Con la politica della pietà è la politica che fa pietà
di Alain de Benoist Arianna editrice
Tocqueville osservava che «raramente nei secoli democratici gli uomini si sacrificano l’uno per l’altro», mentre «mostrano una generica compassione per ogni essere umano» (La democrazia in America). Osservazione giustissima, ma è incerto se tale tendenza si possa attribuire alla democrazia e alla «parificazione delle condizioni» che per Tocqueville le è connessa. Qui meglio invocare il ruolo della borghesia, il cui avvento ha emarginato sia valori aristocratici, sia valori popolari, sostituendoli con ciò che ancora Tocqueville chiamava passioni «debilitanti»: ascesa dell’egoismo, ansia di benessere, desiderio di sicurezza.
Il fatto è che negli ultimi decenni le passioni «debilitanti» sono cresciute,favorite dalla moda dell’ideologia dei diritti dell’uomo. Anche l’egoismo è presente, camuffato da umanitarismo, avvolto in un discorso che gronda piagnisteo, ottimismo, frasi fatte e buone intenzioni. Michel Maffesoli evoca nella République des bons sentiments (Editions du Rocher, 2008) la «dittatura» di questi ultimi, che «ogni giorno si riversano come un niagara d’acqua tiepida sulle masse». Constatato che l’ideologia dei diritti dell’uomo si declina ormai in ogni tipo di devozione; che con sempre maggior fervore si gonfiano ectoplasmi rimbombanti sotto le stesse parole; che da questo humus fioriscono i nuovi benpensanti, Maffesoli chiede: «Oseremo dire che questo moralismo è l’origine del rimbecillimento contemporaneo?».
Rimbecillimento di varie fonti. Una è l’incultura, crescente anch’essa, estesa a ogni livello e ambiente. Nella ragione commerciale, la pulsione di morte è sempre attiva, ma qui si tratta soprattutto di morte dello spirito. I ragazzi del maggio’68 erano in media più colti dei genitori, oggi è l’opposto. La crisi dell’istituzione scolastica è così nota che non vale ricordarla: da tempo la scuola non educa più e stenta sempre più a istruire. S’è diffusa l’idea che in fondo non serva imparare ciò che è senza uso pratico immediato e la sete di sapere s’è subito spenta. Nessuna curiosità, nessun interesse per ciò che è accaduto «quando io non ero ancora nato».
Perché sapere, del resto, se c’è Internet? Il neomoralismo è onnipresente. Nella campagna presidenziale del 1974, Valéry Giscard d’Estaing disse in tv: «Signor Mitterrand, lei non ha il monopolio del cuore!». Da allora tutti gareggiano nell’esibire il «cuore». Nell’ansia d’essere «quanto più vicini» alle «esigenze dei cittadini», gli uomini politici sanno cheil loro marchio dipende dalla capacità di sembrar sensibili a ogni tipo di disgrazia personale, delle quali in realtà s’infischiano totalmente. Alla minima catastrofe che abbia un’ecomediatica, i politici si precipitano ormai a esprimere «emozione».
Di colpo gli elettori li prendono come testimoni di qualsiasi difficoltà che capiti loro. Per Myriam Revault d’Allonnes, «negli studi tv il pubblico parla di problemi personali e ai candidati chiede empatia per preoccupazioni e miserie, sebbene extrapolitiche […]. Ognuno espone lamentele personali e lo spazio pubblico non è più il luogo dove cristallizzare l’opinione, cioè l’attenzione dei cittadini che si mobiliti su problemi giudicati essenziali per la comunità. È il luogo dove le singole esperienze si sommano e l’individualismo di massa trionfa».
L’invasione del campo politico a opera della compassione rivela anche che la sfera pubblica è sommersa dal privato. La generalizzazione dei buoni sentimenti accompagna e aggrava il ripiegamento sulla sfera personale. La vita politica passa così dalla parte di una «società civile» chiamata a partecipare alla «governance» attraverso «domande cittadine » senza più il minimo rapporto con l’esercizio politico della cittadinanza.
L’attualità si concentra sui grandi eventi emotivi (morte di Lady Di, liberazione d’Ingrid Betancourt), trattando lacrimosamente ogni dramma del pianeta. Il minimo incidente della vita quotidiana (tempesta, treno guasto, incidente stradale, violenza a scuola,ecc.) è pretesto per irruzioni di «unità di sostegno», che permettano ai «coinvolti» di non cadere in «depressione», di «elaborare il lutto» e «rialzarsi» in tempo minimo.
