Lettera di un militante in cerca di alternativa
di Danilo Lolobrigida Megachip
Cara CGIL, sono un tuo iscritto e rappresentante sindacale da quasi 30 anni. Sono delegato RSU nell’azienda in cui lavoro, sono da tempo componente di direttivi territoriali di categoria e anche RLS. Sono un tuo appassionato militante, che mette il cuore e la mente nell’impegno di rappresentare i lavoratori nella maniera più onesta ed efficace possibile. Ho sempre creduto nei tuoi valori e porto con orgoglio il tuo distintivo e la tua bandiera. In questi anni ho partecipato a tutti gli scioperi e a quasi tutte le manifestazioni che hai indetto. È stato un grande impegno, che ho svolto con entusiasmo e determinazione, convinto che fossero tutte battaglie utili e necessarie per il bene dei lavoratori.
Venerdì 6 maggio vi sarà un nuovo sciopero generale indetto da te, con manifestazioni provinciali in tutta Italia. Ma, questa volta, non sarò in piazza e non sosterrò lo sciopero. Ho tre gravi motivi di dissenso che mi portano a questa scelta.
Le motivazioni dello sciopero generale sono sintetizzate da un manifesto, nel quale sono elencati 12 punti programmatici. Gli argomenti indicati sono importantissimi e apparentemente molto condivisibili: fisco più equo; sostegno alla scuola pubblica, all’università e alla ricerca; più welfare; tutela alle pensioni; tutela dei giovani; tutela delle donne; tutela del lavoro pubblico; accoglienza ai migranti; federalismo solidale; democrazia nei luoghi di lavoro. La tutela e la promozione di questi argomenti meritano certamente sostegno e forti azioni di lotta. Il problema è che si tratta di specchietti per le allodole.
Per rendere una lotta credibile è necessario individuare la causa del problema ed individuare il giusto avversario da affrontare. Quindi proporre delle azioni efficaci che possano produrre dei miglioramenti.
Oggi, cara CGIL, sembri non poter capire da dove realmente derivano i problemi, qual è il vero nemico da combattere e quali azioni permettono di ottenere delle soluzioni.
Il mio primo motivo di dissenso: non mi convince la sintetica analisi, presente nel tuo manifesto, che spiega le ragioni dei nostri problemi. In sostanza viene affermato che il peggioramento delle condizioni dei lavoratori italiani è causato dai 34 mesi del governo Berlusconi. Lasciando supporre che per raggiungere il miglioramento delle condizioni dei lavoratori sia sufficiente rimuovere il Caimano.
Questo assunto è completamente falso e fuorviante. In questi anni si sono cumulate numerose gravissime corresponsabilità della “sinistra”, dalla gravità almeno pari a quelle della “destra”. Ormai abbiamo appurato sulla nostra pelle che passando a un governo di centrosinistra i lavoratori non godono di alcun vantaggio.
Le condizioni dei lavoratori e dei cittadini sono infatti progressivamente peggiorate negli ultimi 25 anni, con particolare accelerazione negli ultimi 15. Certamente per gravi responsabilità dei vari governi Berlusconi, che hanno prodotto gravi danni non solo al mondo del lavoro, ma anche al sistema istituzionale e al livello etico del nostro Paese.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro, basta citare la legge 30, che ha istituzionalizzato un precariato privo di diritti, e il recente collegato lavoro che cerca di rimuoverne anche le tutele legali.
Ma le condizioni sono peggiorate anche a causa dei vari governi di centrosinistra degli ultimi anni: Prodi, D'Alema, Amato, Ciampi, Dini; ognuno ha prodotto qualche grave danno. Per non parlare dei passati governi del centrosinistra socialista degli anni’80 e inizio ’90, l’epoca di Craxi e del CAF. Tutti governi che hanno inserito, spesso per primi, modifiche alla legislazione che hanno un poco per volta portato alla riduzione dei diritti e del livello retributivo dei lavoratori italiani, in nome del libero mercato e della globalizzazione capitalista, secondo le regole dettate di volta in volta dal libro bianco di Delors alla metà degli anni ’80, dall’accordo di Maastricht dei primi anni ’90 e dall’Unione Europea negli anni 2000.
In questI risultati la “sinistra” ha responsabilità almeno pari a quelle della “destra” e una colpa etica enormemente più grave, avendo totalmente tradito i propri principi fondanti, da forza emancipatrice della classe lavoratrice, a fedele esecutrice delle regole antisociali dettate dal liberismo capitalista e dalla società di mercato. Il tutto rappresentandolo con la falsità intellettuale del “male minore” e della inesistente e mai applicata possibilità di esercitare determinanti correzioni positive in termini sociali. Una visione mitica del tutto irrealizzabile, mantenendosi all’interno delle regole dettate dal grande capitale internazionale.
