La modernità come livellamento e omologazione
di GIACOMO LEOPARDI
Analisi lucida e profetica di uno dei maestri del “pensiero italiano”.
Tutto quello, si può dire, che i moderni viaggiatori osservano e raccontano di curioso e singolare nei costumi e nelle usanze delle nazioni incivilite, non è altro che un avanzo di antiche istituzioni, massimamente se quelle particolarità spettano alle classi cólte. Perché la natura, quando è piú libera, come anticamente, e ora in gran parte appresso il popolo, è sempre varia.
Ma certamente nel moderno non troveranno niente di singolare né di curioso, e tutto quello che c’è da vedere negli altri paesi possono far conto di averlo veduto nel proprio senza viaggiare. Eccetto le piccole differenze provenienti
dal clima e dal carattere di ciaschedun popolo, i quali però vanno sempre cedendo all’impulso moderno di uguagliare ogni cosa, e certamente da per tutto, massime nelle classi cólte, si ha cura di allontanare tutto quello che c’è di singolare e di proprio nei costumi della nazione, e di non distinguersi dagli altri, se non per una maggior somiglianza col resto degli uomini. E in genere si può dire che la tendenza dello spirito moderno è di ridurre tutto il mondo una nazione e tutte le nazioni una sola persona.Non c’è piú vestito proprio di nessun popolo, e le mode, invece d’esser nazionali, sono europee ec.: anche la lingua oramai divien tutt’una per la gran propagazione del francese, la quale io non riprendo in quanto all’utile, ma bene in quanto al bello. Ora quell’éris che Esiodo dice esssere un dono degli Dei per promuovere il bene e l’accrescimento degli uomini, si può dire che sia tolta di mezzo fra le nazioni e quasi anche fra gl’individui. Una volta le nazioni cercavano di superar le altre, ora cercano di somigliarle, e non sono mai cosí superbe come quando credono di esserci riuscite. Cosí gl’individui. A che scopo, a che grandezza, a che incremento può portare questa bella gara?
Anche l’imitare è una tendenza naturale, ma ella giova, quando ci porta a cercar la somiglianza coi grandi e cogli ottimi. Ma chi cerca di somigliare a tutti? anzi perciò appunto sfugge di somigliare ai grandi e agli ottimi, perché questi si distinguono dagli altri? Quando saremo tutti uguali, lascio stare che bellezza, che varietà troveremo nel mondo, ma domando io che utile ce ne verrà? Massimamente alle nazioni (perché il male è naturalmente piú grande nei rapporti di nazione a nazione che d’individuo a individuo) che stimolo resterà alle grandi cose e che speranza di grandezza, quando il suo scopo non sia altro che l’uguagliarsi a tutte le altre?
Non era questo lo scopo delle nazioni antiche. E non si creda che l’uguagliarsi nei costumi e nelle usanze, senza però volersi uguagliare nel potere, nella ricchezza, nell’industria, nel commercio ec., non debba influire sommamente anche sopra queste altre cose, influendo sullo spirito generale della nazione. Poco dopo che Roma fu divenuta una specie di colonia greca in fatto di costumi e letteratura, divenne serva come i greci.
Ma questa è una bella curiosità, che mentre le nazioni per l’esteriore vanno a divenire tutta una persona e oramai non si distingue piú uomo da uomo, ciascun uomo poi nell’interiore è divenuto una nazione; vale a dire che non hanno piú interesse comune con chicchessia, non formano piú corpo, non hanno piú patria, e l’egoismo gli ristringe dentro il solo circolo de’ propri interessi, senza amore né cura
degli altri, né legame, né rapporto nessuno interiore col resto degli uomini.Al contrario degli antichi, che, mentre le nazioni per l’esteriore erano composte di diversissimi individui, nella sostanza poi, e nell’importante, e in quel punto in cui giova l’unità della nazione, erano in fatti tutta una persona, per l’amor patrio, le virtú, le illusioni ec. che riunivano tutti gl’individui a far causa comune, e ad essere i membri di un sol corpo. E per questo capo si può dire che ora ci son tante nazioni quanti individui, bensí tutti uguali anche in questo che non hanno altro amore né idolo che se stessi.
Ed ecco un’altra bella curiosità della filosofia moderna. Questa signora ha trattato l’amor patrio d’illusione. Ha voluto che il mondo fosse tutta una patria, e l’amore fosse universale di tutti gli uomini (contro natura, e non ne può derivare nessun buono effetto, nessuna grandezza ec. L’amor di corpo, e non
l’amor degli uomini, ha sempre cagionato le grandi azioni, anzi spessissimo a molti spiriti ristretti, la patria come corpo troppo grande non ha fatto effetto, e perciò si sono scelti altri corpi, come sette, ordini, città, provincie ec.). L’effetto è stato che in fatti l’amor di patria non c’è piú, ma, invece che tutti gl’individui del mondo riconoscessero una patria, tutte le patrie si son divise in tante patrie quanti sono gl’individui, e la riunione universale promossa dalla egregia filosofia s’è convertita in una separazione individuale.[Zibaldone, 3 luglio 1820]
In fine del quinto paragrafo ‘divenne serva come greci’ deve diventare ‘divenne serva come i greci’.
Nel terzo paragrafo, tra ‘in quanto al bello’ e ‘Una volta le nazioni’ Leopardi scrive: ‘Ora quell’ éris che Esiodo dice esssere un dono degli Dei per promuovere il bene e l’accrescimento degli uomini, si può dire che sia tolta di mezzo fra le nazioni e quasi anche fra gl’individui’.
Grazie per le segnalazioni, Franco. Correzioni apportate.