GEAB n. 52 Cadrà il 'muro dei petro-dollari': trauma monetario-petrolifero per gli USA
Fonte: www.leap2020.eu. Traduzione per Megachip a cura di Fanny Milazzo
Con questo numero 52 del GEAB, la nostra équipe celebra due anniversari importanti in termini di previsioni. È infatti nel febbraio 2006, dunque esattamente 5 anni fa, che il GEAB N°2 incontrò all'improvviso un successo mondiale nell’annunciare il prossimo «scoppio di una crisi mondiale massima» caratterizzata in particolare «dalla fine dell'Occidente così come lo conosciamo dal 1945». Ed è esattamente due anni fa, nel febbraio 2009, che con il GEAB N°32, LEAP/E2020 anticipava l'inizio della fase di disgregazione geopolitica mondiale per la fine proprio di questo stesso anno. In entrambi i casi, è importante notare che l'interesse innegabile suscitato da queste previsioni a livello internazionale, misurabile in particolare in milioni di lettori dei comunicati pubblici interessati, ha riscontrato un equivalente silenzio dei principali mass media su queste stesse analisi e l'opposizione furibonda (su Internet) della grande maggioranza degli esperti e specialisti economici, finanziari o geopolitici.
Tuttavia, in quest'inizio del 2011, non c’è più molta gente a dubitare che ci troviamo in un processo d'ampiezza storica che vede il mondo del dopo 1945 crollare sotto i nostri occhi, Stati Uniti in testa, mentre la comunità internazionale si disgrega ogni giorno un po' di più, come del resto anche il tessuto sociale ed economico della maggior parte dei paesi del pianeta (1). Ma questa evidenza fattuale non impedì a decisori ed esperti (2), nel 2006, di essere certi che non ci fosse nessun rischio di crisi importante all'orizzonte; e, nel 2009, che fosse assurdo immaginare il minimo rischio di disgregazione dell'ordine mondiale e ancora meno dell'ordine sociale. Ahinoi, oggi, la capacità intellettuale di queste élite nel far fronte ai cambiamenti in corso non sembra essere migliorata, giacché gli stessi “decisori ed esperti” non immaginavano che fosse possibile soltanto due mesi fa che la Tunisia, e poi l'Egitto potessero vedere i loro regimi essere rovesciati così velocemente. Governi e istituzioni internazionali ciechi (3), esperti e mass media superati (4),… le élite occidentali, nonché i loro cloni delle varie regioni del mondo, continuano a sprofondare negli “holzweg” della Storia, questi sentieri boschivi che non portano da nessuna parte, o più esattamente come sottolineava Heidegger, che non portano da qualche parte a meno che non si abbia l'umiltà di essere costantemente all'ascolto di una foresta e dei suoi segnali (5).
Nondimeno, mentre i segnali diventano vere sirene d' allarme, le nostre élite sembrano fare di tutto per ignorarli. Prendiamo un esempio molto recente: il paragone degli eventi che riguardano il mondo arabo con la Caduta del Muro di Berlino. Il nostro gruppo si è molto interessato nel constatare che quest'immagine che noi utilizziamo dal 2006 per aiutare a comprendere il processo in corso di disintegrazione della potenza degli Stati Uniti, ormai è ripresa attivamente dai dirigenti politici (Angela Merkel in testa (6)) e dagli esperti di qualsiasi tipo. Tuttavia, finora, anche coloro che fanno questo paragone sembrano impedire a se stessi di proseguire il loro cammino intellettuale fino in fondo, fino al punto in cui sfocia su una comprensione della dinamica degli eventi. Si accontentano di descrivere, senza analizzare.
Ora, questo “muro” che crolla è stato pur costruito da qualcuno, o qualcosa, e con uno scopo preciso.
Il “Muro di Berlino” era stato costruito dal regime tedesco-orientale, nel contesto più generale della “Cortina di Ferro”, voluta dall'URSS, per separare il più ermeticamente possibile il blocco comunista dall'Occidente. E ciò mirava principalmente ad evitare ogni rimessa in discussione del potere detenuto dal partito unico in ogni paese comunista per perpetuare il controllo da parte di Mosca dei paesi europei dell'Est; in cambio, Mosca garantiva granitico sostegno e prebende di ogni tipo ai dirigenti dei paesi dell'Europa dell'Est. Il crollo del “Muro di Berlino”, nel rimettere in discussione questi monopoli di potere e dunque gli obiettivi ai quali servivano, ha così causato in alcuni mesi la caduta successiva di tutti i regimi comunisti dell'Europa dell'Est per concludersi due anni più tardi con la dissoluzione dell'URSS e la fine di settant'anni di potere assoluto del partito comunista russo.