Quanto alla “sinistra” cosiddetta “radicale”, ha inscenato molte proteste, sostenendo spesso la bandiera di temi importanti, ma nei fatti ha spesso finito con l'adeguarsi alle azioni della “sinistra” “moderata”, quindi anch’essa si è vincolata al “male minore” e al “meno peggio”. Un banale esempio: la “sinistra” e il centrosinistra hanno fortemente contestato la legge 30 promulgata dal governo Berlusconi, ma quando l’ultimo governo Prodi è andato al potere la legge 30 è stata mantenuta tale e quale, a parte un lievissimo ritocco. Dopo anni di dichiarazioni e di manifestazioni (e di salotti televisivi) si è quindi manifestata l’incapacità della “sinistra” “radicale” di produrre risultati percepibili, ha anzi finito con l'accettare scelte del tutto opposte ai principi dichiarati (come il rinnovo della presenza militare in Afghanistan), il che ne ha provocato l’irrimediabile crollo di credibilità.
Intendiamoci, liberarsi di questa destra eversiva, del Caimano e del “bunga-bunga” costituirebbe un enorme miglioramento etico, istituzionale e di presentabilità nazionale ed internazionale per il nostro Paese, ma dal punto di vista pratico, nella politica economica, nel lavoro e nel sociale, non otterremmo nessuna variazione sostanziale a favore dei lavoratori e dei cittadini italiani.
“Sinistra” e “destra” sono ormai da anni completamente svincolate dalle ideologie e dai valori di origine, professati fortemente a parole, ma per nulla applicati nei fatti. “Sinistra” e “destra” da tempo rappresentano gli stessi interessi, magari di lobby contrapposte, ma tutte appartenenti a gruppi dominanti di potere economico. Interessi estranei e spesso opposti a quelli dei lavoratori.
Come ho avuto occasione di dichiarare in più di un direttivo e anche all'ultimo congresso, i lavoratori oggi sono completamente privi di rappresentanza politica. Centrosinistra e "sinistra" non ci rappresentano. Questo punto avrebbe dovuto essere incluso nel manifesto, in quanto aspetto determinante dell'analisi.
Il mio secondo motivo di dissenso: il citato manifesto propone come soluzione unica a ogni problema il dover creare le opportunità di nuova “crescita” e “sviluppo”.
Che la “crescita” e lo “sviluppo” siano ancora realmente possibili e che offrano opportunità di miglioramento per i lavoratori è uno dei dogmi completamente privi di contenuto di questa epoca di follia. E’ proprio lo sviluppo e la crescita infinita del PIL l’origine del problema. Quindi puntare ad aumentare crescita e sviluppo non può costituire alcuna soluzione, ma solo il peggioramento della stessa condizione. Anche Robert Kennedy, poco prima di essere ucciso, affermava che la crescita del PIL non poteva rappresentare il benessere e la cultura della popolazione.
E’ dimostrato dai fatti che l’enorme incremento produttivo ottenuto negli ultimi 40 anni nel pianeta non abbia portato aumento occupazionale, che è anzi percentualmente diminuito rispetto al crescere della popolazione. Come è anche dimostrato che a partire dagli anni ’80 sono progressivamente calati il livello retributivo in termini di capacità di acquisto, la tutela dei diritti e lo stato sociale. Mentre sono cresciuti enormemente il profitto del grande capitale e le remunerazioni dei top manager.
Più crescita e più sviluppo significano più mercato, più liberismo, più globalizzazione e significano diminuzione dei diritti e delle retribuzioni, più diseguaglianze sociali, più povertà, più sfruttamento, più inquinamento, più CO2, più consumo di energie non rinnovabili, più automobili, più rifiuti, più cementificazione, distruzione delle condizioni di vita del pianeta, progressiva distruzione della nostra cultura e civiltà.
Dovrebbe essere evidente l’obbligo di dover rispettare un elementare principio della fisica: non è possibile una crescita infinita in un ambiente dotato di una quantità finita di risorse. Il pianeta Terra ha risorse limitate e ne abbiamo già da anni oltrepassato il limite: stiamo cominciando ad esaurire le risorse energetiche non rinnovabili; a rendere eccessiva la quantità di CO2 e di gas serra emessi nell’atmosfera, provocando il progressivo innalzamento della temperatura globale; a produrre una quantità eccessiva di rifiuti e di agenti inquinanti immessi nell’aria, nella terra e nell’acqua, rendendo sempre più impossibile il naturale recupero ambientale, degenerando progressivamente ed irrimediabilmente le risorse indispensabili alla nostra sopravvivenza.
Quando parliamo della crescita e dello sviluppo infiniti di una società capitalista globalizzata dobbiamo immaginare un soggetto dalle stesse caratteristiche di un tumore. In natura la crescita infinita delle cellule viene provocata dal cancro e alla fine, se non bloccata, porta al decesso di chi ne è affetto. Rischiamo di essere uccisi dal cancro della crescita infinita. Lo sviluppo ci ucciderà. Non si tratta di una cura alla crisi, ma di una malattia letale.
