PERCHE’ ISP, DOPO IL 25 SETTEMBRE, NON HA FATTO NEMMENO UN PASSO E PERCHE’ IO, RIZZO E TOSCANO L’ABBIAMO SCIOLTA
di STEFANO D’ANDREA (RI Perugia)
Uno stimato contatto facebook, Filippo Nesi, mi ha chiesto spiegazioni sulla fine di ISP, con un suo commento sotto il mio precedente post.
Avevo iniziato a rispondere ma la replica stava diventando troppo lunga per un commento, sicché ho deciso di scrivere un post.
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Caro Filippo Nesi,
ISP avrebbe dovuto soltanto promuovere organizzare e coordinare la presentazioni di liste con il simbolo ISP a tutti i livelli, aggregando altri soggetti al livello locale o nazionale o regionale. Questo era lo scopo sociale, fissato nello Statuto.
Ma, dobbiamo essere sinceri, dal 25 settembre non abbiamo fatto assolutamente nulla di ciò che avremmo dovuto fare. Nemmeno un passo. Niente.
Nulla perché gli altri due soci volevano fare altro: manifestazioni ISP (ce ne sono state 3, che a me non interessavano e che erano fuori dallo scopo sociale; e infatti non ho partecipato; le prime due sono state decise anche senza il mio consenso; io ero contrario) e continui e innumerevoli video di ISP.
Così, a mio avviso, ma credo che la cosa sia oggettiva, si faceva credere alla gente che ISP fosse altro da ciò che era, avesse scopi diversi da quelli che aveva, e dovesse fare cose diverse da ciò che doveva fare. Così si ingeneravano equivoci, perché la gente credeva che ISP fosse un soggetto politico o comunque una organizzazione di organizzazioni, mentre era semplicemente un patto di alleanza. Prima cosa che non andava.
La seconda cosa che non andava è che non solo facevamo cose che non avremmo dovuto fare traendo in inganno iscritti e simpatizzanti dei partiti o di ISP, ma non facevamo ciò che dovevamo fare.
Non abbiamo nemmeno scelto i candidati presidente per le 4 elezioni regionali e per le due elezioni provinciali.
Io, sulla base di una delibera del Comitato direttivo di RI, che abbiamo resa pubblica, avevo proposto di sceglierli e di scegliere sei persone incaricate di promuovere le liste (per le 4 regionali e le due provinciali), e altre sei incaricate di coordinare la scrittura dei programmi. Ma non abbiamo fatto niente. Tra l’altro c’era chi diceva: “le liste lasciatele fare a me che so come si fa”. Ciò a mio avviso significa non valorizzare e non far emergere le persone di valore, non scoprire chi ha valore, soprattutto non andare alla ricerca di chi ha valore, cosa per me estremamente negativa. E diceva che dovevamo candidare soltanto persone note, cosa per me ridicola, anche perché i risultati elettorali non hanno mostrato nessuna capacità delle persone più o meno note di prendere più voti di altri (anzi, in tutti i casi è stato vero piuttosto il contrario). Ma era inutile portare dati e volerli analizzare. Anche in questo modo si impediva di far emergere militanti e simpatizzanti di valore.
Tra due mesi si vota nel Lazio e in Lombardia (tra l’altro avevo chiesto di lavorare personalmente per il Lazio ma non mi è stato dato il via). Ebbene questi importanti momenti elettorali, nei quali avremmo dovuto, sottolineo dovuto, mostrare di saper crescere, almeno un poco, per numero di voti o almeno per la percentuale dei voti, sono saltati, mentre se fossimo stati dirigenti appena mediocri (siamo stati scarsissimi), avremmo dovuto lavorarci dal I ottobre, dopo una settimana di pausa. E invece manifestazioni ISP e video di ISP.
Terza cosa che non andava. ISP non verbalizzava le riunioni del Consiglio Direttivo. Non abbiamo un solo verbale, nemmeno quello che ha posto fine ad ISP. L’ho chiesto anche pubblicamente più volte ma i verbali per gli altri due soci non erano rilevanti. In occasione della decisione di mettere fine a ISP ho inviato una proposta di verbale da firmare ed eventualmente da precisare, ma non è stata né criticata né considerata né menzionata. Esistono soltanto tre mail, brevissime, con le quali, in base a motivazioni diverse, poniamo fine a ISP.
Né erano pubbliche le posizioni dei soci o dei loro partiti. Il Comitato Direttivo di RI ha più volte deliberato proposte che avrei dovuto portare nel Consiglio Direttivo e le abbiamo rese pubbliche. Ma mi è stato detto che la pubblicità delle delibere del Comitato Direttivo di RI “incrina l’alleanza”.
