Angeloni, patriota repubblicano
“Non già più particolarmente all’une che all’altre italiche genti io di favellare intesi in questi miei Ragionamenti, ma comprensivamente, e senza distinzione alcuna a tutti voi, Uomini d’Italia, che quantunque separati per più maniere di governi, meritissimamente pur vi tenete, e tener dovetevi per cittadini d’una stessa patria, siccome quelli che, oltre ad una meravigliosa conformità d’indole d’ingegno e di costumi, avete in comunità una medesima religione, una medesima lingua, una medesima storia politica, scientifica, e letteraria, ed un paese il quale così è ben segregato da tutti gli altri, e pe’ mari che l’accerchiano e per gli altissimi monti che fascianlo, che sole le isole sono meglio di quello dalla terra ferma dispartite. Apertamente potete voi dunque conoscere che da questa mia generale comprensione io non ischiudo [escludo, ndr], se non que’ pochissimi che alla naturalità, e alla colleganza italica sono al tutto avversi. Nè per certo strana cosa parer vi dovrà che per uomini di cotesta fatta non sia da me stata tessuta quest’opera; perciocchè, mossi costoro da sola la loro utilità privata a mostrarsi più teneri delle straniere che delle domestiche cose, sono perciò da reputar con ragione quasi come stranieri del paese nostro. E innanzi che procacciar di andar loro a versi con suadevoli scritti a patrie cose appartenenti, si vorrebbon essi non solamente mordere infin nel vivo, e lacerare; ma (quale che sia il grado, e la condizion loro) pubblicamente vilipendere e notar d’infamia, così come ben si conviene a volenterosi ed interessati di spartitori del paese nostro, e a capitali nimici della gloria, del vero bene, e della felicità dell’Italia.”
(Cfr. Dell’Italia, uscente il settembre del 1818, Ragionamenti IV di Luigi Angeloni, Frusinate, dedicati all’Italica Nazione, Parigi 1818).
Luigi Angeloni, nacque a Frosinone il 9 novembre 1758. Fervente repubblicano e convinto sostenitore di una confederazione per l’Italia, sul modello svizzero o statunitense, come garanzia dell’unità e dell’indipendenza italiane. Di intelligenza brillante, appassionato di letteratura e di linguistica – fu un purista della lingua-, apprese da autodidatta i classici, la lingua greca, la filosofia e la matematica. Scettico in campo religioso ma rispettoso delle tradizioni popolari. Pragmatico e realista. Esule prima in Francia, poi in Inghilterra, divenne punto di riferimento costante per repubblicani, antinapoleonici e settari liberali. Partecipò alla fondazione della setta dei Filadelfi e fu a capo degli Adelfi (tra i quali introdusse Federico Confalonieri), poi confluiti nei buonarrotiani Sublimi Maestri Perfetti.
Di lui così scriveva lo storico Renzo De Felice:
“Alla caduta di Napoleone, nel 1814, e per oltre un ventennio, l’Angeloni fu, con Filippo Buonarroti, la figura più importante dell’emigrazione politica italiana e una delle più importanti del mondo settario: il suo passato, la sua intransigenza repubblicana, i suoi legami con tutti i maggiori esponenti liberali europei, l’essere introdotto presso i rappresentanti e gli agenti inglesi e russi, fecero di lui il centro di riferimento organizzativo e la guida morale (il “Nestore”), a Parigi, di tutto il movimento liberale italiano.” (Cfr. R. De Felice, Luigi Angeloni, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. III, Roma 1961)
La sua fede repubblicana lo portò a rifiutare dapprima un importante incarico in Francia nel 1810, per non dipendere da Napoleone, e nel 1815 a rinunciare ad una pensione concessagli da papa Pio VII per aver collaborato con lo scultore Canova all’identificazione dei beni trafugati dai francesi dallo Stato Pontificio.
Raccolse intorno a sé nuovi patrioti esuli dopo il fallimento dei moti del ’21, tanto da spingere il governo francese ad un provvedimento di espulsione verso l’Inghilterra.
A Londra, nel 1823, scrisse una “Dichiarazione di Principi”, “destinata a rimanere per molti anni (fin oltre il 1830) il fondamento ideologico di tutta l’ala del mondo settario democratico-liberale di ispirazione angeloniana” (R. De Felice, op. cit.), nella quale affermava che “al Popolo si appartiene esclusivamente di determinare sopra le istituzioni che lo debbono reggere, e di modificarle”.
