L’armadio ed il materasso
Era un armadio piccolino rispetto ai giganti che sono messi in bella mostra nei vari centri espositivi di cui è costellata la nostra penisola. Anzi era un armadio piccolino in senso assoluto. Alto neanche due metri, largo circa uno, arredava la stanza si direbbe oggi. Palle. Espletava il compito per cui era stato costruito: conteneva i vestiti miei e di mia sorella.
Era in compensato tamburato, come si usava allora. Tinta miele. Addossato alla parete, era diviso a metà: la parte sinistra era tutta libera per contenere cappotti e giacche lunghe mentre la parte destra aveva un'anta piccola per camicie e magliette sotto cui c'erano quattro cassetti per gli indumenti intimi.
La stanza, ovviamente, era quella dove dormivamo io e mia sorella. A seconda degli anni c'erano il letto a castello oppure due letti singoli il che, dato il rapporto sfavorevole tra metratura e mobilio, rendeva difficoltoso raggiungere illesi il proprio giaciglio in certe occasioni. Come la notte quando si preferiva non accendere le luci per non disturbare, e gli spigoli sparsi diventavano una seria minaccia per le dita dei piedi e per la sobrietà dei successivi commenti di stampo religioso.
Ricordo perfettamente che per alcuni (diversi) anni ho dormito su un materasso di “grene” ovvero paglia. Beh, non la paglia che si da in pasto ai ruminanti, ma non chiedetemi di più. So solo che per “grene” da noi si intende il crine di cavallo, ma non era crine e su questo ci posso giurare. Come quasi tutti i materassi dell'epoca, anche il mio era fatto a mano. Lo si vedeva dalla cucitura laterale che la mano esperta del materassaio aveva effettuato tramite il suo lungo ago sul tessuto marrone a disegni geometrici. I materassi fatti a mano andavano “revisionati” ogni qualche anno, perchè si impaccavano. Il contenuto andava quindi svuotato, rigirato, aerato e rimesso al suo posto. Poi il materassaio ricuciva tutto. Ma nel caso del grene penso proprio che si buttasse via tutto e si rimettesse paglia nuova, perchè quella vecchia si spezzava fino a polverizzarsi.
Ho avuto la fortuna di avere un materassaio vicino di casa quando ero bambino. Abitava due porte prima della mia, in quartiere. Quando il tempo lo permetteva si metteva nella corte comune e scardassava la lana dei materassi, che poi è l'operazione che ho appena descritto. Svuotava il materasso e si metteva a cavalcioni dello scardasso, un trabiccolo di legno che aveva una parte fissa zeppa di chiodi piegati verso una parte ed una parte mobile che aveva i chiodi piegati dall'altra. Metteva la lana impaccata dentro e cominciava a lavorarla per farla ridiventare soffice. Poi rimetteva la lana ridiventata voluminosa dentro alla stoffa lavata del materasso e ricuciva tutto. Gran lusso i materassi di lana. Altro che materassi a molle o in lattice. Provateli se ne avete occasione. Quando misi su casa la prima volta ne comprai uno nuovo, appena fatto. Una libidine.
Come dicevo io da piccolo non avevo il materasso di lana, ce l'avevo di paglia. Il che d'estate è cosa utile e saggia. Specialmente se si abita sotto al tetto e le temperature estive, in assenza di isolamenti termici e condizionatori d'aria che all'epoca non esistevano, si impennano. Faceva uno scrocchio strano, quel materasso, sotto al mio peso. Ogni volta che mi giravo la paglia si ribellava. E ogni tanto qualche filo di paglia usciva dal tessuto e pungeva. Ma sono sopravvissuto anche a queste intollerabili antimodernità.
Ma torniamo all'armadio. Esattamente come ogni armadio serviva a contenere i vestiti di noi due bambini o ragazzi di allora. Vestiti estivi ed invernali. Altra cosa sono gli imponenti armadi di oggi. I miei due figli, complice un'oculata disposizione delle camere, hanno una camera ognuno. E dentro ad ogni camera c'è un armadio che nulla ha a che spartire (a parte il nome s'intende) con quello della mia adolescenza. Intanto arriva fino al soffitto. Giusto occupare ogni spazio disponibile, data la mole di cose che ogni famiglia del nuovo millennio possiede. E poi ciascuno è il doppio in larghezza rispetto a quello che condividevo con mia sorella.
Mi chiedo quindi come siamo arrivati a questo punto, essendo partiti da quello. La risposta che mi do è semplice: oggi ci si cambia ogni giorno, al contrario di 40-50 anni fa quando ci si faceva il bagno in tinozza una volta alla settimana (al sabato rigorosamente) e ci si cambiava con la stessa frequenza. O giù di lì.
Immaginate la mole di vestiti da lavare, stirare e rimettere negli armadi che una famiglia di quattro persone mette in circolazione ogni settimana. Quando le lavatrici erano un lusso per ricchi, tale abitudine era semplicemente impensabile. Ora non più. Una famiglia nel nuovo millennio si lava ogni giorno ed ogni giorno si cambia. Consumi di sapone, acqua, detersivi, corrente e gas che salgono alle stelle. Aiuti domestici ormai indispensabili per permettere questo tenore di vita che una volta era di esclusivo appannaggio delle elites. Acquisto incessante di capi di vestiario per stare al passo con i tempi. Armadi che non sono mai sufficienti per contenere la quantità di vestiti che servono ad ostentare il proprio status. Se il SUV mette in chiaro chi ce l'ha più grosso, non è che l'armadio ci si sottragga a questa logica. Avercelo bello grosso (l'armadio, intendo) è segno di benessere, segno che noi siamo quantitativamente migliori dei nostri genitori, qualsiasi cosa questo possa significare.
Poi basta un piccolo incidente, chessò la lavatrice rotta ed il tecnico che non si fa vivo per qualche giorno, e tutto si trasforma in delirio. Esattamente come autostrade intasate per un banale tamponamento tutta la trafila che inizia e finisce nell'armadio si blocca. Si accumulano montagne di vestiti da lavare e l'armadio ormai svuotato ricorda perentoriamente la mia infanzia. La qual cosa mi fa sorridere, essendo io la prova provata che si può sopravvivere serenamente alla penuria di vestiti senza necessariamente entrare in una fase di panico da scarsità.
Più precisamente è la stessa idea di scarsità o abbondanza ad essere soggetta alle incursioni del Tempo che forgia la cultura e rimodella i bisogni secondo i canoni che maggiormente soddisfano le elites dominanti. O, come saggiamente ricordava Marx “la cultura dominante è la cultura della classe dominante”. Parametri di scarsità e abbondanza inclusi.
Se le elites straconsumano perchè privarci del piacere di apparire oltraggiosamente consumatori come loro? Non vorremo mica sembrare meno narcisi, vero?
Molto bello, soprattutto molto vero!
Sono esattamente i ricordi della mia infanzia, materassi di lana aperti e montagne di batuffoli in camera da letto, piccoli armadi, il bagno della domenica, i viaggi in fiat 500, profumo di buono, semplicità e tanta armonia.
Grazie per la condivisione :)