Allora, se c' è anche un “muro” che sta cadendo sotto i nostri occhi nel mondo arabo, per potere sperare di anticipare il seguito degli eventi, è essenziale rispondere a queste domande: chi lo ha costruito? A quale scopo? E le risposte non sono così difficili da trovare per coloro che non osservano l'attualità con lenti ideologiche:
- questo “muro” è stato costruito da ognuno dei dittatori (o regimi) arabi della regione per garantire il mantenimento del loro monopolio sul potere e sulle ricchezze del paese, evitando ogni rischio di rimessa in discussione del loro partito unico o della loro legittimità dinastica (per i regni). In questo senso, c'è poca differenza tra le cricche al potere nei paesi arabi e quelle che dirigevano i paesi comunisti.
- questo “muro” s'integrava nel dispositivo più generale messo in campo da Washington per garantirsi il suo accesso preferenziale (e in dollari USA) alle risorse petrolifere della regione e salvaguardare gli interessi d'Israele. La stretta integrazione degli apparati militari e di sicurezza di questi paesi (tranne la Siria e la Libia) con il dispositivo di difesa degli Stati Uniti assicura(va) l'incrollabile sostegno americano e permette(va) ai dirigenti arabi interessati di beneficiare di prebende di ogni genere senza rischio di rimessa in discussione da parte di forze interne o esterne.
Così, riflettendo un po' di più sul suo paragone con la caduta del Muro di Berlino alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, la cancelliera tedesca avrebbe potuto girarsi verso la sua vicina di dibattito, il segretario di Stato americano Hillary Clinton, e chiederle: «Non pensa che gli eventi attuali in Tunisia e in Egitto siano i primi segni della caduta di tutti i regimi che dipendono da Washington per la loro sopravvivenza? E che possono in particolare condurre a un crollo rapido del sistema d'approvvigionamento del petrolio degli Stati Uniti così com'è stato dispiegato decenni fa? E dunque del sistema globale di fatturazione del petrolio e del ruolo centrale del dollaro in materia?» (7).
Intanto che l' uditorio della Conferenza sulla sicurezza di Monaco si sarebbe improvvisamente reso conto che si discuteva finalmente di qualcosa di serio (8), Angela Merkel avrebbe potuto aggiungere: «E per quanto riguarda Israele, non pensate che questa caduta del “Muro” implicherà rapidamente la necessità di riconsiderare tutta la politica americano-israeliana nella regione?(9)». E così il miracolo, la Conferenza sulla sicurezza di Monaco avrebbe rimesso piede nel XXI secolo e il dibattito euro-americano avrebbe potuto attingere di nuovo al mondo reale anziché divagare nella virtualità transatlantica e nella lotta contro il terrorismo.
Malauguratamente, come tutti sappiamo, questo scambio non ha avuto luogo. E le divagazioni delle nostre classi dirigenti rischiano dunque di continuare con la conseguenza di accentuare i traumi dell’anno 2011 e il suo carattere impietoso così come anticipato nel GEAB N°51.
Tuttavia, LEAP/E2020 è convinto che gli eventi attuali nel mondo arabo, di cui avevamo esattamente anticipato i meccanismi, sono soprattutto la traduzione regionale delle tendenze di fondo della crisi sistemica globale, e in particolare della disgregazione geopolitica mondiale (10). A questo titolo, sono la premessa di traumi più profondi nei trimestri a venire. Riteniamo in particolare che la fine del 2011 sarà segnata da ciò che il nostro gruppo chiama «la caduta del muro dei petrodollari» (11) che genererà immediatamente uno choc monetario-petrolifero di massima portata per gli Stati Uniti. Si tratta, d'altronde, di uno degli argomenti principali di questo comunicato GEAB N°52 con la previsione più generale dell'evoluzione del mondo arabo (incluso un indicatore preciso del rischio-paese nella regione). D' altra parte il nostro gruppo analizza l'accelerazione in corso del processo di emergenza di Eurolandia e le sue conseguenze per l'Euro e la situazione in Europa. Infine, presentiamo le nostre raccomandazioni riguardanti tutti questi eventi.
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NOTE (in francese):
(1) Même le FMI, à l'imagination pourtant peu développée, évoque désormais le spectre de guerres civiles à travers toute la planète comme le rapporte le Telegraph du 01/02/2011 ; tandis que The Onion du 24/01/2011 s'exerce avec succès à l'humour noir dans un article étonnant, mais révélateur de l'ambiance actuelle, qui évoque la désignation par la Fondation du Patrimoine Mondial, sponsorisée par Goldman Sachs, du « Fossé entre riches et pauvres de la planète » comme étant la 8° Merveille du Monde du fait de son ampleur désormais sans équivalent.
(2) Nous mettons des guillemets car à notre avis un décideur qui ne prévoit rien et un expert qui ne sait rien sont en fait des imposteurs.
