Sovranismo o barbarie: difendere gli stati sovrani dall’attacco della globalizzazione neoliberista (parte prima).
di MARTINA CARLETTI (FSI Umbria)
«L’epoca della globalizzazione, quella che stiamo vivendo e che prosegue la dialettica della modernità, sembra aver dispiegato le sue forze verso una negazione della sovranità assoluta degli Stati, finendo per far somigliare le democrazie occidentali ad un «impero senza vertici e senza centro», come descritto da Antonio Negri e Michael Hardt1 : una Babele di identità culturali dominata dal pluralismo degli interessi capitalistici e dal narcisismo degli individui.
La globalizzazione assume sempre più il volto di una «ideologia che maschera i rapporti di dominio economico avanzando l’immagine di un sistema economico mondiale autoregolamentato e al di fuori dell’intervento da parte dei centri di decisione politica»2 : ciò comporta un’inevitabile indebolimento del ruolo della democrazia, con un’inversione della gerarchia tra politica ed economia, detto altrimenti «uno Stato sotto la sorveglianza del mercato, anziché un mercato sotto la sorveglianza dello Stato»3.
Nel propagandato “villaggio globale” la ricchezza è in continuo aumento solo per coloro i quali appartengono alle fasce di reddito più alte: la disparità economica e la polarizzazione della ricchezza sono fenomeni dilaganti anche nella ricca Europa4. In questo orizzonte storico, descritto da alcuni autori con il termine di “nuovo medioevo”, ciò che sembra preannunciarsi è una «società piena di istanze intermedie al posto di uno Stato-centrale»5 : una vera e propria metamorfosi della natura della decisione politica, non più in grado di esibire una propria intensità qualitativa e di farsi carico della missione democratica e costituzionale affidategli dalla storia del Novecento.
Neoliberismo nella prospettiva contemporanea
La relazione simmetrica tra chi governa e i destinatari delle decisioni politiche, tipica della tradizionale nozione di sovranità nazionale, è andata perduta. Questo processo è avvenuto parallelamente all’affermarsi dell’ideologia neoliberista: «la concorrenza diventa l’equivalente degli scambi sociali, ogni relazione giuridica, politica e sociale viene misurata con l’efficacia della concorrenza»6.
Nel neoliberismo, teorizzato da Herbert Spencer, conta innanzitutto la potenza socio-economica degli individui: i più deboli sono destinati a soccombere nella lotta per la sopravvivenza. Il neoliberismo combatte l’interventismo dello Stato, imponendo finanziarizzazione e de-normativizzazione come pilastri fondamentali, ed è molto più potente del liberismo poiché utilizza il diritto per promuovere l’impresa economica privata e trasformare la concorrenza in dogma atto a diventare la cifra di ogni azione, individuale e pubblica.
La finanziarizzazione, peculiarità fondamentale del neoliberismo contemporaneo, muove il suo potere capitalista in settori che fuggono il controllo dello Stato. Analogamente, la deregolamentazione di capitali, principio sancito dai trattati costitutivi dell’Unione europea, permette agli investitori di subentrare nei settori più redditizi e strategici degli Stati nazionali, conquistandone il monopolio di spesa e, attraverso la coercizione che le autorità statali possono porre in atto, requisendo parti considerevoli delle ricchezze pubbliche dei cittadini.
De-costituzionalizzazione
Il declino del carattere assoluto della sovranità ha coinciso con la progressiva “de-costituzionalizzazione” degli Stati: dalla subordinazione dei poteri politici a costituzioni scritte e rigide, per mezzo della funzione di garanzia dell’impianto statale, allo smembramento dello stesso, in funzione di quella che Legendre chiama «ri-feudalizzazione del legame sociale»7.
Mentre Schmitt scriveva che «l’essenza della sovranità statale sta nella possibilità di monopolio sulla decisione ultima», ora, gli stessi Stati nazionali, privati della sovranità monetaria e della libera decisione sulle leggi di spesa per mezzo dei trattati europei, non possono considerarsi Stati, poiché essi non hanno più la possibilità di riconoscersi come «il punto di Archimede nel pensiero costituzionalista, né sul piano nazionale, né su quello regionale o universale»8.
Il programma che, alla luce delle tragiche esperienze del Novecento, vollero mettere in atto i costituenti in Italia, auspicava quella che Mortati definì «democrazia necessitata»9: l’unico modo in cui fu possibile fissare dei principi di regolazione del conflitto sociale, poiché il capitalismo tende a schiacciare la massa dei cittadini, fu enunciare come prioritarie e fondamentali guide delle politiche pubbliche la stabilità della tutela del lavoro, e l’uguaglianza sostanziale dei cittadini.
