualità.
“L’albero della libertà deve essere annaffiato dal sangue dei tiranni”. Non l’ha detto Hitler o Pol Pot o chiunque il politicamente corretto liberaldemocratico identifichi di volta in volta come il male assoluto.
PS: il sistema, caro Lorenzo, non tracollerà mai per i fatti suoi.
Questa è una pia utopia escatologica marxista.
@Lorenzo; @Matteo
Tranquilli giovini.
Negli anni settanta i ggggiovini di allora dovevano fare la rivoluzione, è bastato Silvio con le conigliette del Drive In a metterli tutti in riga.
Eheheheh
In verità, i rivoluzionari non vogliono la violenza e se possono, anche in regime non democratico, attuano la rivoluzione senza violenza. La quantità di violenza di una rivoluzione non dipende dai rivoluzionari ma dai detentori del potere e dalla loro reazione.
Le rivoluzioni borghesi in qualche caso richiesero l’uso della violenza, in qualche caso no, perché i nobili fecero accomodare i borghesi accanto a loro nella gestione del potere (e i borghesi a poco a poco conquistarono l’egemonia e li scalzarono). La rivoluzione (neo) liberista, compiuta in 30 anni, per varie ragioni non ha incontrato la reazione dei partiti popolari e del popolo, ossia dei detentori del potere e di coloro nel cui interesse il potere era esercitato, quindi non è stata violenta. La rivoluzione d’ottobre causò una trentina di morti. Fu la reazione a decidere il livello enorme della violenza, che si ebbe nella guerra civile, anche per l’intervento di truppe straniere.
In un regime democratico, il compito delle avanguardie (di coloro che si assumono il compito di essere avanguardie) è di organizzare partiti di valore che partecipino alle elezioni per prendere il potere. Se non riescono ad organizzare questi partiti validi, vuol dire che non sono vere avanguardie storiche, che mancano le condizioni o mancano gli uomini capaci. Essere incapaci di creare un partito che raggiunga il 3% e riesca a parlare al popolo e voler fare la rivoluzione è insensato. Dopo aver parlato al popolo il 3% non sarà più un 3% ma un 30%. Se poi i detentori del potere reagiscono con la violenza, soltanto allora la violenza rivoluzionaria è legittima.
30 morti…va beh, dai, mi hai strappato un sorriso.
Comunque teoria interessante: se tu mi vuoi derubare, e poi mi accoltelli, la colpa è mia perché ho reagito.
Tipo Colonia, la colpa è delle donne che sono troppo “profumate” come dice l’imam.
30 morti davvero.Non ricordo se 36 o 37. Comunque una cifra del genere.
E nessuno ha dato la colpa a chi reagisce. Dove hai letto il termine colpa o uno simile? Anche chi fa una rivoluzione in un regime antidemocratico cerca sempre di utilizzare la violenza minima.
E a Colonia non è accaduto niente rispetto a ciò che è accaduto a Dusseldorf l’anno prima ( http://www.lanuovabq.it/it/articoli-unitaliana-nella-bolgia-del-sex-mob-di-dusseldorf-14978.htm ), quindi i nuovi arrivati senza visto non sono il problema (hai riflettuto che non c’è una telecamera o un telefonino che abbia ripreso una sola immagine? E’ accaduto ciò che è accaduto altre volte in queste situazioni) ed è accaduto molto di meno rispetto a qualsiasi Oktoberfest (http://www.vice.com/it/read/aggressione-donne-colonia-capodanno-639 http://www.nextquotidiano.it/le-bande-di-immigrati-che-non-hanno-assaltato-colonia/ ). Non cadiamo così in basso da farci prendere in giro. Una curiosità: le decine di migliaia di uomini tedeschi che facevano la notte di Colonia?
Quindi, sono accaduti fatti intollerabili, che integrano reato, spesso molestie,piuù spesso furti e rapine, in un caso stupro ma i nuovi arrivati non c’entrano, non è accaduto niente di nuovo e i tedeschi quando fanno baldoria fanno dipeggio.
Quella dei 30 morti è una idiozia, perchè sarebbe come considerare conclusa la Rivoluzione con un unico atto.
Ma va beh, non è nemmeno questo il punto, quando ci si accoda all’Huffington Post, Repubblica o Il Fatto Quotidiano nella minimizzazione di uno swarm attack su base razziale che per una settimana si è addirottura cercato di nascondere.
Qui non si parla piu di politica o dell’idea delle “Rivoluzioni indolori” (che conosci solo te).
Si tratta del solito etno-masochismo di sinistra, sulla quale purtroppo non si può fare nulla.
Va beh, in fondo ci sono problemi peggiori se ti molestano la moglie e tu chiedi pure scusa come il branco di checche che ha sfilato in minigonna.
Tu non sei democratico e vorresti una rivoluzione antidemocratica contro una democrazia. Una posizione assurda, oltre che inaccettabile, ingiusta e soprattutto insensata, visto che non si vede chi dovrebbe fare questa rivoluzione: i padri italiani che si fanno ficcare sotto i piedi da bambini di 5-7 anni?.
In democrazia le rivoluzioni avvengono senza usare la violenza ma avvengono. Maastricht e la sua attuazione e già la sua preparazione con l’Atto Unico sono stati una rivoluzione. La rivoluzione, infatti, è il mutamento delle regole del gioco.