Dunque c’erano radicalissime diversità, di scopi innanzi tutto e di mezzi anche. Soltanto che le cose che dicevo io erano scritte nello statuto, che prevedeva lo scopo sociale, sanciva la regola dell’unanimità, che avrebbe imposto dialogo e mediazione e prevedeva che il segretario redige i verbali. Ma è passata l’idea che io mi attacchi “ai cavilli”. C’è purtroppo in gran parte dei ceti popolari una faciloneria, una ingenuità ma anche una presunzione, nel credere che se una associazione fa ciò che deve fare per lo statuto o fa altro, sia questione di cavilli. Ma questi atteggiamenti vanno vituperati e superati. Non serve impegnarsi politicamente, se la gente adotta e ama il “non statuto” o vuole iscriversi, come fosse un partito, ad un’associazione di 3 persone, che è solo un patto di duratura alleanza elettorale, o non è interessata a leggere lo statuto o non si indigna se i dirigenti agiscono per altro scopo anziché per lo scopo sociale.
Comunque, con un messaggio w.a. dissi basta: dobbiamo fare ciò che è scritto nello statuto e come è scritto. E’ una cosa semplice, dobbiamo fare poche cose; attivare processi locali, comunali e regionali, di aggregazione in vista delle elezioni e dobbiamo farlo all’unanimità; inoltre certe strane riunioni (alle quali partecipavano una decina di persone, non si sa a che titolo) devono cessare: si deve riunire il Consiglio Direttivo di ISP, prendere le decisioni che attuano lo scopo sociale e verbalizzare.
La risposta fu, davanti a svariate persone, che o accettavo di modificare lo statuto, che prevedeva la regola dell’unanimità o gli altri due soci si sarebbero dimessi, io decadevo e ISP finiva. Dissi che non era necessaria questa forma litigiosa. Se la imminente assemblea di RI non avesse voluto abbandonare la regola dell’unanimità, avremmo posto volontariamente fine.
L’assemblea di RI ha approvato a larga maggioranza la mozione che prevedeva che restassero in ISP tre soci che deliberano all’unanimità.
Allora gli altri due associati mi hanno posto una seconda diversa condizione: se non sei d’accordo a far entrare nell’assemblea altri tre soci, di cui uno di tua fiducia (ma non di un altro movimento, insomma un altro socio di RI), e due scelti da noi (con indicazione dei nomi), poniamo fine a ISP e noi facciamo un’altra cosa. Ma hanno precisato che l’assemblea, con l’entrata dei nuovi tre soci, sarebbe diventato l’organo politico dell’associazione.
Ora, c’erano due problemi. Il primo si risolveva facilmente. Consisteva nel fatto che, entrati tre nuovi soci, lo Statuto non prevedeva il modo di elezione del futuro Consiglio Direttivo. Ma questo problema abbiamo detto si risolve facilmente: modifichiamo lo Statuto e aggiungiamo una clausola che preveda che ogni socio in assemblea può votare un solo membro del Consiglio Direttivo; con questa clausola noi avremmo avuto comunque un rappresentante nel Consiglio Direttivo.
Ma vi era un secondo problema: per lo statuto di ISP, come accade in genere, l’organo direttivo decide su tutto ciò che la legge e lo statuto non riservano all’assemblea, ossia su tutto, salvo l’elezione del Consiglio Direttivo e l’approvazione del rendiconto. L’Assemblea, che a differenza del Consiglio Direttivo delibera a maggioranza, non sarebbe stata l’organo politico come volevano Rizzo e Toscano. Quindi, da un lato tutte queste lotte che Rizzo e Toscano avevano scatenato, quando erano stati da me richiamati ad attuare lo Statuto e a non proporre di fare cose che non fossero attuazione dello Statuto, si sarebbero risolte in un nulla (tre mesi a discutere del nulla), e di ciò occorreva rendere consapevoli i nuovi potenziali soci, che magari non avrebbero gradito, dall’altro la disputa sarebbe continuata nel voler far sì – di fatto e contro lo Statuto – che l’Assemblea fosse il vero organo direttivo.
