L’Euro e l’area di libero scambio
Parte prima. Situazione al tempo della introduzione della moneta unica
Sicuramente l’introduzione della moneta unica ha risposto ad un’esigenza di mercato, ma forse ha anche rappresentato la necessità di creare un nuovo e più saldo legame tra paesi diversi.
Come nel diciannovesimo secolo l’Italia dovette unirsi per competere con le altre potenze nazionali d’Europa, così la dissoluzione del sistema bipolare impose alle nazioni europee la necessità di creare una realtà che potesse competere con le potenze continentali emergenti. Iniziando questa operazione col vincolo monetario per proseguire in quell’unione che però, invece di rafforzarsi è diventata solo un peso grazie agli egoismi ed alla poca visione strategica dei paesi interessati.
Un forte ostacolo, inutile nasconderlo, è stato rappresentato dai difetti atavici di certi paesi, ed è per questo che tenterò qui un’analisi più serena possibile della storia dell’Euro.
E questo perché tale moneta si trova in questi giorni sotto attacco, in parte giustificato ed in parte pretestuoso, ma anche per ragioni esterne ad essa.
Dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni ’80, il mondo economico/politico, visse una relativa calma.
Dal momento in cui si mettevano d’accordo le due maggiori potenze mondiali (USA e URSS) quasi tutte le tensioni e gli attriti venivano risolti con una telefonata tra la Casa Bianca e il Cremlino.
Ambedue avevano il loro “impero” da sfruttare economicamente, ed avevano le risorse naturali per svilupparsi e crescere.
Non era proprio un mondo ideale, perché qualcuno, ogni tanto sfuggiva alla tutela del proprio nume, qualcuno voleva giocare una partita in proprio, ma complessivamente il gioco delle parti funzionava abbastanza.
L’Europa faceva parte di questa spartizione, con il suo più grosso paese diviso a metà tra i due “imperi”, e gli altri paesi, un po’ di qui e un po’ di là.
La spinta ad una rottura di questo equilibrio venne soprattutto dall’Asia.
Il Giappone era cresciuto economicamente grazie al suo dominio economico incontrastato sui paesi asiatici minori, gli USA con la fine della guerra del Vietnam, avevano definitivamente abbandonato ogni sogno di egemonia su quell’area, nella quale cominciarono ad affacciarsi i due paesi più popolosi del mondo: Cina e India.
Il vecchio equilibrio cominciava a dare segni di stanchezza, grazie alle evoluzioni nei due paesi principali.
La Russia sovietica doveva ammettere che il regime (chi dice comunista, ma sarebbe invece corretto chiamarlo stalinista) dei piani quinquennali era definitivamente fallito, così come i vari regimi dittatoriali imposti nei paesi dell’America centrale e meridionale dagli USA, stavano perdendo presa sulle popolazioni.
Tali regimi non riuscivano più a dare garanzia di tenuta, in quello sfruttamento a basso costo delle popolazioni, perseguito dagli USA grazie alle loro multinazionali.
Tra le tante crisi che questo mondo occidentale visse, l’ultima, quella da sovrapproduzione, indusse i paesi occidentali a sfruttare le aperture politico/economiche e dirigere le attenzioni a quel mercato immenso rappresentato dall’Asia.
Mentre l’Europa perdeva d’interesse strategico come punto d’incontro di quei due mondi, l’attenzione geopolitica si stava spostando inesorabilmente verso l’Asia.
In questo quadro con la nascita di due potenze continentali del peso e dimensione di Cina e India, seppure nani economici al tempo, e lo stop al dominio Giapponese nell’area in seguito alla grave crisi asiatica, oltre alla caduta di molte dittature delle americhe centrali e meridionali, divenne evidente come in futuro si sarebbe avuta una suddivisione del mondo multipolare, e non più bipolare , come era stata fino ad allora.
Ecco che in tale situazione, con l’URSS in disfacimento, con gli USA restati l’unica vera grossa potenza economica e militare nel mondo di allora, nasce l’idea dell’Europa, che con la caduta del muro di Berlino acquista anche una leadership credibile.
In questo modo va vista la spinta verso l’unione europea.
La caduta del sistema mondiale bipolare che evolve verso un sistema multipolare, dove le scelte politiche ed economiche vengono fatte da quelle che saranno potenze continentali.
Per contare qualcosa, quindi, l’Europa deve unirsi, per poter partecipare alle scelte mondiali, e avere un peso come unità politico/economica.
Esistendo già la CEE, ecco che la scelta verso l’unione economica e monetaria appare la più semplice da realizzare, considerando quella politica una necessità di cui si sentirà il bisogno in seguito.
D’altronde si delineava già chiaramente l’impossibilità per quello che era il “mercato” occidentale, di assorbire le merci da esso prodotte, grazie all’aumento continuo, e costantemente rapido, della produttività.
