“Uccidete i miscredenti in qualunque modo, americani o europei, australiani o canadesi, compresi i cittadini dei paesi che entrano in una coalizione contro lo Stato Islamico e attaccate i civili. Se non siete in grado di trovare un’arma da fuoco, allora prendete una pietra e con quella spaccate le teste degli infedeli, squartateli con un coltello, investiteli con la macchina, usate i camion come falciatrici, buttateli giù da un dirupo, strangolateli o avvelenateli. Se non siete in grado di fare tutto ciò, bruciate le loro case, le loro attività, i loro campi” (Dichiarazione di qualche mese fa di Abu Muhammed al-Adnani al-Shami, portavoce dello Stato Islamico).
L’unico modo per evitare attentati come quello compiuto ieri sera a Nizza, i quali proseguiranno per almeno altri 10 anni, sarebbe non partecipare alla guerra contro lo Stato Islamico.
Ho scritto 10 anni perché, sconfitto il prossimo anno o quello successivo lo stato islamico in Iraq o Siria – togliendo ad esso l’amministrazione delle città, Mosul e Raqqa in testa, risultato ottenibile soltanto bombardando, e così uccidendo, decapitando, squartando, facendo ardere vivi e lasciando senza case decine o centinaia di migliaia di civili sunniti iracheni e siriani – bisognerà poi sconfiggere la guerriglia che l’IS organizzerà e ha già organizzato: la guerriglia sarà almeno decennale.
Ma non accadrà che uno Stato occidentale rifiuti di partecipare alla guerra di aggressione contro lo Stato Isamico, perché non soltanto i vertici politici e militari degli stati aggressori ma anche la grandissima maggioranza dei cittadini di questi stati non sono disposti ad accettare il rischio che lo Stato Islamico vinca la guerra irachena o sia tra vincitori della guerra siriana (in realtà, se fosse tra i vincitori, poi si avrebbe un’altra guerra tra tutti gli altri vincitori, da un lato, e lo stato islamico dall’altro).
Quindi, non abbiamo scampo: ci dobbiamo “abituare” agli attentati terroristici, nel senso che dobbiamo dare per scontato che essi continueranno per molto tempo e che aumenteranno dopo che lo Stato Islamico avrà perduto Raqqa e Mosul. Abbiamo però una magra consolazione; sappiamo che lo Stato Islamico è impotente e che gli Stati Uniti, la Francia, il Belgio, la Russia, la Turchia, l’Iran, l’Iraq, la Siria, l’Egitto, ecc. ecc., complessivamente hanno ucciso, uccidono e uccideranno molti ma molti più civili dello Stato Islamico di quanti civili dei paesi che stanno aggredendo lo Stato Islamico sono stati e saranno uccisi da guerrieri o simpatizzanti isolati dello Stato Islamico.
Una guerra tra terroristi (gli Stati ricorrono ai bombardamenti che sono per loro natura terroristici e lo Stato Islamico ricorre agli attentati terroristici, non avendo a disposizione la possibilità di eseguire bombardamenti terroristici da aerei o elicotteri), nella quale i mezzi bellici dei barbari che perderanno (ma non è detto che la sconfitta militare, che ripeto non arriverà prima di 10 anni, comporti la sconfitta del fenomeno “culturale”, sul quale sarebbe ora che cominciassimo a riflettere) sono alla fine molto modesti rispetto a quelli dei barbari che vinceranno e nella quale il rischio di morire che corrono i civili degli Stati aggressori (tutti quelli che combattono lo Stato Islamico, esclusi l’Iraq, che invece è parte di una guerra civile, e la Siria, che è paese aggredito dallo Stato Islamico) è, per nostra fortuna, infinitamente inferiore al rischio di morire che corrono i civili dello Stato Islamico.
Il vaso di Pandora del terrorismo internazionale è stato rovescciato con l’invasione dell’Iraq, fortemente voluta dall’amministrazione Bush e da Blair.
Non ci resta che contenere i danni. Se fossimo un paerse sovranno potremmo evitare di farci coinvolgere in altre avventure militari e di essere invasi da persone delle quali non abbiamo alcun bisogno.