L'Euro e l'area di libero scambio
Parte seconda. Dall’avvento della moneta unica a oggi.
Dato che l’adozione dell’euro ha suscitato, soprattutto ora che è sotto attacco, molte critiche, voglio descrivere quanto e perché tali critiche siano fondate, prima di passare ad analizzare l’accaduto nel dettaglio.
Innanzitutto parlo solo di denaro “fiat” perché quello a base aurea o a riserva 100%, i cui vantaggi e svantaggi ho già descritto in altri post, e nei quali la massa monetaria è sottratta a qualsiasi istituzione umana ed affidata solo ed esclusivamente alla capacità estrattiva delle miniere, qui non interessa semplicemente perché attualmente non c’è.
Ecco perché si tende a legare la politica monetaria a quella fiscale.
Politiche che, in assenza di debiti, o con debiti normalmente onorati, potrebbero benissimo essere completamente separate ed indipendenti.
Quando invece, i tassi di mercato, vanno a influire tanto pesantemente sul bilancio dello stato, ovvero su tutte le politiche di spesa e entrate dello stato stesso, l’aumento dei tassi può minarne la sopravvivenza .
Quindi tutto il male, derivato dal sistema monetario “fiat” è dovuto all’incapacità degli stati di fare bilanci in pareggio o meglio in attivo.
In tal modo se occasionalmente, per eventi eccezionali, si dovessero indebitare, la politica corretta sarebbe quella di onorare i debiti, e non contrarre ulteriori e maggiori debiti per pagare i vecchi.
Purtroppo il sistema ”fiat” lo consente, ma nessuno obbliga che venga praticata questa politica.
Di qui deriva la richiesta di adottare sistemi monetari che non consentano questo continuo e progressivo indebitamento, senza però, da parte dei loro propugnatori, indicare come risolvere il problema del debito pregresso, condizione indispensabile per entrare nel nuovo “sistema”.
Da noi, nel giro di poco più di un anno , l’euro da quasi 1 a 2000, si iniziò a cambiarlo 1 a 1000.
Praticamente i beni di prima necessità, come alimentari, vestiario, ecc… raddoppiarono di prezzo, mentre gli stipendi e le pensioni rimasero inchiodati ai vecchi valori.
Ora, dato che nessuno degli altri paesi in cui fu introdotto l’Euro, subì lo stesso effetto, si può solo affermare che fu un fenomeno strettamente italiano.
Da notare inoltre, che essendo l’Euro una moneta che rappresenta un’area geoeconomica ben superiore all’Italia, quindi molto più forte e stabile, tutti i pagamenti in tale moneta risultarono vantaggiosi per l’Italia, portando le importazioni sia di materie prime che di semilavorati a costare di meno.
Questo fatto portò anche molti beni ad avere all’uscita della produzione un costo inferiore a prima, mentre nel negozio il prezzo in Euro praticamente raddoppiava.
Non accuso per questo solo l’ultimo anello della distribuzione, ovvero il dettagliante, ma , dalla fabbrica al consumatore, c’è solo la distribuzione, organizzata a più livelli, e fu quindi la distribuzione che approfittò di tale cambiamento per incrementare i propri guadagni.
Peccato che, al contrario di quanto accadeva prima, non fu consentito svalutare la moneta, e quindi si entrò in una fase di contrazione economica, accentuata anche dalla crisi portata dall’11/9 negli S.U.
L’introduzione dell’Euro avvenne con un cambio verso il dollaro con 1€= 0,85 $, in quanto il dollaro era considerato molto forte all’apice della bolla della new economy, ma sicuramente favorevole per le nostre esportazioni verso gli USA.
Dato che il dollaro era saldamente moneta di scambio mondiale, è importante seguire cosa accadde in quel periodo, perché influì non poco sull’Euro, che faceva i suoi primi passi sulla scena mondiale, proprio in quei giorni.
Cosa questa che aveva messo le basi per la crisi successiva.
Ma le volte precedenti le crisi furono pagate essenzialmente da color che USAVANO i dollari, ma non ne avevano il controllo, ovvero tutti gli stati del mondo. Questo fatto, aveva elevato il rango di Greenspan a mago della finanza.
Occorrerà la crisi del 2007 , che investirà per primi gli USA, per far capire che tali elogi erano immeritati ed il suo “metodo” , praticamente uno “schema Ponzi”.
Il fatto che il Nasdaq avesse raggiunto valori assurdi, aveva portato Greenspan a parlare di “ esuberante euforia irrazionale” riguardo alle quotazioni assunte da tutte quelle società che si mettevano sul mercato e che trattavano di informatica. Ma oltre a definire quanto accadeva in tal modo, non fece null’altro.
