Aquisgrana
di LUCIANO DEL VECCHIO (FSI Bologna)
Oggi l’Unione europea si palesa nella sua vera essenza ed estensione geopolitica, che coincide con l’area franco-tedesca e i rispettivi satelliti, compresi quelli extraeuropei, le (ex) colonie del franco Cfa. L’area carolingia, pressata a nord dalla Brexit e preoccupata a sud dall’Italia, reagisce con “Aquisgrana”, che qualcuno ritiene il fatto politico europeo più rilevante dopo la Brexit e che, in qualche misura, sembra esserne la conseguente reazione.
La signora Merkel e il signor Macron, nazionalisti veri, sottoscrivono un trattato bilaterale politico-militare che formalizza l’idea di Europa nucleo, concepita finora solo a livello finanziario e commerciale, rilanciano dunque l’amicizia e la cooperazione reciproca in vari ambiti, dall’economia alla difesa, prevedono un Consiglio dei ministri franco-tedesco, la partecipazione vicendevole e programmata di membri dell’un governo ai Consigli ministri dell’altro, verifiche periodiche dell’avanzamento della collaborazione. Un punto in particolare potrebbe avere conseguenze pratiche molto ravvicinate: la consultazione reciproca preventiva alle riunioni del consiglio d’Europa o della commissione europea può significare che, se da una parte i due paesi ribadiscono tutti i principi fondamentali di Maastricht (“…Riaffermando l’impegno dell’Unione europea a favore di un mercato globale aperto, equo e regolamentato, rafforzano e approfondiscono l’unione economica e monetaria. Essi si sforzano di completare il mercato unico e si adoperano per costruire un’Unione competitiva“) dall’altra rilanciano la posta, pianificando un perfezionamento e completamento dei trattati, nel senso che, d’ora in poi, nessuna direttiva della commissione/cupola potrebbe essere approvata dall’asse se minimamente in contrasto con gli articoli di Aquisgrana, o meglio, ogni direttiva sarà approvata se ispirata ed emanata al solo scopo di attuare “Aquisgrana”, che, a questo punto, potrebbe assurgere al ruolo di nuova costituzione europea.
Il patto contiene dunque tutti gli elementi per dare l’impressione che Francia e Germania abbiano bisogno di rendere ancora più forte l’Unione per continuare a curare gli affari loro, ai quali far conciliare gli affari degli altri stati dell’Europa, che diventa “cosa loro”. Il trattato statuisce il duopolio di interessi che ha sempre deciso le politiche dell’Unione europea e programma un livello di cooperazione molto stretto, almeno sulla carta, perché nei fatti sembra che chi comandi davvero risieda a Berlino.
Inoltre Parigi si impegna a livello diplomatico per garantire a Berlino un seggio nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU: un obiettivo che molti considerano irrealistico, ma che paradossalmente potrebbe essere raggiunto se, in un incrocio simmetrico di calcoli divergenti, USA e Gran Bretagna si assicurano una Germania antirussa, o Russa e Cina si assicurino una Germania anti USA. Si istituisce inoltre un Consiglio franco-tedesco di difesa e sicurezza comune e si progetta un esercito comune. La clausola bilaterale di solidarietà in caso di aggressione completerebbe quella già prevista nel quadro NATO e, ovviamente, presenta i soliti impegni in materia di sicurezza esterna (difesa) e interna (ordine pubblico), i quali però diventano meno generici con gli artt. art. 4 e 6.
Nella seconda frase delll’art. 4 si legge:
“Essi si prestano reciprocamente aiuto e assistenza con tutti i mezzi a loro disposizione, comprese le forze armate, in caso di aggressione armata contro il loro territorio”.
La terza frase precisa:
“Il campo di applicazione territoriale della seconda frase di questo paragrafo corrisponde a quello dell’articolo 42, paragrafo 7 del trattato sull’Unione europea”.
Nell’art 42 del trattato UE troviamo a cosa corrisponde il campo di applicazione territoriale:
“Qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ciò non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri”.
In sostanza, Francia e Germania stringono un patto con il quale si obbligano ad aiutarsi e assistersi militarmente in caso di aggressione armata (quindi anche terrorismo) contro il loro territorio; rimandano però all’art. 42 del trattato UE per precisare che il loro territorio s’intende quello di tutti gli stati membri dell’l’Unione europea; di diritto, estendono unilateralmente il campo di applicazione territoriale per intervenire militarmente sull’intero territorio dell’Unione. Inoltre, mentre l’articolo 42 precisa che l’obbligo di assistenza e aiuto sia prestato “con tutti i mezzi in loro possesso”, senza accennare a interventi militari, l’art. 4 di “Aquisgrana” dice “con tutti mezzi a loro disposizione, comprese le forze armate”. Con la dilatazione territoriale proclamata all’art. 4 Francia e Germania formulano unilateralmente la base giuridica degli interventi militari sul continente, qualora ritengano che la loro sicurezza interna sia minacciata da situazioni sorte negli altri paesi membri. Di modo che – esempio – un qualsiasi episodio definito terroristico e di dubbia rivendicazione che scoppi in uno qualsiasi degli stati membri, può diventare il casus previsto dal “loro” trattato ed essere accampato come pretesto per accamparsi militarmente in territorio altrui. Il successivo articolo 6 del trattato sembra confermare questa interpretazione:
“Nel settore della sicurezza interna, i governi di entrambi gli Stati stanno rafforzando ulteriormente la loro cooperazione bilaterale nella lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata, nonché la loro cooperazione nei settori giudiziario, dell’intelligence e della polizia. Essi attuano misure comuni di formazione e di spiegamento e creano un’unità comune per le operazioni di stabilizzazione nei paesi terzi”.
