Con il coronavirus che la spinge verso l’orlo del baratro, l’Italia avrà bisogno di un salvataggio preventivo, un firewall finanziario
di ASHOKA MODY
La crisi italiana potrebbe presto diventare impossibile da gestire, causando, potenzialmente, danni irreparabili nei mercati finanziari di tutto il mondo.
Venezia era quasi vuota lunedì a causa delle restrizioni di spostamento nella Regione del Veneto.
Con la crisi economica e finanziaria del paese in peggioramento, l’Italia ha bisogno di un pacchetto di salvataggio preventivo tra i 500 e i 700 miliardi di euro per assicurare i mercati finanziari che il governo italiano e le banche possono coprire il pagamento delle loro obbligazioni.
Così come il costo umano del corona virus è cresciuto in modo allarmante, la crisi italiana potrebbe presto diventare impossibile da gestire, causando, potenzialmente, un disastro finanziario mondiale.
La gestione della situazione non può essere lasciata alle nazioni dell’eurozona. Non solo il Fondo Monetario Internazionale ma anche gli USA avranno bisogno di essere coinvolti, forse, con un’erogazione di credito nel caso in cui i requisiti di salvataggio dovessero aumentare a dismisura.
Il tempo è poco. Germania e Francia, le due più grandi economie dell’eurozona, stanno per soffrire una rapida diffusione del virus e i loro sistemi economici e finanziari sono già sotto acuto stress. Se spinti a sostenere completamente il rischio italiano, potrebbero riscontrare gravi diminuzioni del credito.
L’Italia, la terza economia del blocco dell’eurozona, è stata a lungo la linea di faglia dell’eurozona e, come ha scritto il fisico Per Bak, quando una linea di faglia si spezza, le altre si indeboliscono, fino a causare una cascata di terremoti.
Ogni forza economica, internazionale e domestica, è virtualmente allineata contro il paese.
L’economia italiana non è cresciuta da quando è entrata nell’eurozona nel 1999. Il reddito pro capite, espresso in parità di potere d’acquisto (Ppa), è rimasto fermo a 35.000$. L’economia è rimasta in una quasi perpetua recessione durante l’ultimo decennio e stava già contraendosi, assieme al commercio mondiale, prima del colpo del coronavirus. Il peso del debito pubblico aveva raggiunto l’incredibile cifra di €2,3 trilioni, il 134% del PIL italiano.
Dalla fine dell’anno scorso la diminuzione del commercio internazionale aveva portato l’Europa in uno stato di quasi recessione.
Il coronavirus causerà quasi certamente una contrazione dell’economia italiana di almeno il 3% nella prima metà del 2020.
Mentre l’economia cinese continua a rallentare, e probabilmente si contrae, nei prossimi mesi la mancanza dell’offerta cinese di pezzi e ingredienti critici causeranno un danno continuo alla produzione e al commercio globali. Questo danno si sta diffondendo in Germania, che nonostante le sue difficoltà rimane l’economia più forte d’Europa e un mercato importante per la manifattura italiana. In Italia, il virus ha costretto alla quarantena non solo le regioni più produttive ma l’intero paese. Mentre le persone stanno a casa la domanda di servizi crolla e le classi economicamente più vulnerabili, particolarmente i giovani italiani coinvolti in lavori precari, perderanno i loro salari e la domanda si contrarrà ulteriormente. Con una delle popolazioni più anziane nel mondo (circa il 23% della popolazione supera i 65 anni), la malattia e la mortalità indotte dal coronavirus e il disagio economico e finanziario che ad esso si assocerà, potrebbero persistere più a lungo che altrove.
Senza dubbio, anche se i numeri dei nuovi casi iniziano a scendere, i danni all’economia continueranno. I mercati finanziari hanno reagito. Tra le maggiori economie mondiali, la borsa italiana è quella caduta più rapidamente.
I campanelli d’allarme suonano anche nei mercati di debito. Nonostante i rendimenti sulle obbligazioni governative stiano diminuendo nella maggior parte delle economie avanzate del mondo, i rendimenti sulle obbligazioni italiane stanno salendo. Certo, questi rendimenti nominali, a circa 1,4%, sono ancora bassi. Ma i rendimenti reali, a pari inflazione, sono circa del 1%, Assai troppo alti per un economia che non stava crescendo e sta per contrarsi. Il persistente alto tasso di interesse reale ha causato l’aumento del rapporto debito/PIL.
Adesso l’aumento dei tassi nominali minaccia di spingere l’Italia in una spirale finanziaria. La contrazione economica porterà a un aumento del rapporto debito/PIL, il che potrebbe causare un ulteriore aumento nei tassi di interesse nominali. Con una domanda così bassa, probabilmente l’inflazione scenderà, portando ad un ulteriore aumento del tasso di interesse reale e creando un ulteriore ostacolo alla crescita e sollevando ancora più dubbi sulla capacità del governo di coprire i suoi debiti.
Nel frattempo, una più lenta crescita causerà ulteriore stress al fragile sistema bancario italiano, che detiene asset finanziari per un valore di circa €5 trilioni. Nonostante molte banche abbiano venduto ingenti quantità dei debiti che non sarebbero stati ripagati in tempo, i mercati finanziari non vedono di buon occhio il sistema bancario italiano.