Il Consiglio Direttivo di RI, con delibera pubblicata nel gruppo dei soci RI, mi ha allora dato mandato di non accettare l’entrata di nuovi soci. Ha detto il Consiglio Direttivo: vediamo se vogliono candidarsi nelle quattro regionali, e nelle due provinciali del Trentino Alto Adige e se finalmente decidono di scegliere i candidati alle cariche di Presidente; vediamo se sono disposti a candidare anche persone non note – eventualmente due persone non note e quattro si o tre e tre, per verificare dove si producono i maggiori risultati; vediamo se sono disposti, per formare le liste delle regionali, a sperimentare due metodi diversi, uno che conferisce l’incarico al membro del Consiglio Direttivo che sostiene di saper fare le liste, e uno che invece mira a valorizzare le migliore risorse interne che abbiamo: anche in questo caso i risultati avrebbero detto qual è il metodo migliore; vediamo se vogliono analizzare in quali città conviene incaricare gruppi di militanti e di simpatizzanti di ISP di promuovere liste per la partecipazione alle elezioni comunali (tra l’altro, una delibera di RI, resa pubblica, aveva sostenuto che il Consiglio Direttivo di ISP, non dovesse mettere parola sui candidati nei Comuni e che avrebbe dovuto decidere l’assemblea composta anche da esterni); insomma vediamo se finalmente si decidono a dare attuazione allo Statuto di ISP e a fare ciò che si sono impegnati a fare; poi a ottobre, eventualmente, entreranno altri soci, se ciò sarà reputato utile, e se il progetto avrà fatto passi avanti; e sarebbero entrati soci che si sarebbero fatti valere in questo anno.
Rizzo e Toscano hanno mantenuto fede alla loro condizione e hanno detto che non aveva senso proseguire l’avventura di ISP, perché avrebbero fatto altro. Io ho concordato. Come ti ho detto, ci sono soltanto tre mail che sanciscono la fine dell’associazione e non c’è un verbale.
Caro Filippo, converrai che davanti a tante differenze, relative agli scopi e ai metodi, ai criteri di scelta delle candidature, all’utilizzo di militanti di valore o al contrario all’accentramento, all’interesse per manifestazioni e video o al contrario alla promozione delle liste, alla incapacità di accettare il metodo dell’unanimità, che impone il dialogo e la mediazione e di non avanzare proposte ma di trovare l’accordo e anzi di chiedere agli altri cosa intendono fare, dinanzi alla pervicace volontà di non verbalizzare (anche in questo caso contravvenendo allo Statuto) – che mi costringe a rendere noto ciò che tutti avrebbero dovuto e potuto sapere leggendo i verbali (avevo suggerito che fossero analitici, in modo che i simpatizzanti e gli iscritti ai partiti avessero potuto conoscere anche le posizioni di partenza, oltre che la mediazione finale, e avessero così potuto farsi una idea precisa sull’azione dei singoli soci promotori di ISP) – davanti alla poca attenzione allo Statuto, che in un’associazione è tutto, qualsiasi cosa ne pensino gli ingenui, la decisione che abbiamo preso io Rizzo e Toscano è la migliore. Non c’era nessuna condizione per andare avanti, nemmeno quelle minime.
Per quanto riguarda Rizzo e Toscano perseguiranno il loro progetto, probabilmente con 20 o 30 ex soci RI (per ora hanno receduto in otto). Dubito tuttavia che Toscano troverà agevolmente le centinaia di militanti che ha perso a causa della scissione di AI e soprattutto il supporto dei più bravi militanti di AI, che, in gran parte, non sono andati né da una parte né dall’altra. Se i militanti del PC aumenteranno o diminuiranno lo dirà, invece, il congresso del PC che si svolgerà a gennaio. Dubito anche che il modo in cui hanno deciso di agire, ossia di trascurare o ignorare i territori e puntare su video manifestazioni e simboli (ed elezioni Europee), li farà granché progredire nelle elezioni regionali e comunali. Potranno aggregare un paio di associazioni poco numerose e poi alcune sigle, che nascondono singole persone o gruppetti di amici. Non è detto, tuttavia, che gli alleati tollerino il “metodo decisionista”, come abbiamo mostrato di saper fare noi, abbozzando per tre mesi.
Per quanto mi riguarda e per quanto riguarda RI, ci adopereremo per promuovere, in due anni, una alleanza del tutto analoga a ISP, ma con persone che abbiano il carattere che consente di rispettare i patti e la pazienza necessaria a portare avanti un progetto pluriennale. ISP aveva inizialmente dato risultati, fino a quando Rizzo e Toscano non si sono messi in testa di creare l’organizzazione di organizzazioni o soggetto unitario (anche distruggendo o destabilizzando i loro partiti), e di stravolgere il progetto, e fino a quando non hanno mostrato di essere incapaci, per carattere (non gliene faccio una colpa: è puro carattere), di dialogare, mediare, sperimentare e di tentare pazientemente di attuare il progetto fissato nello Statuto per un annetto. Sono certo che, quando tra due anni l’alleanza che promuoveremo comincerà a muovere i primi passi – abbiamo capito che l’alleanza deve candidarsi nelle comunali e nelle regionali a partire da tre anni prima delle elezioni politiche -, del progetto di Francesco e di Marco non sarà rimasta traccia: esso si concluderà, al più, o prima delle europee, se non riusciranno a candidarsi, o dopo le europee.
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