Con Filippo Buonarroti mantenne sempre i contatti, pur non condividendo le tesi comunistiche di quest’ultimo, che avrebbero a suo modo di vedere compromesso il concetto di libertà e rischiato derive autoritarie.
Il suo spirito pragmatico gli suggerì di tentare rapporti con i moderati monarchici piemontesi, vicini a Carlo Alberto.
Nell’opera del ’26 “Della forza nelle cose politiche”, il frusinate “indaga gli elementi che rendano possibile la formazione degli istituti politici. La società, ordinata secondo il diritto, è democratica nella misura in cui riesce a soddisfare i bisogni naturali dell’uomo, ed il suo valore è dato dall’utilità e dalla convenienza civile. Il fondamento dell’organizzazione sociale è posto nello stato di necessità, in cui il singolo si trova, di dover cercare nel consorzio sociale la garanzia del perpetuarsi della specie. La società è giustificata nella natura biologica dell’uomo. Come essere naturale l’uomo fa parte di un mondo in cui le leggi meccanicistiche regolano la vita della materia, secondo la aggregazione e la disgregazione della forza, la cui diversa presenza negli individui da luogo alla diseguaglianza naturale.” (Cfr. B. Di Sabantonio, Luigi Angeloni tra liberalismo e democrazia, estratto dalla Rassegna Storica del Risorgimento, anno 64, fasc. I, gen.-mar. 1977, Roma 1977, p. 11).
Il significato dell’opera è ben espresso dall’introduzione dello stesso Angeloni: “molto agevol cosa sarà il mostrare come la forza nelle cose politiche sia egregia e salda cosa, ov’ella si fondi nei consorzi umani secondo i principi generali posti dalla natura stessa; e come per converso sia turpe, … e cosa nociva ove fuor delle irrepugnabili deduzioni de’ principi vengasi quella a statuire…” (Cfr. L. Angeloni, Della forza delle cose politiche. Ragionamenti quattro dedicati all’italica nazione, Londra 1826, vol. I, p. 168).
Per Luigi Angeloni “la sovranità non era… che il prodotto della forza [necessità, ndr]; forza che può essere naturale o artificiale: naturale, se organizzata spontaneamente in “costruzione elementare” per il bene comune (da cui la democrazia), artificiale, se basata sulla sopraffazione a scopo personale da parte della minoranza (da cui l’aristocrazia e la monarchia)” (Cfr. R. De Felice, op. cit.).
Gianluigi Leone
(ARS Lazio)
Il misticismo nazionalista si può anche coltivare , come fate qui , ma rimane sempre una forzatura e lo considero irresponsabile .
Non esiste alcuna “naturalità” della lingua : la lingua con la quale mi esprimo in questi istanti deve la sua fortuna ad un successo editoriale del 1807 , quando Foscolo pubblica una prima traduzione dell’Iliade ad opera di Vincenzo Monti ; è il caso contingente , e non la “natura” , che mi fa esprimere come Vincenzo Monti e non , per dire , come una ragazza bolognese , torinese , napoletana o leccese del XIX secolo .
Poi..Non esiste alcuna “naturalità” delle “genti italiche” : qui non mi dilungo , diventerei cattiva.. e non ne ho voglia per nulla…
La realtà è che ( brutta espressione “la realtà è che..” , ma è così : esiste una realtà contrapposta al misticismo) gli Stati nazionali si basano sulla forma altamente artificiale di una solidarietà tra estranei generata dal costrutto giuridico dello status di cittadino. Anche in società omogeneizzate sul piano linguistico ( omogeneizzate attraverso la scuola e gli atti ufficiali di Stato ) la coscienza nazionale non ha nulla di naturale. E’ piuttosto un prodotto, valorizzato sul piano amministrativo, della storiografia, della stampa e del servizio di leva. Nella coscienza nazionale di società eterogenee di immigrati si mostra in maniera esemplare che qualsiasi popolazione può assumere il ruolo di uno “Stato nazione”, capace di una comune formazione della volontà politica sullo sfondo di una cultura politica condivisa.
Cara Tania, è la prima volta da un po' di tempo che condividiamo le stesse opinioni.