Già al primo giorno di quotazione era facile veder raddoppiare la quotazione delle azioni appena assegnate.
Questo fatto dava l’impressione di una economia in pieno boom; ma era evidente che tutto quel denaro elargito dalla FED non avrebbe prodotto nulla di buono. Pertanto la FED iniziò ad alzare i tassi per frenare la speculazione.
E così fu, che all’inizio del 2001 la bolla della new economy scoppiò.
L’attentato dell’11/9 però, coprì parzialmente questo fatto, e portò la FED a ridurre nuovamente i tassi vicino allo 0 e inondare nuovamente il mercato di liquidità, per contrastare la crisi generata dall’attentato stesso.
Questo fatto riempirà nuovamente le banche di denaro che per farlo rendere avvieranno quelle manovre sull’immobiliare che porteranno alla crisi più grande e profonda dal dopoguerra.
Resta il fatto che, visto che al dollaro era ancorato lo Yuan cinese ed anche ,se non in modo ufficiale, la Rupia indiana, l’euro si trovò a dover abbassare i tassi a sua volta, per non rafforzarsi troppo .
Tutti i paesi europei avevano bisogno di esportare, per compensare le importazioni dalla Cina che diventavano via via più imponenti, cosa più difficile con una moneta forte nel pieno del passaggio del cambio della stessa, e quindi nella necessità di adattarsi ad essa.
Questo fatto pose le basi alla crisi che ancora oggi attanaglia diversi paesi europei.
Il dollaro quindi, crollò, portandosi nel giro di pochi anni vicino ad un cambio di 1€ per 1,40$, invertendo il rapporto che aveva avuto alla nascita dell’euro.
Per supplire tale crollo, la FED inondò ulteriormente il mercato di liquidità.
Solo verso il 2005 consapevole dell’eccesso in cui era caduta, la FED iniziò a rialzare i tassi sperando di frenare la crisi che stava sopraggiungendo e drenare liquidità, ma a settembre del 2007 rifece retromarcia, riportandoli in brevissimo tempo praticamente a 0.
Spiace parlare degli USA, dove vorrei parlare di Europa, ma purtroppo cosa accadde in quest’ultima fu una stretta conseguenza di cosa accadde alla prima.
La liquidità immessa, i tassi praticamente a 0, nel 2001, riempirono le banche di denaro.
Ma per una banca,avere del capitale di garanzia ben superiore agli attivi è un costo senza contropartita, per cui fu impellente trovare “a chi” imprestare soldi.
Esclusa la borsa, per gli eventi appena vissuti, la spinta fu data al mercato immobiliare.
Mutui a tutti, con o senza garanzie, addirittura superiori al valore dell’immobile ….. l’importante era riversare denaro nel mercato.
Resesi conto che però erano debiti a rischio insolvenza, le grandi banche americane studiarono il sistema per distribuire i rischi, anzi, farli proprio correre a qualcun altro, e così cominciarono a cartolarizzare i loro crediti.
Cartolarizzare significa vendere ad un prezzo minore di quello facciale, un credito che scadrà a tempo in cambio di denaro del momento. Il prezzo ovviamente terrà conto degli interessi che nel tempo matureranno.
Per esempio un credito di 1000 al 10% e scadenza tra 10 anni, potrà essere ceduto per 800, tenendo conto che nei prossimi 10 anni renderà 1000 (10%x10 anni) oltre ai 1000 alla scadenza quindi un totale di 2000, che corrisponde agli 800 + un interesse di circa il 15% sugli 800 dati.
Quindi , l’elevato rendimento rese appetibili tali titoli, che vennero impacchettati unendone di quelli “sicuri” con altri meno, ricartolarizzati e riassemblati, varie volte tanto quanto occorse per far perdere ogni traccia del loro sottostante.
Con essi quindi si produssero dei derivati ad alto rendimento, e a “rischio distribuito”, oltre a ricreare la possibilità alle banche americane di concedere altri prestiti, perché quelli precedenti erano stati venduti.
Quei derivati ad alto rendimento furono una attrattiva per ogni finanziaria, ma soprattutto per le banche, e non solo americane, che ( grazie alla complicità delle società di rating che apposero su quei titoli una lucente tripla “A” ) li immisero nei loro capitali di garanzia, credendoli oro colato, e quindi estremamente liquidi.
Vedremo che lo scoppio della bolla dei subprime, invece, rese assolutamente non commerciabili tali titoli, cosa che quindi ridusse al lumicino i capitali di garanzia delle banche, portandole all’implosione.