(3) La CIA et le gouvernement français fournissent deux illustrations exemplaires de cette tendance générale : ils n'ont rien vu venir en Tunisie et en Egypte, alors même que les uns dépensent des dizaines de milliards de Dollars par an pour espionner le monde arabe et que les autres se promenaient au plus haut niveau (Premier Ministre et Ministre des Affaires étrangères) au cœur des pays concernés. La simple lecture de nos anticipations de 2008 (GEAB N°26 sur le sujet aurait pourtant pu les mettre sur la piste puisque ce sont exactement les tendances décrites alors qui ont abouti aux évènements tunisiens et égyptiens de ces dernières semaines. Comme le résume brutalement le Spiegel du 03/02/2011, « La révolution, ça n'est pas bon pour les affaires » … surtout quand on a rien vu venir pourrait-on ajouter.
(4) En la matière, les investisseurs et les acteurs économiques qui se sont contentés de ces analyses se retrouvent aujourd'hui dans des difficultés sérieuses puisque les « El Dorado » promus à coup de reportages et de commentaires « éclairés » se sont transformées brutalement en piège à capitaux, en zones instables, en prévisions incertaines. Les « fantastiques avantages compétitifs » sont quant à eux devenus en une nuit ou presque des « risques pays insupportables ». Délocalisation, sous-traitance, tourisme, construction d'infrastructures, … pour l'ensemble de ces activités, c'est en effet tout le contexte social, légal, économique, monétaire et financier des pays concernés qui est projeté dans l'inconnu.
(5) Petite remarque philosophique et méthodologique : sans aucune préméditation, notre équipe s'inscrit ici à nouveau dans une approche très franco-allemande puisque notre travail d'anticipation s'appuie non seulement sur cette notion d' « écoute » et de dévoilement de réalité chère à Heidegger, mais également sur l'approche défendue par Descartes, à savoir, la définition d'une méthode rationnelle. Voilà d'ailleurs une synthèse qui devrait inspirer ceux qui actuellement travaillent à définir les futures caractéristiques de la gouvernance de l'Euroland. Pour en savoir plus sur cette question du « chemin » chez Heidegger et Descartes, on peut lire utilement cette page du site Digressions. Et pour mieux comprendre la méthode utilisée par LEAP/E2020 et tenter de l'appliquer vous-même directement, nous vous recommandons le Manuel d'Anticipation Politique publié aux éditions Anticipolis.
(6) Source : Bundeskanzlerin, 10/02/2011
(7) On assiste déjà à des mouvements d'ampleur autour du pétrole puisque les Etats-Unis s'apprêtent à abandonner leur propre indice WTI du cours du pétrole pour se rallier à l'indice européen Brent étrole) auquel l'Arabie saoudite s'est déjà convertie en 2009 en abandonnant le WTI. La divergence des cours entre les deux indices a culminé avec la crise égyptienne. Nous revenons sur la question pétrolière dans un autre chapitre de ce numéro du GEAB. Source : Bloomberg 10/02/2011
(8) Cette conférence, à l'instar du Forum de Davos, a un air délicieusement rétro. Les organisateurs et les participants semblent ne pas avoir réalisé que le monde auquel ils appartiennent a disparu, que leurs débats n'intéressent en fait plus personne dans le monde « réel » et que les nombreuses heures d'émissions qui leurs sont consacrées sur les chaines de télévision internationales sont la mesure inverse du très petit nombre de spectateurs qui les regardent. Avec plus de 1.500 participants américains et britanniques contre 58 latino-américains et moins de 500 asiatiques, Davos incarne indéniablement le forum typique du « monde d'avant la crise », confirmé par sa signature linguistique, le monolinguisme anglophone (même sur son site web). Monolinguisme ou multilinguisme constitue d'ailleurs selon LEAP/E2020 un premier critère très simple d'évaluation pour savoir si un projet ou une organisation à vocation internationale appartient plutôt au monde d'avant la crise ou au contraire est déjà en partie adaptée au monde d'après.
(9) A ce sujet, il faut lire le remarquable éditorial de Larry Derfner dans le Jerusalem Post du 09/02/2011.
(10) Washington a ainsi fait preuve d'une impréparation absolue, puis d'une indécision évidente, confirmant non seulement la fin de tout leadership américain au niveau international mais l'accélération d'un processus de paralysie du pouvoir central américain. Pour comprendre l'importance du phénomène, il faut garder en mémoire que l'Egypte est l'un des pays au monde qui est le plus directement financé et encadré par les Etats-Unis depuis la fin des années 1970. D'ailleurs, le New York Times du 12/02/2011 résume très bien la situation, tout en essayant de la présenter comme une stratégie alors qu'elle n'est qu'une absence de stratégie, en décrivant la gestion de la crise par Barack Obama comme étant du « straddle », une technique boursière consistant à essayer de se couvrir des deux côtés quand on sent qu'un événement important va arriver mais qu'on a aucune idée du sens qu'il va prendre. Au passage, l'article illustre le clivage entre « anciens » et « modernes » que cette crise a fait émerger au cœur du pouvoir US. Mais, nous revenons plus en détail sur tous ces aspects et leurs conséquences dans une autre partie de ce GEAB.
(11) Qui est un segment stratégiquement essentiel du « Mur Dollar », comme le « Mur de Berlin » l'était pour l'ensemble du « Rideau de Fer ».
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