Qualche breve considerazione su euroobligazioni e ‘quantitative easing’
Riceviamo dal nostro affezionato lettore Lorenzo e volentieri pubblichiamo
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Segnalo il seguente articolo:
http://www.presseurop.eu/fr/content/article/2034571-laissez-les-allemands-tranquilles
Traduco il terz’ultimo e quart’ultimo periodo, che ci aiutano a capire la natura dei conclamati eurobonds e i motivi che ispirano la resistenza della Merkel.
"E’ sicuramente vero che gli esportatori tedeschi hanno guadagnato bene commerciando col resto dell’Europa colla stessa moneta dei loro vicini meno sviluppati. L’argomento economico più comunemente avanzato consiste nel far notare come i sostanziosi attivi per questa via realizzati dovessero essere reinvestiti da qualche parte, in questo caso nei prestiti concessi a soggetti sia privati che sovrani nel resto della zona euro. Ecco perché, sempre secondo la solita argomentazione, è nell’interesse della Germania fare tutto il possibile per salvare queste economie, a pena di perdere fior di miliardi data l’impossibilità di recuperare i fondi investiti.
In termini puramente contabili l’argomento ha un senso. Tuttavia, proprio com’era assurdo considerare Pechino responsabile del fatto che le banche americane avevano redistribuito gl’immensi attivi in dollari cinesi in bolle follemente speculative in Florida o in California, sarebbe strano ritenere Berlino moralmente responsabile della frenesia immobiliare spagnola. E sarebbe davvero stupido pensare che se la Germania assorbisse il grosso di questi passivi facendone carico ai propri contribuenti la cosa non finirebbe per incoraggiare la prosecuzione delle peggiori pratiche bancarie: solo adesso le banche spagnole riconoscono il carattere tossico dei prestiti presenti nei loro portafogli, molto dopo che gli americani han fatto il mea culpa".
Insomma: il meccanismo impossibilità di svalutare-crescita delle esportazioni tedesche-accumulo di capitali presso le banche tedesche-reinvestimento nei titoli di stato dei Paesi dell’Europa meridionale è reale, ma esso avrebbe potuto tenersi (in Spagna e altrove) se le banche avessero reinvestito i giganteschi fondi ricevuti a tassi bassissimi (unico vantaggio effettivo dell’euro) in investimenti produttivi, anziché dilapidarli in bonus autopagati e selvagge quanto autodistruttive speculazioni immobiliari, colla perfetta connivenza delle oliate autorità politiche.
Il salvataggio della Grecia è stato in realtà un salvataggio delle banche europee che in Grecia avevano speculato. La rapacità della UE si spiega col fatto che i politici al soldo dell’alta finanza sanno che ciò che non riescono a spremere in loco dovranno spremerlo ai propri contribuenti.
Allo stesso modo le varie misure discusse per salvare i “Paesi” in difficoltà, in questo caso la Spagna (fra cui l’emissione di eurobonds ecc.), altro non sono che progetti di salvataggio delle banche spagnole, e delle loro fallimentari speculazioni immobiliari, tramite l’ennesima socializzazione delle perdite. Salvataggio che, potendosi difficilmente realizzare a spese dei contribuenti locali ormai spolpati all’osso, dovrebbe essere realizzato a spese di quelli tedeschi e degli altri paesi nordeuropei ancora relativamente (o apparentemente) risparmiati dallo sfacelo liberista.
Senza che esista alcuna garanzia (anzi nella quasi certezza) che le banche, ringalluzzite dall’ennesimo salvataggio a spese del contribuente, proprio come è accaduto dopo il 2008 negli USA, non utilizzerebbero parte o tutti i fondi ricevuti per pagarsi bonus miliardari e riprendere la speculazione.
E qui forse cominciamo a capire l’appoggio di Obama (il presidente di Wall Street grande nemico della Tobin tax) e l’entusiasmo della stampa di regime per euroobbligazioni, politica monetaria espansiva e più Europa come risposta alla crisi. Più carta moneta si stampa e prima si ricomincia a speculare.
In conclusione il problema, più che nella Germania, sta nel capitalismo terminale, che trasforma in ferro tutto l’oro che tocca. Ma su questo nodo centrale non c’è pericolo che i servi del regime facciano sentire mezza parola di critica.
Ciò non toglie che l’ostilità crescente nei confronti della Germania sia a mio avviso da valutare positivamente: essa indebolisce il consenso verso la dittatura europea più di qualsiasi scandalo o appello al popolo. Ogni sfacelo indebolisce la macrostabilità del sistema, non solo e non tanto perché distrugge il consenso popolare (che conta quanto il due di briscola e sarebbe prontamente ricostituibile tramite opportune campagne mediatiche), ma perché comincia a erodere la fiducia che i diversi sistemi di mafia finanziaria si portano a vicenda: il sangue va facendosi merce rara e i vampiri stanno cominciando a guardarsi in cagnesco l’uno coll’altro.
Mi permetto di segnalare un saggio di R. Sciortino che va nella direzione del presente articolo, contestualizzandolo nel quadro dello scontro sordo fra Washington-Wall Street e Berlino:
http://www.sinistrainrete.info/europa/1916-raffaele-sciortino-chicken-game-ancora-sulleurocrisi.html
Scrive fra l'altro l'autore:
"Il rigonfiamento dei debiti statali europei garantito dall’Unione dovrebbe fare un po’ da bolla sostitutiva per rimpinguare i profitti della finanza. Oltre Atlantico, se non in una parte minoritaria dell’èlite, non si vuole per ora la fine dell’euro ma rilanciare una “crescita” basata su un nuovo giro di privatizzazioni dei servizi pubblici e sull’acquisizione a basso costo e/o l’eliminazione selettiva di banche e pezzi dell’apparato produttivo europeo da parte dei flussi finanziari che sfruttano l’eurocrisi […]. Se la Germania accettasse […] vedrebbe da qui a breve deteriorata la capacità di raccolta sui mercati e aumentata la forza di ricatto da parte dei centri del potere finanziario. I buoni del tesoro statunitensi continuerebbero a rappresentare il “porto sicuro” per il risparmiatore globale impaurito, permettendo al complesso Usa Fed-Tesoro la raccolta di risorse finanziarie a tassi bassissimi e l’emissione di liquidità con cui tenere in vita il sistema bancario, mentre l’euro risulterebbe seriamente indebolito come moneta mondiale di riserva potenzialmente concorrente rispetto al dollaro. Non solo: la conseguenza indiretta sarebbe di ridurre l’apparato produttivo europeo (tedesco in primis) a fungere da sottostante, attraverso la gigantesca ipoteca sui debiti pubblici, per un nuovo giro di finanza speculativa […]" Insomma, “fare come la Fed” stampando moneta alle condizioni date – cioè senza aver potuto imporre l’euro come moneta di pagamento internazionale ai danni del dollaro – significherebbe per la Bce girare su Berlino e l’Europa crediti freschi esigibili dalla finanza internazionale, dunque un’enorme ipoteca sulla produzione attuale e futura. Altro che deficit spending pro investimenti e consumi di cui sproloquia il partito di Repubblica".