Pannella, un anti-rivoluzionario contro lo Stato
di DAVIDE VISIGALLI (FSI Liguria)
Molto si è detto in questi giorni di Marco Pannella, dei radicali e del loro contributo al nostro Paese negli ultimi 40 anni. Ci si è ricordati del divorzio, degli scioperi della fame e tanto altro su cui non mi voglio soffermare. I radicali erano e sono Marco Pannella, leader unico spettacolarizzato di un movimento di opinione che cambia elettori e sostenitori a seconda del diritto civile che vuole difendere. Il movimento radicale è secondo me, ben delineato da questa frase di Luigi Parente (cfr Parente Luigi, I partiti politici nell’Italia repubblicana (1943-1992), Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 1996):
“La segreteria carismatica di Marco Pannella, con un’organizzazione legata esclusivamente alla sua persona, mentre l’ideologia politica dell’area, se è possibile usare questa categoria analitica poco adatta ad un movimento così sui generis, è contro la Dc, e pienamente rappresentata dalla spettacolarità delle diverse iniziative di lotta (sit-in, digiuni, ostruzionismi parlamentari, marce della pace ecc.), il tutto in una tensione esasperata di leaderismo di un movimento che si dichiara diverso dall”establishment politico italiano.”
Si dice che gli ideali del movimento e di Pannella siano decaduti insieme alla sua persona fisica, quindi si suppone siano esistiti due tipi di radicalismi, semplificando estremamente si arriva a dire che sia esistito un radicalismo “del divorzio” e il radicalismo attuale, pantomima di quello iniziale. Io non credo ci sia stato questo cambiamento. L’ideale radicale era ed è uno: anti-rivoluzionario e contro lo Stato. Lo si capisce dalle stesse parole di Pannella che, nel 1973 esponeva il manifesto del radicalismo:
«[…] Io amo gli obiettori, i fuorilegge del matrimonio, i capelloni sottoproletari amfetaminizzati, i cecoslovacchi della primavera, i nonviolenti, i libertari, i veri credenti, le femministe, gli omosessuali, i borghesi come me, la gente con il suo intelligente qualunquismo e la sua triste disperazione. Amo speranze antiche, come la donna e l’uomo; ideali politici vecchi quanto il secolo dei lumi, la rivoluzione borghese, i canti anarchici e il pensiero della Destra storica. Sono contro ogni bomba, ogni esercito, ogni fucile, ogni ragione di rafforzamento, anche solo contingente, dello Stato di qualsiasi tipo, contro ogni sacrificio, morte o assassinio, soprattutto se «rivoluzionario». Credo alla parola che si ascolta e che si dice, ai racconti che ci si fa in cucina, a letto, per le strade, al lavoro, quando si vuol essere onesti ed esser davvero capiti, più che ai saggi e alle invettive, ai testi più o meno sacri e alle ideologie. Credo sopra ogni altra cosa al dialogo, e non solo a quello «spirituale»: alle carezze, agli amplessi, alla conoscenza come a fatti non necessariamente d’evasione o individualistici – e tanto più «privati» mi appaiono, tanto più pubblici e politici, quali sono, un impegno che siano riconosciuti.
«[…] L’etica del sacrificio, della lotta eroica, della catarsi violenta mi ha semplicemente rotto le balle; come al buon «padre di famiglia», al compagno chiedo una cosa prima di ogni altra: di vivere e di essere felice. Penso, personalmente, che avendo un certo bagaglio di speranze, di idee e di chiarezza non solo questo sia possibile, ma che non vi sia altro modo per creare e vivere davvero felicità. Ma esser «compagno» (come esser padre) non è scritto nel destino né prescritto dal medico. Se le vie divergono, lo constateremo e cercheremo di comprendere meglio. Ma basta con questa Sinistra grande solo nei funerali, nelle commemorazioni, nelle proteste, nelle celebrazioni: tutta roba, anche questa, nera: basta con questa «rivoluzione» clausevitziana, con le sue tattiche e strategie, avanguardie e retroguardie, guerre di popolo e guerre contro il popolo, di violenza purificatrice e necessaria, di necessarie medaglie d’oro; la rivoluzione fucilocentrica e fucilocratica, o anche solo pugno-centrica e pugnocratica non è altro che il sistema che si reincarna e prosegue.