E chi sono i paesi terzi per Francia e Germania? O gli altri paesi europei o i paesi africani con franco Cfa. In vaste zone d’Africa la Francia dispiega già le sue truppe per operazioni militari di “stabilizzazione” e, in futuro, in attuazione dell’accordo di Aquisgrana, potrà coinvolgere la Germania, che finora è stata restia a impegnarsi militarmente su zone quali Libia o anche Medio Oriente. A parte l’Africa, appare irrealistico e inconcepibile voler utilizzare “l’unità comune” su fronti extracontinentali, in zone euroasiatiche o in Medio Oriente, specie dopo il recente, disgraziato e fallimentare intervento francese in questa zona.
In Europa l’asse non avrebbe bisogno, in teoria, di intervenire militarmente in paesi baltici o balcanici o mediterranei che cadono già sotto la loro sfera di influenza geopolitica ed economica, e dunque non necessitano forze armate per infeudarle o colonizzarle più di quanto lo siano già. In questo contesto di dominio diarchico gli altri paesi o sono vassalli con trattamento di favore (Baltico e Balcani), o colonie piigs da domare e piegare (Mediterraneo). In definitiva, non si è sicuri che le operazioni di stabilizzazioni siano solo intenzioni declamate su carta e di impensabile attuazione o che invece possano trasformarsi in azioni “poliziesche” anche per gli unici paesi rimasti “terzi”, quelli europei. Non si è sicuri che la diarchia per “sicurezza interna” loro non intenda “ordine pubblico” continentale. Insomma, “l’unità comune” ha tutta l’aria di essere, non una struttura per fronteggiare aggressioni provenienti da potenze extraeuropee, ma una polizia interna per il controllo politico e sociale di popoli confederati a forza. Una gendarmeria in pianta stabile sarebbe l’esito di un processo iniziato nel 2004 con il trattato di Velsen che istituiva l’Eurogendfor. Una struttura coordinata militarmente, che fuori dal continente conterebbe poco, all’interno di esso farebbe sentire la sua presenza intimidatoria e il peso della sua forza contro un qualsiasi popolo che eventualmente osasse minacciare il progetto di un’Europa “nucleo”.
Dunque, nel complesso osserviamo che il trattato di Aquisgrana non accelera un processo di disgregazione dell’Unione Europea, come interpretano alcuni sperando in reazioni di rigetto da parte degli altri stati, ma al contrario, dà il via a un processo di evoluzione e consolidamento dell’Unione come struttura funzionale all’egemonia diarchica, cioè prelude a una sostanziale anschluss non più soltanto economica e finanziaria ma anche politico-militare degli stati europei all’asse carolingio. Al di là delle formule di rito, dal trattato traspare il progetto politico di un’alleanza che si dispone a fronteggiare le forze emergenti definite sprezzantemente populiste o sovraniste con mezzi diversi da quelli finanziari e commerciali. Dal 2011 sono aumentate le distanze e i punti di crisi, perché, oltre quelli collaudati e ormai rituali (spread e immigrazioni), altri appaiono ne sorgeranno.
In Europa l’Italia è l’unico paese che, nonostante la devastazione industriale attuata dal partito unico liberale, ha ancora un’industria militare valida per concorrere direttamente con quella francese, la quale, con Aquisgrana, si sta proponendo come fornitrice unica al riamo della Germania. In questo contesto l’attuazione del patto genererà inevitabilmente episodi di politica anti-italiana, che andranno ad aggiungersi a quelli della deindustrializzazione subita dall’Italia nel trascorso venticinquennio e pattuita tra Francia e Germania come condizione per introdurre la moneta unica. Nessuna ipotesi dunque dovrà essere esclusa, nemmeno la più apparentemente strampalata; nessuno scenario dovrà essere considerato cervellotico, nemmeno un intervento “poliziesco” in un paese terzo per stabilizzare situazioni sociali e politiche sgradite all’asse; intervento magari legittimato, non solo dal combinato disposto di Lisbona, Velsen e Aquisgrana, ma anche da una vile richiesta ufficiale di “aiuto” alla repressione da parte di rinnegati quisling domestici. Insomma, non è da sottovalutare una imprevista variante del viziaccio antico di chiamare lo straniero per annientare l’avversario interno, quello che gli Italiani hanno coltivato nel corso di secoli segnati da estrema abiezione politica e militare.
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