Oggi non mi sento più solo: un articolo di Sergio Cesaratto
Sergio Cesaratto ha pubblicato un articolo che segnalo, nel quale pone a confronto Marx e il protezionista List. E' la relazione che svolgerà al convegno di Chianciano organizzato dal MPL e da Bottega Partigiana nei giorni 11 e 12 gennaio, intitolata, Fra Marx e List: sinistra nazione e solidarietà internazionale.
Mi riempie di gioia il fatto che Cesaratto vada a Chianciano nel gennaio 2014 a sostenere, in fondo, la tesi che avevo difeso nella mia relazione al convegno di Chianciano dell'ottobre 2011 – nella quale ponevo, credo per primo sulla rete di internet, il problema del radicale contrasto tra Costituzione economica e Trattati europei – e che avevo già sostenuto in un articolo del giugno del 2010, dal titolo Il socialismo è un carattere degli stati nazionali o non è nulla. In quel convegno Cesaratto fu relatore e ascoltò la mia relazione. Apprezzo' ma mi disse: dovresti andare a leggere la critica di Marx a List. Era il più vicino alle mie posizioni ma non era ancora sulle posizioni attuali.
Mi sembra, anzi, che nella sua relazione Cesaratto sia persino un po' troppo severo con Marx, che è letto attraverso la lente della storia dal 1970 in poi e non attrraverso la storia dal 1921 al 1981 (quando si conclude certamente la storia del comunismo italiano). Nel Manifesto del partito comunista, infatti, è scritto: "Dovendo anzitutto conquistare il potere politico, elevarsi a classe nazionale, costituirsi in nazione, il proletariato resta ancora nazionale, ma per nulla affatto nel senso in cui lo è la borghesia". Dunque il proletariato doveva "costituirsi in nazione" e restava ancora nazionale. Ma vi sono altri brani del Manifesto del partito comunista che implicano logicamente lo stato nazione, come ho argomentato in Gli anticapitalisti, le nazioni e l'internazionalismo.
A mio avviso, la "sinistra moderna" essendo in fondo stata, in gioventu', più spesso extraparlamentare che comunista e avendo avuto (quando era comunista) al più come punto di riferimento ideale Enrico Berlinguer (al tempo di Berlinguer il comunismo italiano era un'esperienza ormai morente), ha dimenticato il pensiero e l'azione dei comunisti che davvero hanno fatto il bene dell'Italia e degli italiani.
Tra i temi di questo blog, forse troppi, vi è stato fin da principio quello di mostrare la natura patriottica dei comunisti che hanno concorso a fare grande l'Italia – fino a quando, nel 1981, il popolo sovrano ha consentito il colpo di stato di Andreatta e Ciampi senza che il partito comunista proponesse l'insurrezione o almeno una pacifica e interminabile sollevazione popolare.
A tal fine ho pubblicato, tra l'altro:
i) la proposta di Costituzione economica di Antonio Pesenti, membro dell'assemblea costituente e sommo economista comunista, che però era stato prima repubblicano, quindi mazziniano, e socialista: L'impresa economica nella rilevanza costituzionale
ii) la trascrizione di un discorso ultra-patriottico di Togliatti del 23 settembre 1943, intitolato Le condizioni della vittoria
iii) l'appello alla resistenza lanciato da Concetto Marchesi prima di entrare in clandestinità; appello di contenuto e impostazione palesemente ed esclusivamente patriottici: Onoriamo il patriota comunista Concetto Marchesi. Nell'appello si legge "Studenti:… Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra Patria. Traditi dalla frode, dalle violenza, dall’ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell’Italia e costruire il popolo italiano". Nell'articolo osservavo come il contenuto dell'appello fosse stato già annunciato da Concetto Marchesi nel discorso inaugurale dell'anno accademico, tenuto il 9 novembre 1943, anche dinanzi a miliziani repubblichini: "Giovani, confidate nell'Italia. Confidate nella fortuna, se sarà sorretta dalla vostra disciplina e dal vostro coraggio: confidate nell'Italia, che deve vivere per la gioia e il decoro del mondo, nell'Italia che non può cadere in servitù, senza che si oscuri la civiltà delle genti".
Ho rammentato in più occasioni la dichiarazione di Renzo Laconi, uno dei due costituenti comunisti (l'altro era Togliatti) scelti dal gruppo comunista per discutere in generale il progetto di costituzione nell'asseblea plenaria: "Quali sono le istanze cui noi dobbiamo riferire questo progetto di Costituzione? Noi tutti lo sappiamo: sono le istanze che sorgono dalla lotta che tutto il nostro popolo ha condotto contro il fascismo […] Ma se noi ci eleviamo ad una consapevolezza più alta dei nostri compiti, io penso che dobbiamo tener conto di altre istanze, e di quelle più remote, e di quelle che sorgono dalle lontane e fatali giornate in cui ebbe i suoi albori il nostro primo Risorgimento, dalle giornate di Milano, di Genova, di Tornino, di Roma Repubblicana. Dovremo tener conto delle istanze che ci vengono dalle generazioni sacrificate durante il Risorgimento, dalle serie di intelligenze pensose, di animi operosi, che hanno creato, edificato lentamente l’unità italiana, ed hanno visto sempre i loro ideali e le loro aspirazioni negati e delusi dal prevalere delle forze ritardatrici che operavano nella vita politica del paese […] Oggi, uscito da queste terribile prove, che cosa vuole il popolo italiano? Che cosa chiede a noi? Il popolo italiano oggi vuole due cose: ricostruire la propria Patria e vuole attuare nella democrazia gli ideali di giustizia” (per esempio in La seconda morte della Patria).