«[…] Ma chi sono poi questi «fascisti» contro i quali da vent’anni vi costituite in unione sacra, in tetro e imbelle esercito della salvezza? «Mussolini, Vittorio Emanuele III, Farinacci, i potenti che seppero imporre un regime vincente, senza più vera opposizione, qual’era il fascismo in Italia, furono spazzati via dalla guerra; senza la quale essi sarebbero ancora al potere come i Franco e i Salazar. Furono abbattuti solo perché ritennero che, entrando nel conflitto, avrebbero guadagnato «con poche migliaia di morti» il diritto di sedersi al tavolo della pace dalla parte dei vincitori. «Il vero fascismo fu il loro, non quello della R.S.I.; nato morto, senza potere autonomo. Dal 1948, in Italia, tutte le forze politiche si sono mobilitate per «ricostruire lo stato»: questa «ricostruzione» fu la bandiera degli anni Cinquanta. In questa ricostruzione che continua ininterrotta, in questa oppressione che si è riaffermata, che ha ritrovato la sua continuità e aumentato la sua forza, dove sono mai «i fascisti» se non al potere e al governo? Sono i Moro, i Fanfani, i Rumor, i Colombo, i Pastore, i Gronchi, i Segni e – perché no? – i Tanassi, i Cariglia, e magari i Saragat, i La Malfa. Contro la politica di costoro, lo capisco, si può e si deve essere «antifascisti» cioè «antidemocristiani». Noi radicali lo siamo. Lo sono anch’io, il più laicamente e spassionatamente, cioè il più chiaramente e duramente, possibile. «Invece, sotto la bandiera antifascista, si prosegue una tragica operazione di digressione. Come se, negli anni in cui il fascismo si affermava, si fossero mobilitate le energie democratiche e popolari innanzitutto contro i Dumini o gli assassini materiali di Matteotti, dei Rosselli, degli antifascisti; o se pensassimo davvero che fu «fascismo» quello dei ragazzi ventenni che casualmente e «stupidamente» indirizzarono la loro generosità e la loro sete di sacrificio verso la Repubblica Sociale, divenendo poi «oggettivamente» sicari dei tedeschi e dei nazisti, assassini e torturatori. Scatenando, rilanciando la caccia contro gli Almirante e gli altri ausiliari di classe, di chiesa, di Stato, facendone i demoni, dando loro dignità di «male», dirottando sdegno, rabbia, rivolta, contro di loro, servite oggettivamente il potere, il fascismo, quali oggi concretamente vivono e prosperano nel nostro Paese».
Da questa breve lettura è chiaro come il radicalismo sia avversario del sovranismo e delle istanze costituzionali, al di là da come la si pensi sulle singole battaglie per singoli diritti civili.
E’ chiaro che sia l’MSI che il Partito Radicale sono stati due partiti spia degli americani. Il primo nato per intercettare il consenso degli identitari e dei nostalgici in funzione anticomunista. Il secondo carta moschicida per anarcocapitalisti, pseudo pacifisti, anticlericali e “qualunquisti intelligenti” (?) con l’obiettivo di sabotare le lotte per i diritti sociali e promuovere le istanze culturali e geopolitiche degli USA nel nostro paese.
Grazie a Visigalli per aver recuperato il manifesto del 1973,raramente è possibile trovare concentrati in così poco spazio tante contraddizioni ed elementi che ci aiutano a capire una forza politica. Pannella è stato un grandissimo egocentrico e megalomane che è stato anti tutto, non ha lottato contro la “partitocrazia” ma contro la democrazia del nostro Paese. I Partiti politici sono stati riconosciuti dalla Costituzione come uno strumento fondamentale per la vita democratica, loro gestioni non sufficientemente trasparenti avrebbero richiesto il rispetto di regole di vita democratica al loro interno non la loro cancellazione. Alcuni giorni fa in un post uscito in un momento delicato Stefano D’Andrea ha correttamente ricordato alcune perle dell’azione di Pannella, quella che dovrebbe far meditare di più è l’aver creato un politico di mestiere libero da ideologie e cultura in grado di passare da un partito all’altro e di promuovere qualunque causa ed il suo opposto. I suoi campioni sono recordman del passaggio di partiti, hanno venduto la loro visibilità al miglior offerente senza mai essere citati per voto di scambio. In un’elezione ( dovrei controllare se 2001) Pannella e Bonino vendettero a Berlusconi l’appoggio del loro partito con un regolare contratto notarile, a elezioni avvenute , di fronte alle difficoltà a pagare di Berlusconi Pannella citò lo stesso in tribunale ed ebbe ragione per incassare la somma pattuita.Non era voto di scambio? La visibilità dei radicali e di Pannella in particolare ci porta però a valutare la forza delle coperture internazionali e nazionali di cui fino ad oggi hanno goduto e ci permettono di capire come le forze in campo, organi di informazione compresi, si muovono.