La restaurazione di quello che Massimo Severo Giannini definisce «stato monoclasse»10, caratterizzato da una concentrazione dei poteri nelle mani di una ristrettissima oligarchia, è l’obiettivo mal celato che spinge il capitalismo finanziario alla liquidazione delle Costituzioni democratiche: attraverso la teoria delle banche centrali indipendenti e il vincolo monetario, in Europa è esploso quello che veniva descritto da Karl Popper come «capitalismo sfrenato»11. Il capitalismo diventa assoluto nella misura in cui si assolutizza la logica del capitale: tutto diventa merce, sia nel paradigma reale, che in quello simbolico.
La globalizzazione, nella sua forma merce, assume movimento sinergico di assolutizzazione simbolica dell’immaginario. Ed ecco che si realizza ciò che Gramsci chiamò «cretinismo economico», a voler così significare l’ossessione secondo cui l’economia e le leggi di mercato dovrebbero impersonare dogmi incriticabili ed imprescindibili, e a cui la politica, la società e l’uomo dovrebbero sottostare. La logica di sviluppo del capitale assoluto si basa sulla «spoliticizzazione dell’economia», ovvero sullo «annientamento della forza di una politica ancora in grado di agire sull’economico» da parte dei mercati (istituzioni senza volto e non elette), in grado di disciplinarla e governarla12.
L’assenza della politica, altro principio evidentemente contrario alla Costituzione italiana, specificatamente agli articoli 49 e 1, che enunciano la sovranità del popolo, ha l’effetto di ratificare tutto ciò che viene deciso in altra sede da oligarchie economiche e finanziarie: la conseguente distruzione dello Stato sociale si inserisce macabramente in questa condizione.
L’assoluta sottomissione della politica all’economia determina, secondo Balibar, un «estremismo di centro» in cui scompaiono forze politiche realmente caratterizzate, per lasciar spazio ad un amalgama di schieramenti intercambiabili13. In questa prospettiva, dato l’evidente oligopolio del potere mass-mediatico che diffonde senso di colpa e che propugna la deflazione salariale come condicio sine qua non di suggestivi “valori comunitari”, i cittadini non hanno avuto dapprima la sensazione del contenuto sostanziale e divergente dell’ordinamento europeo: le politiche neoliberiste sono, in altre parole, un illecito permanente che prefigura una rottura dell’ordinamento giuridico costituzionale.”
1. A. Negri, M. Hardt, Impero: il nuovo ordine della globalizzazione, Rizzoli, Milano 2013.
2. A. Touraine, Libertà, uguaglianza, diversità, il Saggiatore, Milano 2009, p. 39.
3. M. Foucault, Nascita della biopolitica. Corso al Collège de France (1978-1979), Feltrinelli, Milano 2005, p. 108
4. Undp (United nations development programme), 1998.
5. W. Reinhard, Storia del potere politico in Europa, il Mulino, Bologna 2001, p. 623.
6. Foucault, Nascita della biopolitica, cit., p. 110.
7. P. Legendre, Remarques sur la reféodalisation de la France, in Etudes offertes à Georges Dupuis, Lgdj, Paris 1997, pp. 201 e ss.
8. P. Häberle, Diritto costituzionale, unioni regionali fra Stati e diritto internazionale come diritto universale dell’umanità: convergenze e divergenze, Conferenza tenuta a Città del Messico e Bologna tra febbraio e aprile 2004, in «archivio.rivistaaic.it» [http://archivio.rivistaaic.it/materiali/anticipazioni/diritto_universale/index.html].
9. Si veda: L. Barra Caracciolo, Euro e (o?) democrazia costituzionale. La convivenza impossibile tra Costituzione e trattati europei, Dike giuridica, Roma 2013, pp. 64 e ss.
10. M.S. Giannini, Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, il Mulino, Bologna 2001, pp. 35 e ss.
11. K. Popper, La società aperta e i suoi nemici, Armando, Roma 1974, p. 232.
12. Si veda: D. Fusaro, Antonio Gramsci. La passione di essere nel mondo, Feltrinelli, Milano 2015.
13. Democrazia fine corsa: la Grecia, l’Europa e noi. Intervista a Etienne Balibar, in «Sinistrainrete.info», 21 giugno 2015 [http://www.sinistrainrete.info/europa/5338-etienne-balibar-democrazia-fine-corsa-la-grecia-leuropa-e-noi.html].
Prefazione al libro Moneta e Impero – Benessere, sovranità, democrazia: come e perché li stiamo perdendo, di Luca Frontini, editrice Zefiro (Fermo)
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