Proporre come soluzione ai problemi dei lavoratori la crescita e lo sviluppo, tipici dogmi del capitalismo liberista, ripetuti ipnoticamente dai fedeli sostenitori di “destra” e di “sinistra”, corrisponde a voler spegnere un incendio in una raffineria gettandovi sopra ettolitri di benzina.
Il nemico vero da affrontare è infatti proprio il sistema capitalista, che invece ormai la “sinistra”, anche buona parte di quella “radicale” accetta come inevitabile. L’altro dogma di questi tempi è che non possa esservi alternativa al capitalismo, il T.I.N.A. (there is not alternative), anch’esso ripetuto come un mantra, va una volta per tutte confutato. L’alternativa al capitalismo non solo è possibile, ma è soprattutto necessaria e va cercata e perseguita con determinazione.
Per contrastare il capitalismo, è necessario intraprendere un percorso di decrescita, che non corrisponde a un abbassamento del livello di civiltà, o di fame e disperazione, bensì l’opposto. E’ il rinascimento della cultura, della civiltà e del benessere dell’Uomo, contro la religione del mercato e del profitto. E’ una sana e necessaria scelta di sobrietà dei consumi; di riduzione della produzione di merci, orientandosi piuttosto verso la produzione di beni e servizi; verso la riduzione degli orari di lavoro; verso lo Stato e il pubblico; verso l’attenta tutela dell’ambiente; verso una visione “ecologica” ad ampio spettro: ambientale, culturale, spirituale ed umana. Una grande scelta globale di sobrietà e di recupero etico. Negli ultimi anni in cui vi è stata una sinistra riconoscibile come tale, all’inizio degli anni ’80, Enrico Berlinguer, l’ultimo grande leader di sinistra italiano, lanciò i temi dell’”austerità” e della “questione morale”. Berlinguer aveva intuito con grande anticipo i temi giusti. Oggi è necessario riprenderli e svilupparli. Austerità e questione morale. Eticità e decrescita.
Il mio terzo motivo di dissenso: questo sciopero generale viene deciso a mesi di distanza da quando sarebbe effettivamente servito, quando furono colpiti i lavoratori FIAT e la FIOM, quando il ricatto di Marchionne è stato esercitato sui lavoratori e quando il rispetto dei diritti, delle tutele e delle regole è stato completamente ignorato. Una serie di atti di enorme gravità sociale e politica. Fatto da un manager che gode molta simpatia nel centrosinistra.
Avremmo dovuto fare lo sciopero generale allora, come ci chiedeva la FIOM, e non lasciare che tale fondamentale pezzo della CGIL lottasse da sola contro un nemico solo apparentemente italiano. In quell’occasione l’atteggiamento della CGIL avrebbe dovuto essere molto diverso, attivandosi da subito in difesa di una delle proprie categorie più importanti, colpita da un attacco inaudito.
Invece si è scelto di non agire, decidendosi a farlo solo alcuni mesi dopo, a poco meno di una settimana dal voto amministrativo. La sensazione che lo sciopero posto in tale data sia un tentativo di dare visibilità e sostanza, nell’imminenza del turno elettorale, al fallimentare e mistificatorio centrosinistra, non molto migliore della destra di Berlusconi, appare più che una certezza.
Per tutti questi motivi sono contrario allo sciopero e alla partecipazione alla manifestazione, azioni incapaci, in quest’ottica, di promuovere delle vere iniziative per migliorare le condizioni dei lavoratori.
Cara CGIL, credi nelle parole di un tuo vecchio e appassionato militante, se vuoi evitare di essere conformata agli interessi del Capitale e continuare la tua gloriosa storia centenaria di combattente in sostegno dei lavoratori, dovrai presto cambiare visione ed azione, superare i dogmi e le abitudini, rifiutare il Pensiero Unico, sciogliere un po’ di ruggine e cercare una soluzione alternativa al sistema socio-economico capitalista.
Danilo Lollobrigida. Iscritto, militante e rappresentante CGIL
Definirei questa testimonianza col termine "confortante", perché dimostra che le tesi di Uniti e Diversi possono trovare un terreno fecondo su cui attecchire: c'è tutta un'area che non ne può più di questo sistema e della vecchia sinistra, un'area che cerca strade nuove. Purtroppo questa consapevolezza è diffusa soprattutto in generazioni non più giovani. I pochi giovani disposti a mobilitarsi sono attratti da Cinquestelle, con cui sarà necessario cercare convergenze. L'unica riserva che ho sull'articolo è l'elogio di Berlinguer, ma si tratta di un dettaglio.