L'uccisione di Osama Bin Laden: riflessioni su un simulacro
di Stefano D’Andrea
L’evento che si è verificato pochi giorni or sono e relativo alla pretesa uccisione di Osama Bin Laden è un evento mediatico. Un simulacro. E come tale un evento reale.
L’evento mediatico è che gli Stati Uniti sostengono di aver ucciso Osama Bin Laden. Non che abbiano ucciso Osama Bin Laden. Bensì che gli Stati Uniti sostengano di aver ucciso Bin Laden. Questo è l’evento intorno al quale e per mezzo del quale, ad una prima impressione, è possibile ragionare. L’unico vero evento è un simulacro. Non vi è altro. Proverò a interrogare l’evento mediatico dapprima in ordine al problema se Osama Bin Laden sia vivo o morto, successivamente su alcune verità delle quali è rivelatore in ordine alla politica statunitense.
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Il simulacro e il problema se Osama Bin Laden sia vivo o morto
Proviamo ad abbozzare un ragionamento intorno all’evento mediatico. Verrebbe da ipotizzare: se gli Stati Uniti hanno dichiarato che hanno ucciso Osama Bin Laden, non è possibile che abbiano rischiato di essere sbugiardati; perciò, o lo hanno ucciso ora o sono assolutamente convinti che era morto prima (per averlo ucciso o perché persuasi da persone che hanno rivelato che sarebbe morto).
Eppure le cose non sono così semplici. Nemmeno questo elementare ragionamento – che io stesso avevo svolto appena appreso l’evento mediatico – è un vero ragionamento, perché è pieno di buchi.
In primo luogo, che significa “assolutamente convinti che era morto prima”? Ciascuno di noi talvolta è stato assolutamente convinto di qualche cosa che si è rivelato falso. Potrebbe accadere anche agli Stati Uniti in questo caso. Questa non è, a rigore, una falla del ragionamento; bensì una precisazione. La conclusione del ragionamento non è che “a questo punto è certo che Osama Bin Laden è morto” (a questa conclusione sono giunti quasi tutti e nell’immediato anche il sottoscritto); bensì “a questo punto è certo che Osama Bin Laden è morto, salvo che gli Stati Uniti si siano sbagliati o siano stati tratti in inganno circa il fatto che Osama Bin Laden fosse morto prima del blitz”.
In secondo luogo, non si può escludere che gli Stati Uniti abbiano consapevolmente voluto rischiare di essere sbugiardati. Insomma, gli Stati Uniti potrebbero anche non essere stati convinti al cento per cento che Osama Bin Laden fosse morto. Intanto hanno voluto attribuire a se stessi una vittoria sul piano della propaganda. Se in seguito, per caso, si facesse vivo il vero Osama Bin Laden, allora avrebbero tanti modi per porre rimedio alla apparente debacle. Immaginate che nei prossimi giorni venga diffuso un video con audio; e che i più, tenendo conto dei caratteri fisionomici del protagonista, considerino il video come “autentico” (un video autentico è una contraddizione in termini). E immaginate che anche voi ammettiate che “sembra proprio il Bin Laden del 2001”. Cosa potrebbero dire gli Statunitensi? Come potrebbero giustificarsi?
Sebbene a prima vista possa apparire paradossale, gli Stati Uniti potrebbero giustificarsi in tanti modi: i) potrebbero dire che avevano perso completamente le tracce dello Sceicco e volevano che Osama Bin Laden “uscisse allo scoperto” (uscire allo scoperto per mezzo di un video è un’altra contraddizione in termini); ii) potrebbero dire che quello che hanno ucciso era un sosia e che fin dall’inizio lo avevano scoperto mediante la prova del DNA; iii) potrebbero negare, invocando l’opinione degli “esperti”, che il personaggio del video che a tutti sembra Osama Bin Laden sia effettivamente lo Sceicco. Nel primo caso, la maggioranza dell’opinione pubblica crederebbe che gli Usa hanno fatto bene e che infatti Osama Bin Laden è uscito allo scoperto. Nel secondo, per gli Stati Uniti sarebbe altrettanto facile giustificare la menzogna sul DNA di Bin Laden, sempre accampando la pretesa di voler far uscire quest’ultimo allo scoperto. Nel terzo caso, la maggioranza dell’opinione pubblica crederebbe agli Stati Uniti e “agli esperti”, così come crede a Stati Uniti ed esperti quando essi presentano come autentici video in cui compare una persona che ictu oculi non è Osama Bin Laden.