Ovvio che non esiste una "naturalità della lingua", ovvio che non esiste nessuna "naturalità delle genti italiche"; ovvio che gli stati nazionali sono artificiali e prodotti dall'uomo, con la volontà, gli eserciti, l'ideologia, le passioni, gli ideali, la forza, l'intelligenza, l'operosità, e così via.
Soprattutto è ovvio che la coscienza nazionale, non diversamente dalla coscienza di classe, non ha nulla di naturale. Essa si costruisce. E nel tentativo di costruirla si può riuscire o fallire. Il tentativo è spesso il frutto di movimenti politico-ideologici che percorrono anche lunghi archi di tempo.
Nei prossimi due o tre decenni (forse anche prima) vedreemo all'opera l'alleanza internazionale degli islamisti, che promuoverà il ritorno al califfato, composto da emirati aperti al califfato, non necessariamente coincidenti con gli attuali stati nazionali, come forma che meglio o perfettamente esprimerebbe in politica la cultura islamica; sosterranno e già sostengono che gli stati nazionali sono soltanto il frutto della prima gierra mondiale e della sconfitta dell'impero ottomano. Stanno cercando di formare una coscienza nazionale, dove però la nazione è la Ummah, l'insieme delle comunità islamiche la vera comunità degli islamici.Le dichiarazioni ideologiche che prevedono di "ri-costituirla" corrispondono a verità perché essa in una certa forma è esistita. ma era sempre artificio. Senza Maometto la Ummah è impensabile.
Tutto il bello e il grande del mondo è artificiale (acquedotti, grandi opere urbanistiche, quadri, libri, stati nazionali, culture, civiltà). E per creare è fondamentale che la volontà sia sorretta o da misticismo o da fede (Lenin aveva certamente fede nella rivoluzione): ciò vale per un'azienda, per un importante studio professionale; per una rivoluzione; e per ogni cosa. Nei fenomeni collettivi questa fede si estrinseca sempre in una ideologia.
Stefano , osservo però che non sono io , ma il tuo bog , che parla di naturalità .
Carletto Marx non ha mai descritto le classi come un dato di natura , come descrizioni demoscopiche di comunità sociali ben definite . Marx , Weber , Rosa Luxemburg , Schumpeter , ci parlano delle classi solo come categorie analitiche , come affermazioni sulle contraddizioni in un sistema storico .
Osservo anche che c’è differenza tra ideologia e misticismo : molte ideologie condannano il misticismo . C’è differenza tra l’analisi reale dei rapporti materiali di vita e la narrazione che vuole essenzializzare gruppi umani . La prima ti mostra la realtà , la seconda ti racconta una menzogna . La prima ti mostra la realtà che il portatile che sto usando ( e ogni altra cosa , materiale o immateriale , che avvolge la mia e la tua esistenza ) è composta di materie prime , conoscenze , sfruttamento del lavoro , proveniente da ogni angolo del pianeta ; la seconda ti racconta che esistono gli ariani . La prima ti mostra che esiste un’unica società planetaria interdipendente e che i nazionalismi sono un prodotto dell’economia mondo capitalista ; la seconda ti racconta la Nigeria è naturalmente vera come la mia mano , come una mela , e che ha una tradizione , e delle “radici culturali” , a cui i nigeriani si devono omologare .
Un conto è negare che le nazioni sono realtà naturali, un conto è negare che esistano. Le nazioni esistono ed esistono gli stati nazionali. La menzogna è sostenere che gli stati nazionali o le nazioni non esistono. L'Italia esiste, il popolo italiano esiste, la nazione italiana esiste. Allo stesso modo esiste la borsa valori ed esistono le società a responsabilità limitata (tutti artifici dell'uomo).
Una volta che una società nazionale è sorta (per conquista, rivoluzione o altro) e comunque è stata in qualche modo ordinata in uno Stato e ha accumulato una storia (di fatti, di personaggi, di poesia, di istituti giuridici tipici, ecc. ecc.), esistono anche radici culturali di quella società. Alle radici culturali non è che ci si "debba" omologare. Esse tendono a perpetuarsi e a influenzare lo sviluppo, anche perché si radicano in istituti e istituzioni, sebbene sia sempre possibile che una comunità nazionalesubisca grosse trasformazioni in caso di rivoluzioni o eventi epocali. La scuola pubblica; le chiese; le tradizioni militari, il carattere gerarchico o non gerarchico dei poteri pubblici, e molto altro, sono tutte forme che infuenzano lo sviluppo e la conservazione di identità nazionali.