Quando l’aumento di produttività premia il lavoro, conferisce mezzi ai lavoratori per acquistare quegli stessi beni prodotti; quando invece premia il capitale, si va verso la necessità di aprire nuovi mercati.
E questo è valido sia per la quantità di beni ma anche per la qualità dei beni stessi. Alcuni popoli africani non possono essere, oggi, “clienti” per buona parte di quei beni che nella società occidentale sono ormai considerati delle necessità come un computer o un frigorifero.
Scelta sciagurata, quella di far precedere l’unione monetaria a quella politica e fiscale, ma alla quale i governanti di allora credettero come unica possibilità realistica, visti i tanti motivi di competizione e attrito tra i vari stati.
Quindi paesi di lingue, tradizioni, abitudini, condizioni economiche diverse, decisero di avviare tale unione partendo da quella monetaria.
Ovviamente non fu una scelta ideologica, anche se tale volle esser fatta apparire. Gli alti ideali hanno sempre avuto un ruolo importante nel fare digerire alle popolazioni scelte difficili.
Ma vediamo la situazione dei principali paesi europei negli anni ’90, anni in cui si posero le fondamenta per l’adozione dell’euro.
Germania.
È il principale paese europeo, sia come popolazione, che come ricchezza. Dopo l’esperienza della repubblica di Waimar, è ossessionato dall’inflazione, per cui tutta l’attenzione possibile è verso la stabilità monetaria. Anche la sua organizzazione bancario/monetaria riflette tale ossessione, e nonostante ciò si trova di fronte al problema dell’unificazione. Il marco dell’ex DDR viene cambiato con il marco occidentale 1 a 2 nel sistema bancario e 1 a 1 ai privati.
Questo fatto limita l’inflazione che potrebbe generarsi, ma porta alla chiusura di quasi tutti i complessi industriali dell’allora DDR, provocando fortissima disoccupazione ad est, ed un forte rallentamento nelle dinamiche salariali ad ovest.
È un paese che si trova a dover ricostruire una gran parte di se stesso, sulla base di abitudini e atteggiamenti verso il lavoro e la produzione assai diversi.
La volontà dei suoi governanti, unita alla forte spinta nazionalista, però, permette quest’operazione, che necessità prima di tutto di una forte volontà politica e una altrettanto forte disponibilità economica.
Vista quindi la necessità di ricreare una struttura industriale competitiva nella zona est, per permettere l’accrescimento dei redditi della popolazione atto ad implementare il mercato interno, emerse l’evidenza della necessità di un mercato esterno pronto a ricevere le merci prodotte in queste nuove realtà produttive, ma non ancora abbordabili dai locali.
E questo mercato fu proprio trovato nei paesi “deboli” d’Europa.
Francia.
Forte sul mercato agricolo, automobilistico, aereonautico e dell’energia, per la produzione della quale sviluppò molte centrali per l’arricchimento di quell’uranio necessario alla sua “force de frappe”.
Avendo bisogno di uno sviluppo più graduale e continuo , rispetto alla Germania, ma meno impellente, seppur più debole economicamente, ebbe molta voce in capitolo nella formazione dell’unione.
Inoltre poteva offrire all’unione quell’industria aeronautica cresciuta all’interno per necessità di difesa (allora era fuori dalla NATO) ma estremamente costosa per un paese delle sue dimensioni.
Ricordo come il tentativo di spostare sul civile, il peso degli investimenti militari nell’aeronautica, che portarono alla produzione del “concorde”, fallì, grazie alle nuove esigenze di massa del mercato del trasporto aereo.
Inghilterra
Da sempre la “portaerei finanziaria” degli USA vicino alle coste dell’Europa continentale, con un piede in Europa per cosa riguarda industria e manifattura, e l’altro negli USA per cosa riguarda il mercato finanziario (cambi, futures, mercato dei derivati, assicurazioni e riassicurazioni, mercati di molte commodities, ecc…)
Da sempre ha ondeggiato tra l’Europa e gli USA a seconda dei momenti, avvicinandosi all’una o all’altra a seconda di convenienza e necessità.
Partecipa all’euro, ma non l’ha adottato, condizionando così le decisioni monetarie ma tenendosi la propria autonomia monetaria.
Italia
Dolenti note. Fino all’ultimo è stata in bilico tra l’essere e il non essere accettata a pieno titolo nell’area Euro.
Con un’inflazione a due cifre, con un debito pubblico al 100% del PIL, rappresentava per l’Euro più una scommessa che un’opportunità.
Con i suoi immensi problemi legati alla malavita organizzata ( contro stato in almeno 4 regioni ) con la forte differenza di mentalità, reddito, abitudini, persino lingua, tra le regioni del nord e quelle del sud, divisa in tutto, tranne che nella mentalità non proprio etica, venne accettata solo ed esclusivamente perché era un mercato discretamente grande, sia per le merci tedesche, che per l’energia francese.
Dovette far fronte al grosso problema derivante dalla cessione della sovranità monetaria.
