La propaganda dei beni di consumo
di CHRISTOPHER LASCH
Agli albori del capitalismo industriale, i datori di lavoro consideravano l’operaio una bestia da soma o poco più – “della razza del bue”, sono le testuali parole di Frederick W. Taylor, specialista dell’efficienza. I capitalisti vedevano nel lavoratore soltanto una forza produttiva; non si curavano minimamente delle attività a cui egli si dedicava nel tempo libero – quel poco che gli restava dopo le dodici oquattordici ore passate in fabbrica. I padroni cercavano di controllare il lavoratore sul posto di lavoro, ma la loro sorveglianza aveva termine quando questi lasciava la fabbrica alla chiusura.
L‘istituzione, a opera di Henry Ford, di un Dipartimento di Sociologia alla Ford Motor Works, nel 1914, non aveva altro scopo che quello di trasformare i lavoratori, attraverso il controllo della loro vita privata, in produttori sobri, economi ediligenti. I sociologi della Ford tentarono di imporre alla forza-lavoro una antiquata morale protestante e si scagliarono contro il tabacco, l’alcool e la vita dissipata.
A quell’epoca soltanto un ristretto numero di imprenditori capì che il lavoratore poteva essere utile al capitalista in quanto consumatore; che bisognava infondergli il gusto per cose più raffinate; che un’economia basata sulla produzione in serie richiedeva non solo un’organizzazione capitalistica della produzione, ma anche un’organizzazione del consumo e del tempo libero. “La produzione in serie,” disse nel 1919 il magnate dei grandi magazzini di Boston Edward A. Filene, “esige che le masse vengano educate; le masse devono imparare a comportarsi come esseri umani nel mondo della produzionein serie… Non basta un’istruzione, devono avere una cultura.”
In altre parole, l’industriale moderno deve “educare” le masse alla civilta dei consumi. La produzione in serie di merci in quantità progressivamente crescenti ha bisogno di una domanda di massa che la assorba. L’economia americana, una volta raggiunto il livello tecnologico che le consentiva di soddisfare i bisogni materiali fondamentali, ha legato il suo sviluppo alla creazione nel consumatore di nuove esigenze e alla capacità di indurre la gente ad acquistare dei prodotti di cui non avverte il “bisogno” finché questo non le è imposto dai mass media.
La pubblicità, ha detto Calvin Coolidge, “è il metodo per suscitare il desiderio di cose migliori”. Il tentativo di “civilizzare” le masse ha originato una società dominata dalle apparenze – la società dello spettacolo. Nel periodo dell’accumulazione primitiva, il capitalismo subordinava l’essere all’avere, il valore d’uso delle cose al loro valore di scambio. Ora subordina il possesso stesso all’apparenza e calcola il valore di scambio di una merce in base al prestigio che essa può conferire – l’illusione di prosperità e benessere.
“Quando la necessità economica cede il posto alla necessità di uno sviluppo economico illimitato,” scrive Guy Debord, “al soddisfacimento dei bisogni umani fondamentali e universalmente riconosciuti subentra l’ininterrotta fabbricazione di falsi bisogni.” In un‘epoca meno complessa, la pubblicità si limitava a richiamare l’attenzione sul prodotto, esaltandone i pregi. Oggi a essa stessa a creare il prodotto: il consumatore, eternamente insoddisfatto, inquieto, ansioso e annoiato.
Funzione della pubblicità non è tanto reclamizzare un prodotto quanto promuovere a modo di vita il consumo. Essa “educa” le masse a nutrire un’insaziabile avidità non solo di merci, ma di nuove esperienze e di realizzazione personale. Propone il consumo come risposta alle secolari afflizioni che si accompagnano alla solitudine, alla malattia, alla noia, alla mancanza di appagamento sessuale, e crea parallelamente forme di malcontento nuove e peculiari del nostro tempo. Sfrutta subdolamente il disagio della civilta industriale. Il vostro lavoro è noioso e frustrante? Vi fa sentire stanchi e inutili? La vostra vita e vuota? Il consumo si incarica di riempire questo vuoto lacerante; ecco allora il tentativo di circondare i prodotti di un’atmosfera fantastica, fatta di allusioni a luoghi esotici e a esperienze irripetibili, di immagini di seni femminili che promettono ogni delizia.
La propaganda commerciale ha una duplice funzione. In primo luogo, promuove il consumo come alternativa alla protesta o alla ribellione. Paul Nystrom, uno dei primi studiosi di marketing moderno, osservò una volta che la civilta industriale genera una “filosofia della futilità”, un senso esteso di stanchezza, una “insoddisfazione per le realizzazioni” che trova sfogo nella sostituzione continua delle cose più frivole, seguendo i dettami della moda.
Capolavoro