Quindi un conto è negare che la nazione italiana è sempre esistita, perché sarebbe una entità naturale, un conto è negare che esista, che significa negare l'evidenza.
Il fatto poi che il capitalismo assoluto abbia un enorme potere di sradicamente e di omogeneizzazione – ma abbiamo fenomeni di portata epocale che vedono una reazione: appunto l'nternazionale islamista e l'ideologia del ritorno al califfato – e quindi di aggressione e di trasformazione delle identità non mi sembra negabile e nessuno lo nega.
Certo che gli Stati esistono . Nascono , scompaiono , ne rinascono di nuovi . Poi , dei 195/200 ( circa ) Stati riconosciuti attualmente , su almeno 180/190 non ha alcun senso logico la definizione di Stato : non tutti possono logicamente essere Stati sovrani , nemmeno se ci fosse la volontà : sarebbe come sostenere ( paragone un pò forzato , ma per capirci ) che in una partita di pallavolo o di pallone ci siano due vincitori .
No , le "radici" e le tradizioni culturali ( "colturali" si , esistono , ma siamo su tutt'altro piano e in pochi casi si può parlare di tradizione ) degli Stati nazione non esistono . Sono invenzioni finalizzate al controllo . La menzogna del differenzialismo culturalista è la nuova forma che ha assunto il razzismo moderno .
I nazionalismi saranno anche stati un prodotto dell'economia capitalista nel passato, come afferma Tania. E' pero' chiaro che attualmente i poteri finanziari e il capitalismo sfrenato globalizzante, di matrice soprattutto anglosassone, sono nemici non solo dei nazionalismi, ma anche di qualsiasi desiderio di indipendenza o patriottismo (naturalmente con l'eccezione di quello che consiste nell'inchinarsi ogni giorno davanti alla bandiera a Stelle e strisce).
Ma assolutamente no . Anzi il contrario . Come sappiamo il capitale ( di qualsiasi tipo e di ogni luogo , che sia volkisch o meno , a stelle e strisce o quello di proprietà italiana che ARS vuole proteggere ) richiede tutta la forza lavoro al mondo di cui puo` disporre , dato che il lavoro produce i beni tramite i quali si produce, si realizza e si accumula piu` capitale. Quindi per l’economia mondo capitalistra l'espulsione dal sistema è insensata , in realtà è un danno . Ma se si vuole massimizzare l'accomulazione del capitale, e` necessario contemporaneamente minimizzare i costi del disordine politico . Cioè annullare , assorbire , o quantomeno minimizzare le lotte della forza lavoro . Il cosidetto “interesse nazionale” è la formula magica che concilia tutti questi obiettivi . E` proprio per il suo essere in teoria antiuniversalistico, per il suo alimentare inevitabilmente le logiche dei rapporti di forza , che aiuta a mantenere il capitalismo come sistema.
La “sovranità nazionale” ( come la detenzione di quote di capitale ) è una possibilità che non è a disposizione di tutti : è un concetto guerrafondaio . E questo non lo sostiene una comunista come me . Lo argomenta in maniera esemplare un reazionario cattolico ( e per un periodo anche nazista ) come Car Schmitt . Lo jus ad bellum ( senza il quale non esisterebbe “sovranità” dello Stato come ci insegnano tutti a partire da Hobbes e Macchiavelli ) non può , logicamente , appartenere a tutti . Solo ai più forti .
Cara Tania,
non ti conosco ma finalmente leggo una voce che coglie nel segno: non c'è niente di naturale nella lingua, hai ragione. Come ci ha insegnato il buon Ferdinand de Saussure, le lingue sono sistemi di segni radicalmente arbitrari.
Brava.
Ciao
Domenico
Grazie Domenico ; sono d'accordo . Ciao
Ottimo Tania .
Mi fa piacere che l'articolo abbia suscitato interesse, nonostante il carattere tendenzioso di alcuni commenti.
Mi preme innanzitutto inquadrare meglio la figura semidimenticata di un grande italiano, la cui levatura morale e intellettuale fu riconosciuta da tutti a suo tempo, Mazzini compreso. In effetti l'articolo nasce con questa finalità, non affrontando neppure marginalmente questioni inerenti la lingua o altro.