La parola d’ordine generale è compassione. Dal Telethon alle «marce per l’Alzheimer» sono innumerevoli le manifestazioni di «solidarietà» che sfociano regolarmente in sagre festose, un modo economico per avere una buona coscienza. Ci si diverte a un concerto rock? Lo si fa per i malati di Aids. Anche buone cause come rispetto della natura e degli animali finiscono così travolte dall’idiozia. I polli in batteria e gli animali d’allevamento sono trattati come cose da un’industria agro-alimentare dove la produttività è la regola, ma gli animali da compagnia,a partire da cani e gatti, sono oggetto d’attenzioni e agghindati (gioielli, profumi, perfino psicoterapia) in un modo che la dice lunga, più che sui loro bisogni reali, sui loro padroni.
Non si compra più nemmeno un golf senza trovarci un’etichetta a garanzia che diritti dell’uomo (e del bambino) sono stati rispettati fabbricandolo. Beninteso, l’uomo compassionevole non è necessariamente uomo che compatisce, come la moralina non è la morale e la sensibilità affettata non è sensibilità. Per avere amore (agapè) verso tutti, alla fine non se ne ha verso nessuno: ciò che si acquista inintensità si perde in estensione. Si cade allora nella posa vantaggiosa o nella petizione di principio. Nell’alibi e nella buona coscienza.
L’amore indifferenziato deriva surrettiziamente dalla preoccupazione di sé. Deriva da una forma d’«altruismo» che è solo egoismo camuffato. Maffesoli nota ancora: «Meno umanità c’è, più umanitarismo benpensante spinge la canzonetta di un umanismo meschino e sclerotizzato». Nel Saggio sulla rivoluzione, Hannah Arendt faceva una critica devastante della «politica della pietà», mostrando soprattutto che essa era il contrario di una politica sociale, anzi, semplicemente di una politica. Per Myriam Revault d’Allonnes, «con la politica della pietà il concetto di popolo cambia profondamente accezione e, per la Arendt, addirittura si snatura. Il popolo cittadino – quello che partecipa all’agire insieme, al potere in comune – diventa il popolo sofferente, quello degli infelici e delle vittime». Tale «popolo» non cerca più di mostrarsi come potenza politicamente sovrana, ma gareggia in vittimismo piagnone. Con la politica della pietà, è la politica che fa pietà.
un bell'articolo per esprimere un concetto ancora più semplice.
la compassione non è altro che il prezzo con cui le persone si mettono a posto la coscienza per le porcate che fanno.
questo concetto della compensazione, "ho fatto male a tizio" bene "tre pater-ave-gloria" e vai, libero , mondato da ogni rimorso.
nemmeno più il dovere di rimediare, sei perdonato e hai di nuovo una coscienza candida, immacolata, e ti fa comodo credere che sia così, perchè il male che hai fatto lo hai pagato troppo poco, e allora ti dimentichi persino che lo hai fatto.
quanti bambini muoiono nel mondo ogni ora ? bene una volta al mese do 10€ alla tal ONG, e non ci penso più, ma mi fa comodo vivere in questo sistema la cui ricchezza è pagata dalla povertà e dal malessere di milioni di altri esseri.
ma io ho fatto la mia beneficenza, e la coscienza è a posto, e posso non pensarci più.
questa ipocrisia installata nell'uomo moderno, che fa chiamare progresso lo sfruttamento di milioni di altri suoi simili, che li riduce alla fame per poterli sfruttare meglio, anche come cavie per le sue medicine sempre più sofisticate, che poi non gli dà, perchè devono costare tanto, perchè deve esserci un ritorno economico anche sulla sofferenza e sulla morte.
bisogna speculare sul grano, sugli alimenti per arricchire quei banchieri che prima causano i disastri poi occorre finanziare perchè "too big to fail" e questi, anzicchè metter la testa a posto , usano le risorse fornite per ulteriormente arricchirsi, e se interi popoli rischiano di morir di fame …. beh con un obolo la coscienza verrà tacitata.
watzlawick sosteneva che "il miglior perdono è la vendetta" e mi auguro di aver già lasciato questo mondo infausto, quando questi diseredati si ribelleranno…. perchè anche se saranno contro di me, non potrò che pensare che hanno tutte le ragioni per farcela pagare cara.
Alcuni esempi di buonismo:
La questua delle multinazionali
http://menici60d15.wordpress.com/2010/12/17/1735/
http://menici60d15.wordpress.com/2011/02/24/sperimentazione-animale-uno-spoglio-etico/
http://menici60d15.wordpress.com/2009/05/24/immigrati-la-pieta-coi-numeri-e-altre-forme-minori-di-pieta/