Nostalgici e sciacalli
di Alessandro Bolzonello
Non mi coinvolge l’esultanza per la morte di Bin Laden, neppure il clamore per la beatificazione di Giovanni Paolo II°, non mi emoziona il wedding reale d'Inghilterra. Sento lontane queste celebrazioni, ancorate ad un passato che non ha futuro. C’è bisogno d'altro.
Evocativa è la vignetta riportata a fianco. L’individuo rimane inevitabilmente radicato alla sua storia e, come sostiene W.B. Arthur, dipende molto dal cammino (path dependance). È decisivo ciò che ognuno ha attraversato lungo la sua via: gli odori, l’aria, il clima e con questi le emozioni scaturite dallo stare dentro i personali e collettivi eventi vissuti. Insomma, una volta messe radici, viene assunto un punto di vista partigiano di vedere se stessi e tutto quello che sta attorno. Ciò vale anche per le vicende della collettività, per le epoche della storia.
Il Novecento occidentale ha sviluppato il suo punto di vista a partire dall'esperienza nazi-fascista. Le ideologie, i valori, gli ordinamenti nazionali e internazionali sono stati forgiati a partire da quell’esperienza. Ecco per noi italiani l'ordinamento costituzionale.
Questi presupposti stanno venendo meno insieme a coloro che hanno messo radici in quegli anni (una stretta cerchia di ultraottantenni). Con costoro stanno svanendo i riferimenti valoriali, ideologici e culturali che reggono gli assetti istituzionali. Rimangono, come in una sorta di trascinamento, le 'forme' per lo più svuotate, anacronistiche.
Il dettato costituzionale, benché rimanga ‘bello e buono’, presenta molteplici incongruenze con la realtà: si ripudia la guerra mentre si combatte in svariati fronti; si afferma il valore del lavoro contestualmente ad una progressiva sua deregulation; si afferma l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge mentre si smantella l’assetto giudiziario. L'ordinamento costituzionale perde la sua intoccabilità e pullulano le proposte e i tentativi di riforma, benché velleitari, maldestri, spesso strumentali.
Nella dicotomizzazione di ogni cosa prevalgono due posizioni: la difesa nostalgica e sterile di ciò che è stato rilevante e l’ambizione a cambiare tutto a tutti i costi riuscendo solo ad ottenere lo svuotamento dell’esistente, anzi spesso risultando mera azione di sciacallaggio. Posizioni incapaci da dare valore, che scivolano nella superficialità e nella banalità.
È più utile e fruttuoso fare un passo indietro. Avere meno certezze. Provare a riconoscere ciò che è stato e, contestualmente, rimanere aperti e recettivi nei confronti dell’emergente, di ciò che spontaneamente si sviluppa.
Provo, nel mio piccolo, a mettermi in questa posizione attendendo i segnali, anche flebili, e predisponendomi ad accoglierli ed alimentarli. Ma soprattutto provando ad amare la realtà, per quella che è.
"rimanere aperti e recettivi nei confronti dell’emergente, di ciò che spontaneamente si sviluppa"
Aperti sempre, se significa voler capire e stare in questo mondo. Recettivi talvolta. Dopo che si è riflettuto e si è scelto di "accettare" in tutto o in parte il principio, il valore, la gerarchia assiologica, la scelta fondamentale.
Dubito però che esistano principi, valori, gerarchie assiologiche, scelte fondamentali che si "sviluppano spontaneamente" e che "emergono" come dal nulla: senza causa; sensa l'atto volitivo di una volontà agente; senza ragione; senza interesse, senza essere corollari di altre scelte.
Nulla emerge dal nulla. Tutto dipende da tutto.
Gli uomini e le donne si collocano dentro uno specifico contesto, un ‘territorio’ fisico e culturale. Acquisito, non scelto.
Questo determina condizioni che si possono coniugare o meno con l’individuo.
‘Metterci del proprio’ in un contesto presuppone:
+ l’individuo ha la possibilità di dare un contributo (cosa non scontata),
+ il ‘territorio’ è fertile ed accogliente.
Ma c’è anche un altro punto decisivo: la capacità di sintonizzare se stessi con il contesto di riferimento (che non è necessariamente un atto di comprensione razionale).
Sono convinto che la condizione necessaria per fare questa operazione – e arrivo al punto – non è solo una buona analisi, ma accogliere la realtà per quella che è, rischiando di amarla, anche nelle sue contraddizioni, nelle sue ipocrisie, nelle sue nefandezze, nelle sue assurdità … che non vuol dire accettarle.
Ora rischio la provocazione: non si può fungere da ‘buoni’ agenti del cambiamento se prima non si ama ciò che c’è, soprattutto ciò che si desidera cambiare.
@ Alessandro
scrivi:"Il dettato costituzionale, benché rimanga ‘bello e buono’, presenta molteplici incongruenze con la realtà:…….."
forse quel dettato costituzionale è sempre e solo stato fumo negli occhi di coloro che, cercando un vivere civile, volevano crederci.
forse basterebbe regalare a tutti, soprattutto ai nostri governanti, un dizionario della lingua Italiana, e pretendere che lo rispettino.
certo che se poi non si capisce che portare un mentitore spudorato al massimo livello dello stato, non migliora la convivenza civile, non crea le basi per credere nelle norme e nelle leggi, non ce la si può anche prendere con cosa sta scritto, se poi nei fatti lo si ignora.
la menzogna eretta al ruolo di arroganza del potere, questo è stato accettato. da chi l'ha voluto, ma anche da chi l'ha subito senza reagire.
ed oggi ci domandiamo se le norme, le leggi, hanno ancora un senso ?
no una sola legge ormai vige, ed è quella del più forte.