Luigi Angeloni non fece attività politica fino all'età di quarant'anni, dedicandosi solo agli studi ed al lavoro di bottega nella sua città natale, per via di una paralisi che rese invalido il padre commerciante.
Divenne tribuno della Repubblica Romana del 1798, con molte riserve e condizionato da una fortissima fede repubblicana. Dopo una sollevazione della sua città, a causa dell'enorme pressione fiscale e delle ingiustizie perpetrate dai francesi, come riporta lo stesso Mazzini, ebbe le sue proprietà devastate, l'anziana madre malmenata e uno zio malato scannato nel proprio letto.
Fu costretto a riparare in Francia con il ripristino del potere papale. Da quel momento rimase sempre esule, morendo a Londra nel 1842.
All'estero scrisse tutte le sue opere più importanti e divenne un cospiratore nemico di ogni forma di autoritarismo, scegliendo a volte la diplomazia, tenendo rapporti con i rappresentanti delle potenze straniere in Francia, a volte la forza, ispirando moti insurrezionali. Fu uno dei primi teorici dell'unità e dell'indipendenza, e ed uno dei primi a credere in un modello democratico parlamentare. Scelse la povertà pur di non dipendere dai despoti di mezza Europa.
Quanto al preteso "misticismo nazionalista irresponsabile", invito ad una seconda lettura di una parte importante del testo, definitivamente dirimente e chiarificatrice: (per Angeloni) "La società, ordinata secondo il diritto, è democratica nella misura in cui riesce a soddisfare i bisogni naturali dell’uomo, ed il suo valore è dato dall’utilità e dalla convenienza civile. Il fondamento dell’organizzazione sociale è posto nello stato di necessità, in cui il singolo si trova, di dover cercare nel consorzio sociale la garanzia del perpetuarsi della specie. La società è giustificata nella natura biologica dell’uomo. Come essere naturale l’uomo fa parte di un mondo in cui le leggi meccanicistiche regolano la vita della materia, secondo la aggregazione e la disgregazione della forza, la cui diversa presenza negli individui da luogo alla diseguaglianza naturale."
Aggiungo che non bisognerebbe mai confondere patriottismo con nazionalismo (ancor più quando si parla di testi e storia del primo '800).
Per saperne di più:
http://www.treccani.it/enciclopedia/luigi-angeloni_(Dizionario_Biografico)/
Gentilissima Tania,
vorrei pero' che Lei mi indicasse quale ordinamento politico e statuale riesce meglio a difendere i diritti dei lavoratori (compresi artigiani, piccoli negozianti ecc.) meglio degli Stati nazionali, o anche multinazionali ma democratici, tipo Svizzera. Quanto allo Ius ad bellum, e quindi alla possibilita' di vincere una guerra, meglio se difensiva, naturalmente e' facile per chi e' piu' forte, pero' Le ricordo (solo come esempio, credo ce ne siano altri) che la grande Potenza americana venne sconfitta, sia pure a prezzo di grandi sacrifici e anche grazie a forniture di armi sovietiche, dal piccolo Vietnam.
La domanda che mi fa è gigantesca e ovviamente non ho La risposta .
Penso però che , attualmente , oggi , le proposte più lucide ci vengano da Jurgen.Habermars , Etienne Balibar , Sabino Cassese , Martha Nussbaum , Wendy Brown , Alain Badiou eccetera eccetera , che vanno tutte nella direzione cosmopolita di globalizzare i diritti non mercificabili .… In questo senso avremmo anche già delle Norme ( mai applicate ) come la Carta dei Diritti di Nizza eccetera eccetera ..
Tania,
una diffusa tendenziosità è manifesta in molte tue argomentazioni, che utilizzano (o inventano) – spesso in maniera fallace – parti dell’articolo e delle repliche per andare indebitamente oltre e tentare di dimostrare tesi di tutt’altro tipo che avvalorino giudizi indipendenti dal contenuto del testo in oggetto, o comunque antecedenti alla comprensione dello stesso.
Ad ogni modo, voglio rispondere in maniera articolata ai tuoi commenti.
“Il misticismo nazionalista si può anche coltivare , come fate qui , ma rimane sempre una forzatura e lo considero irresponsabile…” Premesso che si tratta di un testo del 1818 di uno scrittore esule nato nel 1758, mi indichi quali parole rimandano ad un “misticismo nazionalista” (visto che lo coltivo senza saperlo mi piacerebbe sapere dove si nasconde il germe)? Ce ne vuole di immaginazione per associare il patriottismo risorgimentale al misticismo nazionalista!
