La classe media

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10 risposte

  1. da ha detto:

    "…Il fatto che la sua esistenza non dipenda dal livello di reddito..La classe media comincia a capire che il suo nemico mortale, il capitalismo l'erede dei pirati …

    per me la critica comunista alla classe media non consiste nel livello del reddito ma di come quel reddito viene estratto, a scapito di quale frazione  del capitale sociale complessivamente prodotto.

    una questione di qualità da cui deriva le posizione generalmente conservatrice, quando non reazionaria, rispetto alle spinte sociali quando si pongono come radicali rispetto al capitalismo

    ciò non toglie che ho visto suoi molti figli camuffarsi da fanatici militanti rivoluzionari, tutto questo equilibrio non ce lo vedo

    rimane insoluta la domanda se la classe media vuole combattere una battaglia che la portasse a non essere più media

    cordialità

    da

    • Tonino B. ha detto:

      Mi intrometto nel discorso allo scopo di capire meglio.

      Per da

      "per me la critica comunista alla classe media non consiste nel livello del reddito ma di come quel reddito viene estratto, a scapito di quale frazione  del capitale sociale complessivamente prodotto"

      Questo vuol dire che il "surplus di reddito"  estratto dalla classe media  venga sottratto  alla classe salariata o meglio al lavoro dipendente ?. E venga sottratto nei modi tipici del " capitale"  e cioè approfittando della posizione di forza che il detentore del capitale ha nei confronti dei lavoratori. ?

      Ora capisco le esigenze di sintesi che non permettono adeguate distinzioni. Ma certe affermazione devono essere circoscritte.

      Quanto reddito viene prodotto  dalla classe media che non si ritrova nella posizione di supremazia e che cioè non occupa quella posizione che permette di sfruttare il lavoro dipendente? E' per voi una frazione grande o piccola del reddito prodotto? Davvero si può oggi parlare in termini di "appropriazione "  di porzioni di reddito spettante alla categoria del lavoro dipendente o salariato?

      Se penso che nella classe media possono  a rigore essere comprese le categorie degli artigiani, piccoli commercianti, liberi professionisti, ecc.

      mi resta difficile comprendere il concetto di sfruttamento.!

       

      Se vedo un conflitto rilevante questo non avviene tra le categorie che stiamo prendendo in considerazione. E' potere del grande capitale perpretare un grande sfruttamento. E' il grande capitale che determina oggi ( come sempre) l'entità del conflitto tra le classi lavoratrici.

      da continua

      "una questione di qualità da cui deriva le posizione generalmente conservatrice, quando non reazionaria, rispetto alle spinte sociali quando si pongono come radicali rispetto al capitalismo"

      questa affermazione per me è non vera; chi è che pensa che ci siano spinte sociali radicali rispetto al capitalismo? ed è dai salariati ( non appartenenti alla classe media) che dovrebbero partire tali spinte?

      Tanto meno si pùo sostenere che la classe media possa oggi essere reazionaria o conservatrice. Almeno non nel senso che il post lascia intendere.

      Tonino B.

  2. stefano.dandrea ha detto:

    Per me il nemico è il potere del grande capitale e dei grandi gestori del capitale. Non accetto la concessione benevolmente elargita da Fiorenzo a Moreno Pasquinelli, secondo la quale il nemico è il capitalismo.

    Che ci debbano essere gestori di grandi capitali altrui (i vari tipi di fondi) ne dubito. Per lungo tempo non ci sono stati, se non in  forma e funzione completamente diversa.

    Che si possa o si debba eliminare del tutto il grande capitale ne dubito e comunque lo vedo al più come obiettivo secolare. Ma l'esistenza del grande capitale, che c'era anche negli anni sessanta e settanta, non significa che il potere di esso non possa essere limitato. In misura significativa era stato limitato e si è liberato. Io mi accontento di tornare indietro. Al resto penseranno i miei figli. Coloro che a chiacchiere vogliono del tutto eliminare in una prospettiva immediata, concreta, nel breve periodo, il grande capitale non mi interessano, sia se sono proletari sia se sono ceti medi: sempre di chiacchieroni e ciarlatani si tratta.