Se tu sei un allocco che ha creduto agli stupri di Colonia, quando ce ne sono stati un sesto o un ottavo degli ultimi festival della birra e ha creduto a un attacco su base razziale, quando non sai se i rei erano 30 o 1000, quando ometti di interessarti alla mancanza di reazioni degli uomini tedeschi (salvo un caso), quando fai finta di ignorare che non c’è una immagine che sia una, nonostante tutti avessero in mano o in tasca i telefonini, quando ti disinteressi al fatto che i fermati sono stati subito rilasciati, quando ignori che le molestate sono state tutte derubate, mentre non tutti i derubati e le derubate sono stati molestati e quando ignori la notizia che ti ho dato, relativa a ciò che è accaduto nel capodanno dell’anno prima, è un tuo problema psicologico che tuttavia non ha alcuna rilevanza politica.
Certamente i fatti commessi costituiscono reati ma niente di così grave, sia sotto il profilo penalistico, sia sotto quello politico-sociale, rispetto a ciò che accade abitualmente al festival della birra. Questo è il fatto che è accaduto e questa è la esatta valutazione. Poi i razzisti vogliono ricamarci su. Io mi attengo ai fatti. Ciò, ovviamente, non ha alcun rilievo sulla posizione che ogni diverso stato europeo vuole e deve prendere sul tema della immigrazione. Un conto è il tema della immigrazione, un conto sono Libero, Italiaoggi, il giornale e altre schifezze del genere.
Non mi hanno molestato la moglie, non ho chiesto scusa, né mi sembra che il “branco di checche” abbia chiesto scusa.
Tu confermi alla perfezione come anche le persone intelligenti di destra-destra siano psicologicamente squilibrate. Ho sempre creduto che il fascismo fuori dal fascismo storico, sia un profilo psicologico, piuttosto che politico. Ciò che vale per l’antifascismo in assenza di fascismo, vale 1000 volte di più per il fascismo in assenza di fascismo.
La legittimità si definisce in rapporto a un’ideologia, cioè a un insieme di pregiudizi: e siccome il novero dei pregiudizi è infinito, qualsiasi comportamento sarà legittimo in rapporto a certe idee e illegittimo rispetto ad altre.
Fra parentesi, è una teoria politica bizzarra quella che addossa la responsabilità delle guerre civili al fatto che il detentore del potere non si lascia spossessare senza reagire.
In ogni caso io non prevedo un’alternativa lineare fra conservazione e rivoluzione. Prevedo un periodo di progressivo degrado e immiserimento della vita – civile, economica, sociale e politica – accompagnato da agitazioni del genere più disparato e culminante in una terza guerra mondiale, conseguenza necessaria del disfacimento della pax americana. Il sovranismo potrà avere un ruolo, ma non sarà quello agghindato e perbenino che immaginano i sottoscrittori dell’ARS.
Rivoluzione antidemocratica contro un regime democratico?
Perché, questo è un regime democratico?
Ah, vabbè, dopo i 30 morti della Rivoluzione d’Ottobre e dopo il fatto che nulla e poi nulla è mai successo a Colonia (ed oltre) perché in fondo i negretti sono come i cattivi ariani fallocentrici, siamo al “regime democratico” in cui gli ordini arrivano da…Boh?
Sul mio personale squilibrio mentale posso anche essere d’accordo, ed in effetti non frequento più gli ambienti della DR per tentare di disintossicarmi dalle cazzate, ma:
1) Ti invito a dire la stessa cosa in faccia ad un paio di tesserati ARS che conosci e magari provare a buttarla sul ridere.
2) Credo di essere meno squilibrato di chi viene dal marxismo e se ne fotte delle critiche di Marx alla farsa liberaldemocratica (il che non vuol dire prenderle per oro colato, ma rifiutarsi persino di considerarle e qualificarle come “squilibrio mentale”).
3) Ci sono persone che vengono da sinistra (es: Barbara Tampieri o Eugenio Orso) che fortunatamente non hanno il tuo senso di colpa da bianco ricco e riescono a vedere l’invasione in atto, senza per questo (che io sappia) fare saluti romani o disegnare swastike sui muri.
4) La personalizzazione ad hominem è divertente, ma al contempo comoda.
Ed è, guarda caso, tipicamente di destra: “ebrei avidi”, “comunisti rancorosi”, “froci pervertiti” o…”fascisti squilibrati” (nel tuo caso).
5) Lorenzo (non me ne ero accorto) nella sua ultima frase ha perfettamente delineato il quadro reale della situazione.
“… Ho sempre creduto che il fascismo fuori dal fascismo storico, sia un profilo psicologico, piuttosto che politico…”
Eh già, perché credere nel dio uno e trino, con Lazzaro risorto e il dio antropomorfico che impregna una donna mortale, o nel paradiso delle vergini coll’imene ricaricabile, o nel sol dell’avvenire, è scelta fondata su considerazioni analitiche e non su attitudini psicologiche.
Anche credere nel Manitù dell’umanità, in cui si è secolarizzato il comandamento cristiano ad amare il prossimo, o sentirsi tenuti a rispettare la proprietà privata, in una società che la giustifica sulla base del lavoro e del merito e poi ne istituzionalizza la trasmissione ereditaria, è esercizio di lucida razionalità e non di bovino istinto aggregativo.
C’è perfino gente che crede nelle virtù decisorie del popolo sovrano, e altri che accettano contemporaneamente il divieto di qualsiasi discriminazione di genere e la leva obbligatoria maschile. Un trionfo dell’equilibrio mentale e dello spirito critico.
O forse sostieni che tutte queste superstizioni sono giustificate in quanto “storiche”, cioè dominanti nel tempo presente. Evviva il vincitore di turno. In tal caso però Matteo avrà diritto a indagare sul profilo psicologico di chi, come te, si attarda a difendere il moribondo amor di patria anziché intrupparsi nella dominantissima globalizzazione.