“Non esiste alcuna “naturalità” della lingua : la lingua con la quale mi esprimo…” L’articolo parla di tutt’altro. Anche qui hai utilizzato molta immaginazione. Non esistono parti del testo in cui si parla di naturalità della lingua. Né questa era la tesi dell’Angeloni.
“gli Stati nazionali si basano sulla forma altamente artificiale di una solidarietà tra estranei generata dal costrutto giuridico dello status di cittadino… la coscienza nazionale non ha nulla di naturale.” Condivido. Ma non capisco la pertinenza di questi argomenti nel contesto. Vuoi illuminarci?
“qualsiasi popolazione può assumere il ruolo di uno “Stato nazione”, capace di una comune formazione della volontà politica sullo sfondo di una cultura politica condivisa.” Sono d’accordo. Ma bisogna considerare alcune variabili: la volontà, il territorio e il tempo necessari alla costruzione della nazione (nell’800, consapevoli del problema, ci si interrogava su queste variabili).
“Stefano , osservo però che non sono io , ma il tuo bog , che parla di naturalità.” Naturalmente, Stefano non risponde di ciò che scrivono gli altri autori del blog, e gli altri autori non sono obbligati ad uniformarsi alle posizioni di Stefano.
“Carletto Marx non ha mai descritto le classi come un dato di natura”. Argumentum ab auctoritate. Se capita che una mia – modestissima – tesi non trova conferma alla luce di quanto sostenuto e avvalorato da Marx, me ne farei comunque una ragione: non sono marxista, pur condividendo molte analisi svolte dal filosofo di Treviri.
Aggiungo che questo, finalmente, non è più il mio blog ma la rivista telematica dell'ARS
“all’une che all’altre italiche genti io di favellare intesi (.. ) avete in comunità una medesima religione, una medesima lingua, una medesima storia politica, scientifica, e letteraria, ed un paese (…) io non ischiudo [escludo, ndr], se non que’ pochissimi che alla naturalità, e alla colleganza italica sono al tutto avversi”
Non esiste alcuna naturalità italica , né nella religione , né nella lingua , né nella storia .
Circa Marx , stavo rispondendo a due passaggi della risposta che mi aveva dato Stefano :
“è ovvio che la coscienza nazionale, non diversamente dalla coscienza di classe, non ha nulla di naturale”
“per creare è fondamentale che la volontà sia sorretta o da misticismo o da fede (Lenin aveva certamente fede nella rivoluzione)…Nei fenomeni collettivi questa fede si estrinseca sempre in una ideologia”.
Da qui l'accusa di coltivare il misticismo nazionalista? Mi sembra un po' poco… Bisogna prima intendersi sui termini. Intanto non sarei così sicuro dell'univocità del significato da attribuire al termine "naturalità". In tutta evidenza, credo che l'autore per naturalità e colleganza intendesse l'insieme dei fattori che, di fatto, facilitano i legami e rendono "naturale" e legittima la creazione di uno stato nazionale (anzi, di una confederazione, seguendo l'ipotesi dell'autore) nei suoi elementi costitutivi (popolo, territorio e sovranità). D'altronde l'espressione è in uso ancora oggi quando parliamo di "naturalizzazione", e cioè dell'atto giuridico con cui si concede il diritto di cittadinanza agli stranieri. E poi l'autore non parla di quei fattori (storia, politica, cultura, religione, lingua, ecc.) come condizione necessaria e sufficiente per far parte di uno stato di diritto. Egli stesso, come ricordato, era scettico in campo religioso senza considerare se stesso uno "snaturato".
Tania ma come si fa a dire sciocchezze del genere!
"No , le "radici" e le tradizioni culturali ( "colturali" si , esistono , ma siamo su tutt'altro piano e in pochi casi si può parlare di tradizione ) degli Stati nazione non esistono . Sono invenzioni finalizzate al controllo . La menzogna del differenzialismo culturalista è la nuova forma che ha assunto il razzismo moderno ".