I rapporti tra valore di mercato e valore contabile del patrimonio netto, anche delle più forti banche italiane, Intesa Sanpaolo e UniCredit, erano tutti sotto l’1% prima dell’inizio del rallentamento indotto dal virus. Essenzialmente i mercati stanno dicendo che una grande quantità degli asset nei libri contabili delle banche potrebbero non valere nulla.
A peggiorare la situazione, l’euro è salito mentre la Federal Reserve ha diminuito i suoi tassi di interesse e la banca centrale europea, avendo da tempo finito le risorse, può fare solo cambiamenti cosmetici di nessun valore reale. Man mano che la Federal Reserve diminuisce i suoi tassi di interesse l’euro diventerà più forte rendendo il recupero italiano ancora più difficile. La perenne questione rimane: se gli europei, da lungo tempo, ormai, assuefatti e dipendenti da austerità fiscale, possano accordarsi finalmente su un grande stimolo fiscale coordinato. Anche se lo facessero, tale stimolo farebbe poco per portare denaro nelle tasche degli italiani, che, in ogni caso, rimarranno impossibilitati ad aumentare le loro spese in condizioni di quarantena.
Dunque, L’Italia sta sulla soglia di una crisi finanziaria e non può aspettarsi alcun aiuto da politiche fiscali o monetarie convenzionali. Il compito della politica, dunque, e di costruire una difesa finanziaria che possa allontanare le paure dei mercati finanziari mentre l’Italia attraversa i prossimi sei mesi.
L’esperienza della FMI mostra che i salvataggi finanziari funzionano se messi in atto quando un paese è vulnerabile ma non ancora nel mezzo della sua crisi. Una pezza nel momento giusto, come dice il detto, ne risparmia nove.
La costruzione della difesa italiana deve cominciare con un pacchetto di salvataggi finanziari preventivo di almeno €500 miliardi, che potrebbero fornire i fondi per dare il capitale necessario alle banche e assicurare un continuo finanziamento del governo qualora i mercati dovessero scegliere di smettere di finanziarlo.
Le nazioni europee non possono farlo da sé. Non siamo nel 2010-2011 quando i leader europei, guidati dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, si unirono per salvare Grecia, Irlanda Il Portogallo. Anche presi assieme, quei paesi erano piccoli rispetto all’Italia.
Per di più, la Germania è ora una potenza economica minore e la sua leadership politica è allo sbando. L’economia tedesca era quasi in una condizione di recessione prima della diffusione del virus e adesso sta soffrendo per la riduzione della domanda cinese, il suo mercato più fertile. Mentre il virus si diffonde in Germania anche la domanda interna diminuirà. Il governo tedesco avrà bisogno di conservare risorse in caso che le due più grandi banche tedesche, la Deutsche Bank e la Commerzbank, con rapporti tra valore di mercato e valore contabile del patrimonio netto incredibilmente bassi (intorno a 1/5), dovessero richiedere supporto finanziario.
Anche l’economia francese è in difficoltà e il suo appariscente presidente Emmanuel Macron è volatile e frammentario sulle questioni europee.
Ciò lascia il potere di attivare la magica stampa della Banca Centrale Europea in mano alla cosiddetta OMT (Outright Monetary Transactions program). Ma la magia potrebbe anche dimostrarsi un’illusione. Per attivare la OMT, l’Italia avrebbe prima bisogno di un accordo sulle condizioni e le proporzioni del salvataggio con il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), detto anche fondo salva-stati. La ragione per la quale converrebbe fare un salvataggio preventivo anziché sperare che il problema vada semplicemente via è semplice. Sotto le straordinarie condizioni dell’attuale crisi e con i presenti limiti di risorse, il MES e le autorità italiane difficilmente raggiungerebbero un accordo accettabile sul pacchetto di salvataggio. I ritardi getterebbero benzina sul panico dei mercati rendendo la negoziazione ancora più difficile.
A quel punto anche se il MES e gli italiani raggiungessero un accordo, il Consiglio Direttivo della BCE dovrebbe autorizzare l’OMT. I membri tedeschi e degli altri paesi del nord temerebbero che se la Bce stampasse moneta per comprare maggiori quantità di obbligazioni italiane, il governo italiano potrebbe eventualmente fare default su quelle obbligazioni. Un simile default costringerebbe la Germania e gli altri paesi del nord leader dell’eurozona, a coprire il buco nel capitale della BCE avvalendosi delle tasse dei loro contribuenti.
Per mettere le cose in prospettiva, i leader europei stanno litigando sugli spiccioli per decidere il prossimo budget dell’Unione Europea. Perciò, in un momento dove le nazioni europee più forti sono deboli, sarebbe uno sbaglio aspettarsi che intervengano in tempo per salvare l’Italia. E se la faglia italiana si spezza il default sui debiti italiani avrà conseguenze sul sistema finanziario globale causando danni che difficilmente contenibili.
Possiamo correre il rischio di non agire adesso, oppure, mentre gli italiani lavorano per gestire l’enorme sfida medica e umana nelle loro mani, la comunità globale può unirsi per prevenire una crisi finanziaria mondiale.
[traduzione di Marco Di Croce]
Ashoka Mody è il Charles and Mary Robertson visiting professor in Politica Economica Internazionale all’università di Princeton ed è stato precedentemente, direttore del dipartimento europeo dell’FMI. È autore di EuroTragedy: A Drama in Nine Acts, recentemente aggiornato.
fonte: marketwatch.com
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