Insomma, la premessa del mio ragionamento era sbagliata, perché dava per certo ciò che non era certo. La premessa che avevo enunciato era: “se gli Stati Uniti hanno dichiarato che hanno ucciso Osama Bin Laden, non è possibile che abbiano rischiato di essere sbugiardati”. Al contrario, è vero che “il fatto che gli Stati Uniti abbiano dichiarato di aver ucciso Osama Bin Laden può significare anche che abbiano voluto conseguire una vittoria nella guerra della propaganda, rischiando di essere sbugiardati, certi che il dominio dei media consentirebbe in molti modi di riparare all’apparente smascheramento” (lo smascheramento, che per principio dovrebbe sempre essere reale, sarebbe soltanto apparente. Quante sono le contraddizioni in termini quando si ragiona sulla realtà mediatica!).
In terzo luogo, alla luce delle considerazioni testé svolte, non si può escludere nemmeno che gli Stati Uniti abbiano dichiarato di aver ucciso Osama Bin Laden pur nella assoluta consapevolezza che quest’ultimo sia vivo. Se quest’ultimo apparisse in un nuovo video, lungi dall’essere sbugiardati, avrebbero raggiunto il loro obiettivo: “fare uscire Osama allo scoperto”.
L’evento mediatico, dunque, non consente di svolgere alcun ragionamento sul problema se Osama Bin Laden sia vivo o morto. Tutto rimane come prima. L’evento mediatico non incide sul “problema” – ammesso che sia un problema – se Osama Bin Laden sia vivo: non consente alcun ragionamento, nemmeno quel ragionamento elementare che inizialmente sembrava plausibile.
Le verità rivelate dal simulacro
Il simulacro è reale e si pone sul piano della realtà mediatica. E’ un vero evento. Un evento reale. Gli Stati Uniti sono i principali fabbricatori della realtà mediatica. Perciò ragionando sull’evento mediatico si ottengono molte verità. Queste verità riguardano gli Stati Uniti che sono gli autori dell’evento. L’evento mediatico, per la natura di simulacro, mente su tutto. Confonde realtà e finzione o meglio elimina la distinzione tra esse. Mente su tutto tranne sull’autore o sugli autori dell’evento, quando, come in questo caso, si sa con certezza chi essi siano. Qui sta la verità di cui è portatore. L’evento mediatico è in grado di dirci qualche cosa soltanto sugli autori che lo hanno creato.
L’evento mediatico rinforza la ideologia statunitense: dà per scontato e conferma che gli islamisti internazionalisti sono puri e semplici terroristi (tesi sostenuta dai vertici Statunitensi). Questa tesi è accolta da tutti. Persino da coloro che contestano in uno o altro modo la versione ufficiale dell’attacco alle torri gemelle. E persino da coloro che hanno ammirato la resistenza “laica” del popolo iracheno e quella dei partigiani talebani.
L’evento mediatico testimonia che gli Usa non rispettano la sovranità nemmeno di uno Stato come il Pakistan, dotato di arsenale atomico. L’evento mediatico è di per sé un attacco al Pakistan; una sfida; quasi una dichiarazione di guerra.
L’evento mediatico è l’occasione perché si manifesti il “generale consenso” (da parte dei media e dei centri di potere subordinati) alla politica degli Stati Uniti. Infatti, tutti sono felici dell’impresa. Tutti si congratulano.
L’evento mediatico è anche l’occasione perché si manifesti non tanto il perdono, bensì la “comprensione” per l’aggressione perpetrata al Pakistan. Nessuno si interessa alla violazione della sovranità del Pakistan, se non voci isolate che esprimono”il timore” che il Pakistan reagisca, o meglio che in Pakistan prevalgano politici che, al prestito del denaro statunitense, preferiscano: i) ridurre i morti di una guerra che in tre anni ne ha già provocati oltre trentamila; e comunque ii) l’onore del popolo Pakistano.