Il problema oggi non sono i "razzisti classici", che sono una percentuale minima, salvo in certe zone dell'africa. Il problema oggi sono i totalitari come te che vorrebbero una società mondiale omogenea. Fascistissimi schifosi mascherati da "buoni", che elargiscono lezioni morali a tutti, gente così insincera o talmente offuscata e incapace di ragionare che non riesce nemmeno ad ammettere che per espropriare e non ammettere alcuna forma di risparmio o accumulazione si deve per forza instaurare la dittatura. Gente che mente, che nega la realtà, moralista (e i moralisti di ogni risma fanno schifo). Gente di nessuna utilità. Qui la razzista sei tu, perché non ammetti moralità di coloro che la pensano diversamente da te. Puoi anche non venire più a postare su questo blog. A noi i razzisti, i fascisti, i totalitari gli omogeneizzatori di ogni risma fanno schifo.
Preciso un attimo . E’ un dato di fatto , per dire , che la Satyagraha appartenga alla storia della formazione dello Stato Indiano , come il Risorgimento appartenga a quella dello Stato Italiano . Quando parlo di invenzione mi riferisco allo scopo ( politico ) di fissare immutabili e naturali “identità nazionali” : qui si scivola nella menzogna del differenzialismo culturalista .
Le sciocchezze le dirai tu . Io , a differenza tua , metto al centro l’essere umano : è impossibile per me volere una società mondiale omogenea ( qualsiasi cosa questo ossimoro voglia dire ) . Chi vuole “omogenizzare” sono i nazionalisti e le persone di destra come te . Non conosci i concetti che utilizzi .
Ma poi , Stefano , qui mi scrivi che ti faccio schifo . In altre circostanza mi hai espresso la tua stima . Invece di stimare me , cera di avere stima di te stesso .
Tania,
io credo che tu sia una persona di buoni sentimenti e per questo ti stimo e devo stimarti. Sei anche dotata di una cultura non frequente e pure per questo ti stimo e devo stimarti. Evidentemente se vieni a postare qua trovi in noi almeno qualcosa di positivo, sebbene cosa sia questo qualcosa non traspaia mai dai tuoi commenti. Possiamo dialogare e mi fa poacere. Ma se tu vieni a farci lezioni moralistiche o a dirci che i "nazionalisti" sono per omogeneizzare e che chi vuole differenziare, come noi, è il vero razzista, non puoi dolerti se mi incavolo. Ci vuole più umiltà. Tu esprimi le tue opinioni e noi esprimiamo le nostre.
Ecco il commento che già avevo preparato prima di leggere il tuo ultimo:
"No. Chi vuole omogeneizzare sono i globalisti, gente che non disistima Habermas, che non ne ha azzeccata una (sull'europa lo ha ammesso anche lui, sebbene poi sia sempre fiducioso su un futuro cambiamento. E' chiaro che ammettere di aver sbagliat su tutta lalinea è difficile e richiede umiltà). Ai "nazionalisti" (termine che si può utilizzare nel senso in cui lo ha utilizzato Mimmo Porcaro, di "nazionalismo democratico" e al limite culturale ma diverso dal senso imperialista o colonialista che il termine ha oggettivamente avuto in Italia) o meglio patrioti non fraga assolutamente nulla di come vivano in altri luoghi. Non sono imperialisti e non sono globalisti, ossia fedeli alla omogeneizzazione culturale e quinte colonne del capitale.
Aggiungo che nessuno ha mai parlato di immutabili identità nazionali. Semplicemente, come ogni persona ha un carattere, che è suscettibile di mutare (ma c'è l'indole, che è un po' più dura a morire) i popoli hanno un carattere, che deriva dalla loro storia, positiva o negativa, che si esprime nella lingua, negli istituti tipici, nelle forze che si sono imposte. Tutto ciò rende differenti persino "i capitalismi", come riconoscono anche eminenti economisti marxisti. Io sono qua, vivo tra tre città italiane, conosco a mala pena l'Italiano, i miei figli vivranno qua e voglio interessarmi della vita presente e futura su questa terra che si chiama Italia, della quale conosco i nomi delle città di provincia, i nomi delle cittadine grandicelle, i nomi dei luoghi in cui si sono svolte battaglie importanti, i nomi dei fiumi anche modesti che vorrei bonificare, ecc. ecc. Mi interesso a questo mondo. Posso scegliere di essere culturamente cosmopolita o per pigrizia preferire essere municipale. Non esiste nemmeno un obbligo di essere cosmopoliti culturalmente.