Abituati da sempre alle “svalutazioni competitive”, i suoi governanti non poterono più ricorrere a tale metodo per supplire all’incapacità dello stato sia di raccogliere con le tasse risorse sufficienti al suo mantenimento ed al rimborso di quel debito pubblico che cresceva di anno in anno, che di opporsi alle richieste economiche e normative che salivano periodicamente dalla popolazione.
Bisogna ricordare che quel periodo seguito a quello delle lotte sindacali e ricordato anche con la famosa frase di Craxi sulla “Milano da bere”, era stato caratterizzato da credito facile per tutti onde indebitare i lavoratori nell’acquisto di abitazioni e quant’altro, ma rendendoli così ricattabili, con l’inizio dell’immigrazione di massa dai paesi dell’africa del nord.
Tali immigrati, confluiti nel mercato del lavoro, lo calmierarono, offrendo braccia a buon mercato , ma causando un innalzamento della disoccupazione.
Stretti così tra il rischio di licenziamento e i debiti da pagare, ogni rivendicazione cessò.
Tale politica però costò allo stato una più che decuplicazione del debito pubblico, portandolo verso la fine degli anni ’90 al 100% sul PIL.
Questa la ragione per cui, nonostante tale debito venisse acquistato per buona parte dagli italiani più ricchi, spinse in alto gli interessi da offrire sui titoli del tesoro, e quindi gli interessi in generale, a livelli a due cifre.
Il fatto di venire accolti nell’area dell’Euro, volle dire, da una parte manovre “lacrime e sangue” ma dall’altra veder scendere gli interessi sul rinnovo di tali titoli , sotto il 5%.
La moneta forte, garantita da paesi come Francia e Germania, ha avuto lo stesso significato dell’aver ottenuto una copertura aurea, vantaggio che però venne pagato con l’impossibilità di continuare con le “svalutazioni competitive”.
Irlanda.
Questo paese rappresenta invece un altro tipo di “trucco” per risolvere la propria arretratezza economica.
Per facilitare gli investimenti esteri, e quindi creare un paradiso per gli investimenti, venne garantita una bassa tassazione ai capitali esteri, oltre ad altre facilitazioni fiscali.
In effetti il trucco funzionò attirando molti capitali che delocalizzarono in Irlanda diverse produzioni. Questo portò ad una veloce industrializzazione, ed un innalzamento del tenore di vita dei suoi abitanti, prima dediti all’agricoltura ed all’allevamento.
Capitali esteri riempirono così anche le banche irlandesi, che concessero mutui facili, facendo così lievitare il mercato immobiliare.
Tale ricchezza “importata”, però, partecipò a dare agli irlandesi quella sensazione di agiatezza, e di ricchezza, confermata dal lievitare dei prezzi degli immobili.
Spagna.
Altro paese per il quale la forza dell’Euro rappresentò una occasione per gonfiare la bolla immobiliare. Paese a basso reddito, prima dell’avvento dell’Euro, legato ad una relativamente bassa industrializzazione, appena uscito da una dittatura quarantennale, che aveva represso le rivendicazioni sindacali, ma mantenuto un mercato interno povero, stava gradatamente crescendo quando si trovò improvvisamente ad avere una moneta forte con la quale importare beni di ogni tipo.
Questa ricchezza illusoria, dovuta alla moneta forte, al credito facile, anche qui sviluppò il mercato immobiliare, che normalmente trascina con se una gran fetta dell’economia.
Lo scoppio di tale bolla sarà anche la causa dei problemi del sistema bancario, all’arrivo della crisi del 2007.
Grecia.
Altro esempio di mala gestione dei soldi pubblici.
Da sempre un paese povero, di pastori e portuali, legati al commercio più che all’industria, si trovarono anch’essi padroni di una moneta improvvisamente forte.
Qui si raggiunse addirittura la frode da parte dello stato che mascherò il suo enorme debito con operazioni azzardate sui derivati, cosa che lo sprofondò nella crisi economica carico di debiti, dopo che per anni, grazie alla grande disponibilità di credito, si erano riempiti di merci importate, credendo di esser diventati improvvisamente ricchi.
Per loro la crisi cancellò ogni sogno, sprofondandoli nel mare dei loro debiti, fraudolentemente nascosti fino ad allora, dai loro governanti.
Questo è il quadro delle situazioni più abnormi dei paesi che nel 2000 adottarono l’Euro.
L’unione monetaria nell’Euro, vide nascere così sul mercato mondiale una realtà economicamente e tecnologicamente avanzata, di 400 milioni di persone, e quindi in grado di competere a livello mondiale con i grandi players che già stavano delineandosi in quegli anni (Fine della prima parte).
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[…] a vedere articolo: L’Euro e l’area di libero scambio Aggregato il 29 marzo, 2011 nella categoria Comparazione, Economia, Finanziamenti, Mutui, […]