Storia di patriote
“Prima ancora dunque che alla causa femminile io mi ero votata a quella della mia patria e il mio amore per la prima nacque dal mio amore per la seconda”
Con queste parole Adelaide Cairoli descriveva il proprio sentimento patriottico. Madre dei più noti fratelli Cairoli, essa è considerata una delle “madri della nazione”. Tuttavia sono diverse le donne che furono in prima linea nella lotta risorgimentale.
All’inizio del 1821 nacque il ramo femminile della Carboneria: le affiliate si chiamavano “Giardiniere” perchè ufficialmente si incontravano nei giardini delle loro ville per parlare di erbe e fiori. Il loro motto era “Onore e virtù” e potevano portare un pugnale, nascosto tra la calza e la giarrettiera, solo dopo aver superato un lungo apprendistato.
Sia al Sud che al Nord, in molte parteciparono in prima persona alla lotta armata: le troviamo sulle barricate di Milano, Novara, Mantova, Venezia, nel Cilento, in Campania, in Sicilia e nella spedizione dei Mille. Ed era proprio dietro ai ripari improvvisati delle barricate che a Palermo, il 12 gennaio 1848, Santa Diliberto, merciaia, distribuiva agli uomini le coccarde tricolori che aveva cucito per tutta la notte, tappezzando anche i carri e i materassi con i colori della nazione. A Messina, Rosa Donato si aggirava per le strade della città manovrando un vecchio e pesante cannone ovunque ci fosse bisogno di una bordata. Accanto a lei Giuseppina Vadalà, armata di fucile e della sua forte voce di popolana incitava i cittadini a ribellarsi e a combattere l’esercito borbonico.
Nello stesso anno a Milano, Maria Giuditta Galimberti Facchini, lanciava sassi dalle finestre della sua casa e quando scese in piazza per raccogliere altre pietre, venne gravemente ferita da un colpo di fucile. Nella stessa città Luigia Battistotti Sassi era riuscita a trafugare delle pistole all’esercito austriaco e combattè strenuamente per tutte e cinque le giornate.
Nel frattempo la leggendaria bella Gigogin, giovanissima orfana piemontese, fuggì dal suo istituto per raggiungere gli insorti a Milano. Qui conobbe Mameli e fra i due scoppiò un amore intenso, tanto da farsi arrestare per salvare il suo amante dalla polizia austriaca che lo pedinava, iniziando a lanciare insulti in strada contro l’imperatore Ferdinando II.
Nel 1860 Rosalie Montmasson e Antonia Masanello parteciparono in prima persona alla spedizione dei Mille. Insieme a queste vi era la contessina piemontese Maria Salasco, la quale dopo essere fuggita dal convento dove il padre l’aveva rinchiusa e aver partecipato alle Cinque Giornate di Milano, conobbe Garibaldi nel 1854 e lo seguì nello sbarco di Marsala. Qui si occupava principalmente delle ambulanze militari, ma è nota per un episodio alquanto eroico. Non appena sbarcati, le navi borboniche aprirono un fuoco intenso sui garibaldini e alcuni iniziarono a fuggire, ma fu proprio Maria a riportare l’ordine tra le truppe e a posizionare i cannoni contro le navi borboniche.
Molte donne, anche se non parteciparono in prima linea ai combattimenti, furono tra le principali finanziatrici del Risorgimento. È il caso di Giuditta Bellerio Sidoli, amante di Mazzini, con il quale fondò il giornale politico “La Giovine Italia” e di cui fu responsabile e contabile. Oppure di Nina Schiaffino Giustiniani che nel suo salotto filo-repubblicano raccoglieva cospicui fondi e svolgeva attività di propaganda a favore della “Giovine Italia”. Tuttavia la principale promotrice del Risorgimento fu Cristina Trivulzio Belgiojoso, la quale finanziò cospicuamente una serie di moti ribelli, come il colpo di mano mazziniano del 1834 nel Regno di Sardegna, per la quale occasione lei stessa ricamò le bandiere degli insorti. Ad essa è legato un altro episodio particolare risalente ai moti napoletani del 1848. Durante l’insurrezione partenopea Cristina si trovava a Napoli, ma quando venne a sapere che a Milano altri patrioti erano insorti decise di raggiungerli e pagò il viaggio a tutti i napoletani che vollero seguirla.
A tutte le patriote e i patrioti dell’epoca era piuttosto chiaro un aspetto, ossia il fatto che non avrebbe potuto esserci alcuna lotta nazionale senza una lotta sociale. È per questo che molte patriote si impegnarono attivamente nella lotta alla povertà e alla mancanza di tutele. Oltre alla succitata Adelaide Cairoli, vi era Laura Solera Mantegazza, che nel 1848 si occupò virtuosamente dei feriti durante le Cinque Giornate di Milano e due anni dopo fondò nella stessa città il primo ricovero d’Italia per bambini lattanti, al quale ne seguirono altri nel giro di pochi anni. Mentre nel 1862 fondò l’associazione nazionale operaia femminile e istituì una serie di scuole per istruire le operaie adulte. Nella sua casa milanese vi è tutt’oggi una lapide marmorea con su scritto: “In questa casa abitò molti anni e istituì il primo ricovero dei bambini lattanti, Laura Solera Mantegazza, vera madre del povero.”
Molto attiva nel medesimo campo era Bianca De Simoni Rebizzo, la quale fondò a Genova un asilo infantile e un collegio femminile, il quale però venne chiuso in quanto si sosteneva che essa facesse alle ragazze propaganda nazionale e repubblicana di stampo mazziniana. Solo dopo l’Unità d’Italia fu riaperto il collegio.
Diversa era invece l’attività di Laura Beatrice Oliva, soprannominata “la poetessa del Risorgimento”, in quanto abilissima scrittrice di versi sull’indipendenza nazionale, nei quali esaltava i martiri della patria e si appellava alle donne italiane perchè lottassero per la causa nazionale:
“Il ciel ripose
in noi madri, in noi spose,
le sorti liete della patria o il danno.
Se concordi saremo dell’alta impresa
restano i figli nostri in sua difesa.”
L’augurio è che oggi come allora tutte le donne partecipino alla nostra lotta di liberazione con lo stesso spirito delle loro antenate e nella convinzione che, come disse Garibaldi, “con donne simili una nazione non può morire”.
Bibliografia
AA. VV., Donne del Risorgimento, Il Mulino, 2011.
Bertolo Bruna, Donne del Risorgimento: le eroine invisibili dell’Unità d’Italia, Ananke 2011.
Luca Mancini
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