L’evento mediatico è la legittimazione degli “effetti collaterali” degli omicidi voluti e perpetrati dagli Stati Uniti (e dai loro alleati), anche se questi effetti colpiscono bambini. Come nessuno si è indignato per l’uccisione dei tre nipoti di Gheddafi (che sembrerebbe essere un evento reale) e del bombardamento della scuola libica per bambini down, allo stesso modo nessuno si è indignato per i bambini presenti nel luogo del presunto blitz che avrebbe condotto all’uccisione dello Sceicco; bambini che sono vittime, per essere stati uccisi o feriti o anche soltanto per aver assistito ad uccisioni. L’imbarbarimento delle coscienze è reale. E gli statunitensi sono i nuovi barbari.
L’evento mediatico dell’uccisione di Osama Bin Laden consente agli Stati Uniti di mostrare come essi creino la realtà “giocando” con il mondo. Facendosi beffa dei critici, che perdono tempo a smascherare la “versione ufficiale” dell’evento, versione ufficiale che questa volta nemmeno esiste: l’elicottero è stato colpito ed è andato in avaria; Bin Laden era armato ed era disarmato; ha utilizzato e non ha utilizzato la moglie come scudo umano; è stato ucciso dopo essere stato catturato e non è mai stato catturato prima di essere ucciso; dalla casa bianca hanno assistito in diretta e non hanno assistito in diretta al blitz; le foto del cadavere le mostreranno e non le mostreranno; la prova del DNA è stata effettuata in tempo reale e non è mai accaduto che la prova del DNA sia stata effettuata in tempo reale; la prova del DNA è certa al 100% ed è certa al 99,99%; il cadavere è stato gettato in mare secondo il rito dell’islam ed è stato gettato in mare violando i precetti dell’islam. Sono proprio i “critici dell’informazione” che stanno al gioco e perdono tempo a smascherare la maschera – che è simulacro e realtà mediatica e dunque realtà – a perdere la partita. Essi accettano il gioco statunitense e quindi perdono in partenza.
Se l’evento mediatico è in grado di dirci le verità segnalate – verità tutte estranee al problema se lo Sceicco sia vivo o morto e tutte interne alla logica di potere statunitense – allora è necessaria una presa di posizione dei popoli europei. Gli Stati Uniti creano una realtà e giocano con le vite delle persone e dei popoli. L’attacco delle forze del Male è stato lanciato. La vicinanza temporale di due atti di straordinaria violenza (l’aggressione alla Libia e al Pakistan) deve destare preoccupazione nelle coscienze europee. E’ giunto il momento di lasciare gli Stati Uniti al loro destino, se vogliamo sottrarci alla logica di potere statunitense ed evitare di correre il rischio di essere trascinati in una guerra mondiale. Ormai gli Stati Uniti e la NATO hanno piani più aggressivi e criminali della Germania Nazista. Oggi una forza politica italiana sana è necessariamente antistatunitense e per l’uscita dell’Italia dalla NATO. Non c’è più possibilità di mediazione: o con gli Stati Uniti o contro gli Stati Uniti, per la pace tra i popoli e il rispetto delle sovranità nazionali.
Sono completamente d'accordo con l'autore di questo articolo, sorattutto con le sue conclusioni. Aggiungerei che non dovrebbe chiedersi solamente l'uscita dell'Italia dalla Nato e dal raggio di azione degli Stati Uniti, ma l'uscita dell'intera Europa, senza la quale l'Italia non può sopravvivere. Si dirà che non lo farà mai, ma questo è vero anche per l'Italia. Una forza politica che si opponga veramente dovrebbe assumere questa volontà e imbracciare questo vessillo.
"L’ evento mediatico rinforza la ideologia statunitense: dà per scontato e conferma che gli islamisti internazionalisti sono puri e semplici terroristi (tesi sostenuta dai vertici Statunitensi). Questa tesi è accolta da tutti. Persino da coloro che contestano in uno o altro modo la versione ufficiale dell’attacco alle torri gemelle. E persino da coloro che hanno ammirato la resistenza “laica” del popolo iracheno e quella dei partigiani talebani."