    Se ho ben compreso la nozione di classe media elaborata da Fiorenzo Fraioli, ne deduco che il comunismo e il socialismo sono frutto della classe media. Classe media erano gli intellettuali e gli avvocati che rappresentavano le leghe dei contadini dei braccianti e degli operai nel 1892 a Genova. Classe media erano Terracini, Togliatti, Longo, Scoccimarro, Greco, Togliatti, Marchesi, Onofri, La Rocca e gran parte degli altri. Classe media erano anche i capi del partito bolscevico (in un post li definii elite del popolo, espressa dal popolo, che promana dal popolo). Anche un operaio può essere classe media, visto che questa non va qualificata in termini reddituali.

    Quindi nego che la classe media sia sempre stata a favore del grande capitale. E' accaduto negli ultimi venti anni ma non è una regola generale. Né va trascurato che in quest'ultimo periodo anche i giovani proletari sono stati a lungo a favore del grande capitale: si pensi a coloro che, amanti dello sport o del calcio, accettano da due decenni, il regalo gratuito o quasi di 5 ore di intrattenimento da parte del grande capitale, ovvero prestiti eccessivi rispetto al reddito, senza chiedersi perché ricevano questi enormi "regali".

  3. da ha detto:

    a Fraioli

    gradirei una sua risposta

    a D'Andrea

    Vedremo. Nel frattempo direi che -almeno- uno gli esempi che porti (Togliatti, due volte) lo annovero fra coloro che hanno reso fra i maggiori servigi al vigente dominio. Non voglio certo riscrivere la storia post festum, esercizio totalmente avulso dalla stessa storia, ma conquistare un punto di vista che affranchi dallo vicenda dello stalinismo internazionale e dalla sua doppiezza (comunista a parole e completamente capitalista-imperialista nei fatti)  è per me proprio il primo passo da fare per smarcarsi dalla "sinistra" e riprendere un filo teorico interrotto proprio negli anni venti e che ritengo altamente fecondo per l' oggi

  4. stefano.dandrea ha detto:

    In realtà rispondevo a te.A Fraioli obiettavo soltanto che non avrei fatto a Pasquinelli la concessione terminologica  secondo la quale il nemico è "il capitalismo" che non ho mai compreso cosa sia: il "potere del capitale" è espressione molto più chiara, concreta, scindibile analiticamente in una serie di poteri che possono facilmente essere individuati. Anche le norme in forza delle quali eliminare o limitare poteri sono agevolmente prospettabili.

  5. Fiorenzo Fraioli ha detto:

    Ho l'impressione di non essere riuscito ad essere chiaro. Forse perché ho voluto dire troppe cose. Il cuore del mio punto di vista è in queste frasi: 

    1) "La classe media, io affermo, non è tale per sole ragioni di reddito, la classe media è una categoria dello spirito"

    2) "La classe media… non si riconosce nel valore dell'eccezionalità, ma in quello della misura, della giusta misura. Altre caratteristiche della classe media sono l'equilibrio, la preoccupazione per il futuro unita all'operosità nel presente, in generale il senso del limite. La classe media vuole il giusto guadagno, considerato come il giusto riconoscimento per chi lavora; non concepisce l'uguaglianza assoluta ma teme le grandi disuguaglianze, perché queste sono prodotte dall'azione del suo nemico mortale, che qui possiamo ben chiamare il capitalismo"