Così come ho citato, più volte, un discorso di Togliatti del 1963 (a conclusione dell'ultima campagna elettorale): "ed oggi per la nostra patria ciò che vogliamo è una svolta a sinistra" (si ascolta al minuto 1 e 32 secondi).
L'articolo di Cesaratto è molto importante, sebbene esso sia ancora lontano dal poter costituire il fondamento di un discorso nuovo, che poi sarebbe, come ho cercato di chiarire, un ritorno al vecchio e vero. Manca ancora il concetto non economico di Patria: "La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino" recita l'art. 52, primo comma della Costituzione e l'aggettivo "sacro" lo volle il comunista Umberto Terracini. Tuttavia, l'articolo è importante.
Cesaratto, infatti, a differenza del sottoscritto, è interno alla sinistra riconosciuta e accettata, mentre io, proprio per l'ottusità della sinistra moderna a capire e accettare i fondamenti che rendono possibile, già dal punto di vista logico direi, concepire l' esistenza e l'azione di organizzazioni politiche dei ceti subalterni dotate di un minimo di effettualità, da tempo ho rinunciato a definirmi di sinistra, optando per la più nobile e pregnante parola di socialista. Cesaratto definisce "terreno" ciò che io chiamo fondamento: "Nell'aver sostenuto lo svuotamento della sovranità nazionale in nome di un europeismo tanto ingenuo quanto superficiale, la sinistra ha contribuito a far mancare a sé stessa e ai propri ceti di riferimento il terreno su cui espletare efficacemente l’azione politica contribuendo in tal modo allo sbandamento democratico del paese".
Può anche darsi che la lotta sovranista che ci impegnerà nei prossimi dieci anni – la fase durerà almeno 10 anni -, vedrà la partecipazione anche di una frazione chiaramente socialista (ma temo che purtroppo si chiamerà "di sinistra"). E per questa possibilità davvero gioisco, perché quasi avevo perso ogni speranza.
Copio e incollo dei passaggi dell'articolo linkato da S.D'Andrea :
“La teoria marxista e gli ideali del socialismo ci portano, infatti, verso un giudizio piuttosto liquidatorio, sia storico che politico, dell’idea di nazione.”
“i termini nazione e Stato, com’è noto, non coincidono”.
“Le concezioni di List apparirono a Marx come mere mistificazioni ideologiche, falsa coscienza, al pari della religione, o al massimo ideologie volte a mascherare gli interessi della borghesia tedesca”.
“Marx vede in List un arretramento rispetto all’economia politica classica (Szporluk 1988: 37) e lo accusa (con la borghesia tedesca) di appellarsi ad argomenti “spiritualisti” (la nazione) a fronte di quelli “profane”dell’economia classica”:
“Il nazionalismo col suo tentativo di cooptare le classi lavoratrici attorno a obiettivi particolari costituirebbe dunque un rallentamento del processo di liberazione dell’umanità”.
“E’ chiaro che da un punto di vista metodologico sia List che Marx sono critici dell’individualismo smithiano come elemento costitutivo dell’analisi politico-sociale, l’idea che si possa capire la società muovendo dalla considerazione dell’individuo isolato. Ma mentre per List l’elemento sociale a cui l’individuo fa naturalmente riferimento è la nazione, per Marx è la classe”.
“Marx ritiene non-ideologica la difesa di Smith del laissez faire, mentre vede come mistificatoria e ipocrita l’idealizzazione dell’elemento nazionale in List volta a mascherare gli interessi della borghesia tedesca”
“Per Marx, dunque, il luogo in cui si fa la storia è quello del conflitto fra le classi sociali, e tale conflitto è sovranazionale in quanto né gli interessi del capitale né quelli del lavoro hanno una dimensione nazionale”
“In questo senso l’idea di nazione è una “aberrazione”, falsa coscienza al pari della religione”
Che dire… sono pienamente d'accordo con Marx
Grassi F., forse patriottismo (al posto di nazionalismo) rende meglio l'idea.
Patriottismo implica una fratellanza fra le tutte le patrie mentre nazionalismo implica competizione e conflitto.
Si potrebbe porre la questione in termini leggermente diversi cioè che l'idea di Patria "locale" si lega per sua natura a una Patria più grande che è quella dei popoli oppressi da un potere non nominabile e senza volto che fonda la propria primazia sullo svuotamento del senso di comunità di coloro che oggi si trovano nella posizione di "dominati".
Penso che sarebbe una buona idea definire la "sovranità" in funzione di una futura sovranità collettiva di tutti i popoli che si saranno liberati.
Il rischio è quello di intraprendere una via che porterebbe a una iniziale liberazione per ricadere nei vecchi errori.
Sono cose importanti che andrebbero dette con molta enfasi perché comunque l'implementazione dei rapporti fra Patrie sarà inevitabile e un programma ponderato deve preparare il terreno ai nuovi sviluppi.