@ Alessandro Bolzonello
dice:" non si può fungere da ‘buoni’ agenti del cambiamento se prima non si ama ciò che c’è, soprattutto ciò che si desidera cambiare"
credo di capire ciò ch eintende,ma se posso , eventualmente arrivare ad amare le persone, non credo, e non credo nemmeno opportuno, amare quegli atti che da certe persone derivano.
da cui posso combattere dei comportamenti, opponendomi ad essi, pur non arrivando a odiare le persone che li hanno messi in atto.
mi sembra un paradosso, poter cambiare qualcosa che si ama. se l'amore è rivolto alla realtà constatabile, allora quale sarebbe poi lo stimolo al cambiamento ?
Andrea,
io non riesco a separare la persona dai suoi comportamenti: ritengo che ogni individuo sia anche e molto ciò che fa. I motivi che spingono e portano una persona ad assumere una posizione, ad agire in un certo modo sono difficilmente spiegabili, molto dipende dalla storia di quella persona che crea nel corso del tempo una 'economia psichica' per cui agire in un determinato modo assume sicuramente un valore.
Non vedo paradossi tra l'amare e l'azione del cambiamento, a patto di interpretare il concetto di 'cambiamento' in termini evolutivi, di sviluppo e non di atto redentivo, di passaggio tra 'giusto' e 'sbagliato'.
Un caro saluto.
Caro Alessandro,
credo di aver compreso ciò che dici. E persino di condividere. Soltanto che io tengo sempre separati i due piani. Il piano personale e il piano politico.
Sotto il profilo personale sto bene sempre, in ogni luogo e con ogni persona. E' passato il tempo in cui "mi innamoravo di tutto" ma non sto mai male.
Non ho però alcuna tendenza ad interessarmi in linea di principio a ciò che "emerge" in società. Così mi capita di scoprire mode oggetti e novità dopo dieci anni dalla loro venuta ad esistenza.
Non faccio la predica a colui che crede che "tutto è possibile", che i dipendenti "devono esserre autonomi e rispettare le consegne", che tutto dipende dall'autostima, che è possibile apprendere a "saper essere" e "saper fare". So che esistono queste persone. Che da qualche parte sono venuti fuori. Che fino a qualche tempo fa molti giovani laureati si facevano abbindolare da sofismi, menzogne e contraddizioni che un uomo incolto e saggio di ieri avrebbe saputo smascherare agevolmente. Tuttavia, se è un mio caro, provo a spiegargli che sta sbandando. Se è una persona conosciuta casualmente provo tenerezza e magari lancio una frecciatina per sollevare un dubbio. Se è uno che mi sta facendo lezione sono felice (perché lo disprezzo). Questo amore per la vita; questo stare tranquillamente assieme a diffusori di religione manageriale, non toglie che io sia favorevole ad eliminare il marketing e parecchie disciplina aziendalistiche dal novero di quelle insegnabili nell'università. Sarei favorevole ad una trasmissione televisiva ironica, settimanale, sulla rete pubblica, in prima serata, che sbeffeggi filosoficamente le "teorie" manageriali.
Come vedi non si tratta nemmeno di essere nostalgici. E' una nostalgia del futuro.
Provo a controargomentare: l'azione perfetta è dettata dall'indifferenza, non dall'amore.
Qualsiasi forma di attaccamento (come l'amore, o l'odio) spostano il baricentro delle azioni. La grande ed ancora incompresa lezione del nichilismo è proprio questa.
Il degrado che oggi investe la nostra società deriva dall'avere spostato quel baricentro. Ogni guerra lascia dei vuoti enormi, la SGM più di altre con i suoi 50 milioni di vittime. Vuoto, nihil. Si ripensa tutto, e nulla ha più valore come prima. Oggi invece siamo bombardati da eccessivi valori, quantitativi e qualitativi. Il nihil postbellico è definitivamente sepolto. E' arrivato il tempo di amare, di marcare il territorio con le nostre amorevoli urine. Sparito il senso di sgomento, sotterrato sotto le montagne di rassicuranti gadget postmoderni. I campi di sterminio (Dio dovrà darmene spiegazione, un giorno-anonimo) sono stati sostituiti da amorevoli lager commerciali (aperti anche la Domenica-anonimo), dove ciò che è sempre stato (fosse anche il caldo estivo o il freddo invernale) viene definitivamente sconfitto per consegnarci un amorevole vuoto esistenziale a temperatura costante.
Occorre ritrovare la voglia di osservare il nihil, e non è una questione di amore. Si tratta solo di coraggio. Quel coraggio che un mondo vile esita a promuovere, e anzi osteggia apertamente, in quanto non funzionale al sistema. Meglio l'amore di Madre Teresa quindi, ed i suoi falsi miracoli. Quelli sì che funzionano bene.
Caro Alessandro,
intervengo soltanto per precisare che il mio esempio, relativo alla sofistica manageriale, non aveva nulla di personale – visto che tu in qualche modo ti occupi di rapporti con il personale -; era invece dovuto al fatto che sto leggendo il libro di Michela Marzano, Estensione del dominio della manipolazione – Dall'azienda privata alla vita, Milano, 2009. Libro di grande valore che ti segnalo.