Risorgimento e letteratura (1a parte)
di GIORGIO WEISS (poeta)
Gli straordinari avvenimenti susseguitisi in Italia, dalla fine del Settecento agli albori dell’Ottocento, con le campagne napoleoniche, stravolsero in rapida successione l’ordinamento politico e territoriale allora esistente: vedi la proclamazione delle Repubbliche Transpadana e Cispadana (poi fuse nella Repubblica Cisalpina), della Repubblica Romana, della Repubblica Partenopea, fino all’incoronazione di Napoleone re d’Italia nel 1805. Successivamente, caduto Napoleone, il Congresso di Vienna, con il suo atto finale del 9 giugno 1815, ridette all’Europa il vecchio assetto, restaurando in Italia gli antichi sovrani.
Il fatto che le vecchie dinastie fossero state restaurate, che il Papa regnasse di nuovo nello Stato Pontificio e persino che in Italia settentrionale fosse ripreso il dominio austriaco poté forse sembrare, a gran parte della popolazione, una realtà sopportabile, sotto l’aspetto pratico e psicologico, anche perché uno Stato italiano non era mai esistito prima, le differenze fra nord, centro e sud erano profonde ed assai ristretta era la classe culturale che aveva a cuore il bene pubblico.
Tuttavia, nella penisola scoppiarono subito sporadici ma intensi fermenti di un’ansia rinnovatrice e trasformatrice, che si sarebbero presto diffusi in tutto il territorio, dando vita ad una feconda irrequietezza, una lotta del nuovo contro il vecchio.
In letteratura (come anche nella musica e nell’arte) fiorì, allora, un grande risveglio di creatività, che spesso ebbe rapporti assai diretti con l’attività politica. Gli avvenimenti dell’epoca – di notevole impatto, anche perché implicavano un rinnovato sentimento della identità nazionale – erano infatti tali da incidere profondamente sull’animo degli artisti, tanto da stimolare in molti di loro afflati di grande e vivido patriottismo.
Può quindi dirsi, senza tema di esagerazione, che gran parte della produzione letteraria nel periodo risorgimentale ebbe il merito di contribuire fattivamente alla realizzazione dell’unità d’Italia. E questo merito (lo diciamo con una punta di orgoglio) va in particolar modo attribuito all’attività poetica, in virtù delle doti di immediatezza, icasticità e schiettezza, e della capacità di coinvolgimento emotivo che sono proprie di questo genere letterario.
Questa attiva partecipazione dei poeti alle imprese del Risorgimento è stata, quindi, di grande rilievo, non solo per aver avuto il pregio e il privilegio di contribuire efficacemente a suscitare ampio consenso anche nelle classi meno pronte a cogliere l’importanza del nascente periodo storico, riuscendo ad infiammare gli animi dei cittadini con versi pregni di amor patrio, ma anche per aver lasciato tracce, spesso di indubbio valore, nella storia letteraria.
Ci troviamo di fronte a stili e forme che, per lo più, incarnano, dato il gusto allora imperante, l’ultima fase del neoclassicismo italiano, con l’uso di modelli, simboli e atteggiamenti ricavati dalla storia greca e romana. C’erano molte certezze fra quegli uomini dell’Ottocento, quando l’Italia era politicamente divisa; oggi, nell’Italia unita, ci si deve chiedere se non sia opportuno cercare di riattivare, nel nostro Paese, un senso di comune appartenenza storica, che sia fonte di solidarietà civile.
Fonte: www.giorgioweiss.it
[continua]
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