    Dunque, ho definito la "classe media" non in termini di reddito, ma in senso antropologico, se vogliamo morale, come "tipo d'uomo". Affermo, in definitiva, che ogni uomo "è ciò che è" non solo per le condizioni oggettive della sua esistenza, né soltanto per il contesto storico che ne determina la visione del mondo, ma anche per qualcosa che lo rende intimamente parte di una tipologia umana. Gli antichi questo lo sapevano bene, e infatti dividevano gli uomini in base alle loro qualità essenziali: i nobili (l'uomo guerriero), i sacerdoti (l'uomo sciamano), il servo (l'uomo debole). Manca una tipologia? Sì che manca! Ho dimenticato l'uomo libero, cioè colui che né vuole dominare gli altri (con la forza o con l'inganno della magia), né vuole essere dominato. Questa tipologia umana costituisce la "classe media": non desidera l'illimitatezza (che è propria del dominio assoluto), né accetta di subirla. Avrebbe la forza per essere egli stesso un dominatore, se lo volesse, ma non la usa per questo scopo. Al contrario si accontenta, coltiva orizzonti "limitati" bastandogli condurre una vita libera dagli affanni quotidiani, e sufficiente ad assicurare ai figli quanto basta per vivere allo stesso modo. 

    L'uomo libero è diverso sia dal "Signore", in quanto non asservito dalla pulsione verso l'illimitatezza (del dominio, del denaro, della lussuria…), sia dal "servo", dal quale si distingue per una ragione simmetrica: non accetta la sottomissione assoluta e illimitata al "Signore" in cambio di protezione, ma solo una parziale "cessione di sovranità", sempre vissuta come contratto temporaneo e, in circostanze eccezionali, del tutto revocabile.

    E' questo il tipo di uomo che costituisce la "classe media" che ho definito "categoria dello spirito". Questa "classe media" in senso spirituale ha svolto, nel corso del tempo, ruoli diversi, e ha avuto consistenza variabile. Alcuni esempi positivi:

    1) L'aristocrazia operaia del XIX° secolo: classe media.
    2) I monaci del medioevo: classe media.
    3) I fondatori dei liberi comuni e delle repubbliche marinare: classe media.
    4) Gli studenti (e le loro famiglie) peripatetici nelle prime università europee:classe media.
    5) I francesi che esercitavano le professioni liberali che hanno dato vita al secolo dei lumi:classe media.  
    6) Gli italiani che hanno seguito Mazzini e Garibaldi: classe media.
    7) Tutti coloro che hanno contribuito alla grande storia del socialismo nel XIX° secolo: classe media.

    Naturalmente non mancano, anzi abbondano, gli esempi negativi. Tutti riconducibili ad un errore fondamentale: pensare di poter venire a patti con i cultori dell'illimitatezza, nell'illusione che questa maledetta razza possa essere capace di frenare il suo istinto al dominio assoluto.

  6. da ha detto:

    a Tonino

    No, le classi medie non si appropriano direttamente del plusvalore generato nel settore primario ma per il tramite della espropriazione operata in primo luogo da chi detiene l'imperio sulla produzione: il Capitale del capitalista. Il processo produttivo ha bisogno, per assolvere alcuni suoi importanti momenti affinchè si compia la rotazione di capitale, di lavoro improduttivo o non-direttamente-produttivo (sfera commerciale e dei servizi: professionisti, tecnici/artigiani altamente specializzati, quadri burocratici, management e persino scienziati). Da qui si generano le classi intermedie di cui parliamo. Queste funzioni possono essere delegate all' esterno del capitale industriale -le partite iva- oppure mantenute al suo interno come figure stipendiate facenti parte del capitale costante: le ragioni della scelta richiedono un commento a parte.

    Genericamente intese, le classi medie traggono reddito da una decurtazione, accettata dal capitalista, del fondamentale fresco profitto industriale-agricolo che si aggiunge, accrescendola e valorizzandola, alla massa dei capitali già circolanti e, per così dire, "morti".  In questo senso indiretto ma essenziale esse vivono della espropriazione operata dal capitale sul lavoro salariato, ed in questo senso esse sono interessate a che ciò non muti. Ed e' in virtù di questa posizione specifica che esse soffrono dei momenti di crisi del ciclo dell' accumulo.

    a Fraioli

    Apprezzo il suo appassionato sforzo apologetico e direi che potremo apprezzare veramente il suo homo così poco velleitario solo dopo  un atto di svolta radicale nei rapporti sociali.

    da

  7. stefano.dandrea ha detto:

    @ da

    la tua risposta a Tonino è la ripetizione di uno schema teorico falso, non corrispondente alla realtà.