Non solo negli USA, ma anche in Europa, e in altri paesi.
Tutto ciò accadeva mentre in Europa si procedeva con l’adozione dell’Euro.
Quindi la situazione dal 2000 all’inizio della crisi che deflagrerà nel 2007 trovò i paesi d’Europa nella seguente situazione.
Germania
Come ho scritto dall’unificazione essa sentì il problema di esportare per dare senso all’industrializzazione della ex DDR, cosa che riuscì a meraviglia grazie ai bassi tassi assunti dalla BCE (per assecondare le necessità della FED) e all’elevata liquidità delle sue banche.
Finanziò quindi paesi come la Grecia, l’Irlanda, ecc… acquistando i titoli del debito pubblico, ma anche finanziando direttamente le banche, acquistando obbligazioni delle stesse.
Consolidata però la produzione industriale si rivolse alla Russia ma soprattutto alla Cina, dove impiantò intere fabbriche di automobili, elettrodomestici , ecc…
Perdeva così gradatamente interesse a finanziare i paesi “poveri” dell’area Euro, perché oltre ad aver accresciuto il suo mercato interno ( grazie ai buoni stipendi pagati nell’ex DDR) aveva trovato sfogo nei mercati ad est.
Le sue banche, intanto, si riempirono dei derivati americani, ad alto rendimento, ma anche dei derivati di banche irlandesi, islandesi, inglesi e spagnole, che intanto avevano appreso il “metodo Americano” per creare utili da capogiro. Le banche tedesche, finanziando l’edilizia, si impegnarono a far correre l’economia di quei paesi, dando incremento alle importazioni nell’area “Euro”, ovvero dalla Germania stessa.
Spagna
Grazie alla moneta forte e ad abbondante liquidità iniziò a concedere mutui immobiliari con una certa facilità. Questo portò l’economia a correre, spinta dal mercato immobiliare, e da tutto quanto ad esso è connesso.
Arrivò anche a superare il PIL italiano; agendo accortamente anche sulla leva fiscale ridusse il rapporto debito/ PIL vicino al 30%. Crescita del PIL e diminuzione del debito pubblico la portarono sugli scudi.
Peccato che la straordinaria liquidità delle banche venne raggiunta con lo stesso metodo adottato negli USA, ovvero racchiudendo i crediti in derivati che vendeva sul mercato.
Tale operazione consentiva alle banche stesse di rinnovare la loro riserva di liquidità.
Tutto bene, quindi, fino a quando però scoppiò la bolla immobiliare.
Irlanda.
Stesso discorso della Spagna. La liquidità acquisita con la sua politica fiscale premiante per i capitali in entrata, la disoccupazione ai minimi, grazie appunto a tali investimenti, e buoni stipendi, spinsero le banche a finanziare un mercato immobiliare che cresceva in modo esponenziale.
I bassi tassi della BCE indussero gli irlandesi ad indebitarsi non solo per l’abitazione in cui vivere, ma anche per una seconda, visto come un ottimo investimento, dato che tale mercato continuava ad aumentare i valori degli immobili.
Grecia
Questo è il paese che più si diede al bengodi. Finanziamenti a tasso basso, moneta forte, liquidità fornita anche dalla Germania, oltre a quella fornita dalla BCE, portò lo stato a concedere ogni tipo di benefit, pensioni a tutti, ecc… mai viste circolare per Atene tante mercedes e BMW, SUV di ogni tipo e marca, con lo stato che emetteva debito e Goldman Sacks che lo trasformava in derivati e lo metteva sul mercato.
Questa conduzione disastrosa delle finanze pubbliche ottenne alto gradimento per i politici, che arrivarono in tal modo a rendere così poco trasparenti i bilanci dello stato, ad un livello che neanche la BCE si accorse di quella vera e propria truffa.
Vedremo come andrà a finire con lo scoppio della crisi.
Inghilterra
Anche per essa fu un momento d’oro. Il suo centro finanziario non finiva di mettere sul mercato uno stock di derivati spagnoli che un altro islandese necessitava dell’opera di smistamento, poi quelli irlandesi, portoghesi, ecc… tutte commissioni che partecipavano ad aumentare la rendita finanziaria della City.
Le sue banche, alcune di esse, parteciparono attivamente a questa operazione di concessione prestiti e successiva cartolarizzazione, cosa che ne determinerà il fallimento e la nazionalizzazione.