Sentendomi chiamato in causa, provo brevemente a replicare. Che l'Islam politico faccia uso di atti terroristici non se lo sono inventati gli americani, ma è un fatto acclarato dall'evidenza storica. Dalle Filippine all'India, dallo Yemen all'Algeria alla Cecenia siamo in presenza di gruppi che considerano la violenza non come l'estrema ratio, come i giacobini, ma come loro caratteristica peculiare, come i sanfedisti o i fascisti. Che la loro opera possa contribuire alla liberazione di quella parte di mondo dall'imperialismo è quantomeno discutibile. In particolare, Usama Ben Laden ha collaborato con gli Stati Uniti in Afghanistan, in Bosnia e in Kosovo; inoltre, in occasione della seconda guerra del golfo (1991), tra l'Iraq socialista e le infami petro-monarchie arabe il Nostro non ha avuto alcun dubbio, schierandosi con quest'ultime. Chi non vorrebbe un nemico così? Concludo sulla questione della resistenza iraqena. è improprio parlare di resistenza "laica", in quanto l'idea di laicità è estranea al mondo arabo. La laicità è l'attegiamento proprio di un ordinamento che prevede la separazione tra Stato e Chiesa, entrambe entità sconosciute (specie la seconda) alla tradizione araba. Tutte le componenti della resistenza iraqena si richiamano sovente ad Allah; il problema, fino a qualche anno fa, era costituito da alcune fazioni, guidate evidentemente da psicopatici, che in nome della "purezza" sunnita si dedicavano, più che a combattere gli occupanti, a far strage di civili di altre confessioni. In ciò dette fazioni costituivano il contraltare delle terribili milizie sciite, le quali, al soldo di Teheran e in collaborazione con Washington, hanno tentato, a suon di atrocità, di deviare la popolazione iraqena dalla guerra di liberazione alla guerra settaria.
Non eri stato chiamato in causa e per rispondere dovrei scrivere un post diverso e ulteriore a quello che ho scritto. Hai segnalato una lacuna che colmerò
Modifico il commento, aggiungendo che ho scritto di “puri e semplici terroristi” e non avevo negato il terrorismo. Anche gli stati uniti e isralele secondo me non sono puri e semplici terroristici. Sono sicuro che anche secondo te non sono puri e semplici terroristici.
se scrivendo di "stati uniti" riusciremo , prima o poi fare distinzione tra governo degli S.U. e popolazione degli S.U. che nella teoria dovrebbe essere un tutt'uno ch eidentifica , col territorio, l'essenza dello "Stato", cominceremo finalmente a capirci qualcosa.
nello stesso modo con cui si comincerà a capire qualcosa se si riuscirà a separare alcune "organizzazioni fondamentaliste islamiche" dai paesi e dalle popolazioni islamiche.
l'abitudine ormai invererata diconsiderare i governi come un'espressione del popolo, cosa peraltro che sta mostrando sempre più la propria falsità, porta a commettere dei grossi errori di prospettiva.
specificare , quando si allude alle popolazioni, e quando ai governi, farebbe finalmente un po' di chiarezza.
Bah, Andrea, non sono sicuro che dal nostro punto di vista o da altri punti di vista esterni al popolo statunitense – differente è, ovviamente, quello dei membri del popolo statunitense – la tua distinzione assuma un rilievo primario.
Una volta che gli stati uniti, come governo, come esercito e con il consenso dell'opinione pubblica (l'unica cosa che esiste; il popolo non esiste) attaccano l'Iraq, ossia lo stato iracheno (organizzazione, territorio e popolo) e, senza alcuna colpa della popolazione irachena, uccidono un milione di persone, te la senti di rimproverare moralmente l'iracheno che dicesse: dispongo di un virus in grado di provocare milioni di morti; gli stati uniti hanno ucciso un diciottesimo della popolazione irachena; io voglio fare altrettanto con quella statunitense; sono trecentosessanta milioni, quindi voglio ucciderne diciotto milioni, non uno di più non uno di meno? E' orrendo soltanto pensarlo. Ma è ciò che è stato fatto al popolo iracheno. L'unica differenza sarebbe che nel primo caso ad agire è stato un governo che formalmente è riconducibile al popolo, popolo che, almeno nella parte istruita, è composto da persone che al 95% sono convinte che il loro sistema politico-economico-istituzionale sia migliore di tutti gli altri (questa almeno è la mia esperienza), un governo che si è servito di un esercito di tre milioni di persone che o aspiravano ad avere la cittadinanza o a pagarsi gli studi o "intendevano vendicare l'11 settembre". Nel secondo caso ad agire è (indubbiamente) un terrorista. Insomma, non si può reputare responsabile il popolo iracheno di ciò che il governo e l'esercito iracheno hanno fatto agli stati uniti (governo, territorio e popolo), perché nulla di male è stato fatto a questi ultimi. Non si può escludere la responsabilità del popolo statunitense per ciò che gli stati uniti hanno fatto al popolo iracheno. Soltanto facendo una rivoluzione e rischiando di morire a milioni e scatenando una guerra civile il popolo statunitense può sottrarsi alle responsabilità che va accumulando.