    Intanto in che senso il lavoro di un medico o di un avvocato o di un giudice o di un ristoratore o di un musicista o di un regista teatrale o di un architetto o di un ingegnere progettista è improduttivo?

    Francamente potremmo fare a meno di milioni operai che costruiscono playstation, lavorano il cemento, costruiscono macchine per giochetti elettronici, orologi di lusso, tessono vestiti borse o altri capi di alta moda, producono gelati schifosi, conservano e impacchettano cibo schifoso e potrei continuare all'infinito. Al contrario, non potremmo mai fare a meno di progettisti, architetti, giudici, avvocati, medici e musicisti.

    Chi pagherebbe operai che producono autovetture, se non ci fosse chi, lavorando 54 ore a settimana con 15 giorni di ferie l'anno per quaranta anni non le acquista come rivenditore o concessionario per poi rivenderle? D'altra parte, in un'economia collettivistica, puoi sostituire la classe media dei concessionari e rivenditori autorizzati con lavoratori subordnati statali (o con lavoratori di cooperative) addetti alla distribuzione dei beni. Che succede che ciò che prima era lavoro improduttivo diviene lavoro produttivo? Senza questo lavoro di distribuzione, il lavoro di produzione non sarebbe mai svolto.

    I nostri interessi, materiali e immateriali, sono soddisfatti sia da beni che da servizi e il lavoro è l'attività fisica e/o intellettuale che li produce dietro un corrispettivo (chi si reca a lavorare il proprio orticello non dirà mai  "vado a lavorare"). Voler tutelare e riconoscere la dignità del lavoro di fatica (il punto fermo della nascita del movimento socialista) è una cosa sensata e anzi doverosa. Sostenere che solo il lavoro di fatica è lavoro (ma stare 54 ore a settimana a trattare con clienti, fornitori, banche, commercialisti, sempre con la massima attenzione è fatica) è una affermazione priva di senso.

    Il tuo discorso, oltre ad essere falso, smentito dalla realtà (hai detto qualcosa tipo "i cani volano" e ci credi pure) non sarebbe seguito da nessuno e non potrebbe costituire il fondamento di un movimento politico. Insomma, sono parole false e inutili.

    Accolta la tua prospettiva, resterai a scrivere sul tuo blog in eterno e non parteciperai mai a nessun movimento politico che abbia un minimo di possibilità di incidere nella vita reale.

  8. da ha detto:

    a D'Andrea

    Non sono io che sostengo questa differenza tra lavoro produttivo (di plusvalore primario) e improduttivo (atto ad  assolvere alcuni suoi importanti momenti affinchè si compia la rotazione di capitale) ovverosia produttivo di plus di valore secondario – inerente alla sfera della circolazione- ma è il modo di produzione classista che la necessita. Non credo che si possa leggere nelle mie piatte parole alcun disprezzo per chi lavora nella sfera commerciale o dei servizi, tanto meno da un punto di vista collettivista (variante che sostituisce la burocrazia alla classe media) che non ha nulla a che vedere con il mio, ma forse non si può dire altrettanto del tuo. Riguardo a chi incide o meno nel reale, per non cadere nell' illusione o nell'incubo bisogna proprio capire meglio come, diciamo così, funziona

  9. stefano.dandrea ha detto:

    @da

    io contestavo soltanto la scelta linguistica racchiusa nella formula "lavoro improduttivo o lavoro non direttamente produttivo" che va abbandonata, perché, o vuol designare ciò che significa e allora è erronea e falsa (il servizio è un bene che soddisfa un interesse esattamente come una cosa) o vuol desinìgnare altro e allora è ambigua, fastidiosa e in fondo anche masochistica.

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