Quindi cerco di riflettere su cosa bisogna fare qua, in Italia; su quale è l'analisi concreta della situazione concreta che devo svolgere con riguardo all'Italia; cerco il meglio che si può trarre dalla nostra storia; espungo il peggio che vi ritrovo. Che c'è di male in quetso atteggiamento? Tu puoi averne un altro – sebbene io non capisca come altri atteggiamenti possano essere premesse di un'azione; diversamente stanno le cose per la contemplazione – ma perché non devi rispettare e capire la "moralità" della mia, anzi nostra, impostazione?
No , mi dispiace , forse mi sono espressa male , ma non penso affatto che tu sia razzista e non l’ho mai pensato . E non mi sento moralmente superiore a nessuno al mondo , e nemmeno mi interessa esserlo: tra l’altro faccio tante gaffe , ne ho fatta una qua sotto con Fiorenzo Fraioli .
Ho solo detto ( e preciso : anche quando lo si fa in buona fede ) quando si descrivono delle identità nazionali si rischia di scivolare nel differenzialismo culturalista . Che è una menzogna ( la libera diversità , dalla Riforma , dall’illuminismo , dal Moderno in poi eccetera eccetera , è una conquista che può riferirsi solo all’essere umano , non a distini gruppi umani , ma all’essere umano libero e eguale ; e chi combatte questa libera emancipazione , questa libera diversità , in uguale dignità , sono invece tutte le tradizioni di Destra , che vogliono il soggetto sempre omologato , quindi omogenizzato , ad una razionalità oltreumana ed escludente : sia essa Mercato , Tradizione , Razza , Nazione eccetera )… Quindi un menzogna , quella del differenzialismo culturalista , che è certamente la forma che ha assunto il razzismo moderno e che è stata ampiamente denunciata e smontata da molti autori .
Marine Le Pen e Borghezio non si definiscono razzisti ( non potrebbero .. ) ma differenzialisti culturali .. Trasformano la cultura in natura . Per loro non esistono le persone ( con la loro interna e libera complessità che non può certo essere ingabbiata all’interno di politiche identitarie ) ma il gruppo umano A , B , C con determinate caratteristiche culturalmente “naturali” ( fissate da loro ) da rispettare .
"quando si descrivono delle identità nazionali si rischia di scivolare nel differenzialismo culturalista."
Tania
Dipende dalle intenzioni di chi descrive queste identità. Un conto è sostenere (1) che le differenze (per altro non immutabili) tra due popoli, "A" e "B", sono un dato di fatto di cui tener conto in ogni azione politica, un altro conto è sostenere (2) che gli individui di "A" (o "B") non hanno la libertà di differenziarsi al proprio interno.
Come è evidente, tu hai confutato la seconda tesi – tesi-fantoccio, cioè costruita ad hoc – senza affrontare direttamente la prima tesi sostenuta in origine (molto più plausibile della seconda).
Tania,
mi sento di applaudire la ferrea logica di Gianluigi, che con quattro righe ha detto tutto.
Gianluigi Leone ,
Devo dire che ora , sul momento , non capisco molto la tua risposta ( colpa mia , davvero , sono stanca ) .
Mettiamola così :
Se pensi che le persone non sono come degli automi che eseguono un programma chiamato Cultura A , B eccetera … Che le culture non parlano tra loro , non discutono , non confliggono : sono le persone che lo fanno .. Che sclerotizzare le culture , privarle della loro naturale continua modificabilità è differenzialismo culturalista alla LePen o Borghezio… eccetera
Siamo d’accordo e mi fa piacere .
Tania
Certamente, le culture non dovrebbero mai rendersi impermeabili, né tantomeno dovrebbero entrare in conflitto. Se lo facessero sarebbe la morte della cultura. Non sto dicendo che le culture devono convergere fino al raggiungimento di un'unica cultura omogeneizzata, nel qual caso si avrebbe ugualmente la morte della cultura.
Solo in politica il conflitto ha ragione di esistere. In questo caso solamente, vale l'esatto contrario di quanto sostenuto per la cultura in senso lato: senza conflitto muore la politica stessa, e in particolar modo la democrazia.
Ma questo è un altro punto…
Nel mio precedente commento volevo farti notare che hai confutato una tesi che qui non ha sostenuto nessuno.