D'altra parte, il discorso potrebbe farsi anche con riguardo all'economia. "Il livello di vita degli americani non è negoziabile" è il mantra che unifica democratici e repubblicani. Dunque i politici sono chiamati dal popolo a fare di tutto per: i) mantenere la moneta degli scambi internazionali, in modo che si emettano assegni a vuoto che non verranno mai portati all'incasso; ii) attirare capitali stranieri nella borsa statunitense in modo che i pezzetti di carta e ora le imputazioni elettroniche certificate in un documento (le azioni) in mano a oltre il 50% degli statunitensi si rivalutino, e gli statunitensi possano continuare ad avere uno stile di vita elevato (SUV, debiti ecc. ecc.); iii) perseguire politiche volte a far accettare da tutte le nazioni discipline giuridiche che aumentino e allunghino la tutela dei brevetti, in modo che le imprese statunitensi abbiano rendite (che in fondo vanno ad alimentare il – poco ormai – lavoro degli statunitensi); iv) diffondere i prodotti di holliwood in tutto il mondo, accusando ideologicamente le quote di mercato nazionale che qualche stato ancora vuole imporre e facendo pressioni di vario tipo contro le quote, in difesa dell'industria cinematografica statunitense e quindi anche di lavoratori statunitensi; v) vendere in tutto il mondo le armi prodotte da lavoratori che sono membri del popolo statunitense.
Insomma, seppure fosse mai possibile che un popolo non debba rispondere verso l'esterno (verso altri popoli, altri stati, altre persone) dell'operato del proprio governo, dei propri capitani di industria e del proprio esercito, pur godendo di rendite che derivano dalle politiche economiche e militari messe in essere dai vertici, in ogni caso questo criterio generale, che è fallace per qualsiasi popolo che si avvantaggi di politiche espansionistiche regionali, è del tutto infondato per il popolo di uno stato imperialistico.
Chi desidera: i) che gli stati uniti non facciano più guerre e che ci sia un maggiore equilibrio nel possesso degli armamenti tra più potenze; ii) che gli stati e i popoli più deboli possano tutelarsi contro i brevetti statunitensi e di altri pochi stati; iii) che scompaia qualsiasi moneta di riserva internazionale e dominante nei traffici internazionali e che in luogo di essa vi sia un equilibrio tra più monete; iv) che gli stati pongano norme volte a promuovere l'investimento in loco e ad impedire o tassare o comunque scoraggiare l'esportazione di capitali e l'investimento in borse straniere; ecc. ecc.; chi desidera tutto ciò, anche se non lo sa, desidera che il popolo statunitense si impoverisca e di molto rispetto alla situazione attuale, fino al rischio di un collasso economico che implica milioni di vite perdute. So bene che nessuno, consapevolmente, desidera questi corollari – nemmeno io li desidero, d'altra parte. Ma il complessivo raggiungimento degli obiettivi indicati comporterebbe anche il verificarsi dei corollari.
Il popolo statunitense si può sottrarre alle proprie responsabilità soltanto facendo una rivoluzione e rischiando o subendo milioni di morti. Che il popolo italiano sia ridotto a fanghiglia è un dato di fatto che paga soltanto il popolo italiano e pochi altri (qualche libico, qualche iracheno, qualche afghano). Che il popolo statunitense sia un popolo di consumatori obesi indebitati che non intendono diminuire i consumi, il peso e i debiti e che a questo fine votano l'uno o l'altro partito è un altro dato di fatto. Ma a pagarne le conseguenze sono interi popoli. Non è che gli statunitensi siano peggiori di noi. Soltanto che la loro pochezza, la loro miseria morale e la loro avidità recano a terzi molti più danni che non le nostre avidità, miseria e pochezza. E' soltanto questa la ragione per la quale devono pagare.