Islanda
Attivissime le sue banche a riciclare i debiti, si troveranno, allo scoppio della crisi, e quindi alla constatata insolvenza dei debiti, con un “buco” ben superiore al PIL del paese stesso, con banche inglesi e olandesi a richiedere a tali banche di supplire al mancato rimborso dei crediti cartolarizzati, cosa impossibile, non solo per le banche stesse, ma per l’intero paese di cui fanno parte.
Italia
L’Italia vede , come ho già scritto, l’entrata dell’Euro come responsabile di una forte fiammata inflattiva con i generi di prima necessità che raddoppiano i prezzi.
Fiammata tutta interna generata dal sistema distributivo nel suo insieme. Peccato che redditi e pensioni non abbiano seguito tale andamento.
Ma dato che la soluzione abituale, quella della svalutazione, a quel punto non è più possibile, entra in una fase deflattiva, proprio perché diminuiscono i consumi in conseguenza dell’aumento dei prezzi.
Nella fase di espansione monetaria generata dagli USA, con la messa in circolazione di quella montagna di derivati, alla fine tale deflazione si presenta come un vantaggio.
Con la contrazione della richiesta di denaro, le banche italiane non partecipano ( o lo fanno in misura molto limitata) al banchetto dei derivati provenienti inizialmente da oltre oceano, e poi creati anche da alcuni paesi europei.
Questo le salva dalla crisi che poi investirà tali derivati, dimostrando , una volta tanto , che essere gli eterni secondi può anche essere un vantaggio.
La crisi dei mutui immobiliari americani causa quindi una caduta dei valori dei derivati costruiti su di essi, ma, data la scarsa trasparenza degli stessi, dei quali non si riesce più a decodificare quali siano i crediti sottostanti, li rende di colpo non più commerciabili, proprio perché non si riesce più a determinare quale ne sia il valore residuo.
Il grosso guaio di aver riempito i “capitali di garanzia” di banche e assicurazioni ( vedi AIG) che in tal modo non garantiscono più nulla, trasmette immediatamente la crisi al sistema bancario.
Il fallimento poi di Lehman Brothers, mette in luce l’altro prodotto , altamente speculativo, associato a tali derivati ovvero i CDS, mandando a gambe all’aria chi tali strumenti ha generato, essendo assimilabili ad assicurazioni, il cui evento assicurato si verifica.
Come se tutti gli automobilisti avessero un incidente nello stesso anno, cosa che manderebbe in fallimento tutte le assicurazioni.
Le banche quindi vedono annullarsi i loro capitali di garanzia,e quindi l’unico modo che trovano le banche centrali è quello di ricrearglieli.
In Inghilterra nazionalizzandole, mentre per Grecia e Irlanda la BCE acquisisce come garanzia ( con una finzione giuridica) tali derivati invendibili e concedendo loro prestiti, oppure sempre come per l’Irlanda facendo intervenire lo stato a ricapitalizzarle a spese del tesoro.
La Germania, sotto elezioni, fa la voce grossa contro i finanziamenti della BCE agli stati e banche troppo indebitati, per nascondere la debolezza intrinseca delle sue banche, piene di crediti di tali debitori sull’orlo del default.
Tutti gli stati comunque , vista la crisi delle banche, intervengono a modo loro per evitare o almeno attutire la crisi economica che dalla crisi bancaria si propaga all’intera economia, purtroppo facendolo a debito, perché nessuno di loro ha risorse “risparmiate” da impegnare in tali salvataggi.
Con due stati praticamente insolventi, Grecia e Irlanda, ed altri due al limite dell’insolvenza, Spagna e Portogallo, l’euro rischia quindi di dover subire le conseguenze di stati troppo indebitati.
Gli USA si trovano in situazione ben peggiore vista le crisi delle municipalità e degli stati, le quali stanno finendo in disordini sociali. I loro due finanziatori principali, Cina e Giappone,il primo perché vuole eliminare un po’ delle sue scorte di dollari, e il secondo per acquistare quanto occorre alla ricostruzione del dopo terremoto, cercano disperatamente finanziatori alternativi nei paesi emergenti.
Per aver tentato un salvataggio dell’economia creando una montagnardi liquidità, ma facendolo a debito, oggi gli USA hanno il problema di chi possa finanziare tale debito, senza dover alzare i tassi, cosa che li porterebbe direttamente al default.
Le loro società di rating fanno quindi opera di distrazione , puntando i riflettori sui problemi europei, mascherando così quelli americani.
Si salverà l’Euro? Probabilmente si se l’Europa troverà il modo di gestire il problema greco, scuramente, e probabilmente anche quello irlandese e quelli portoghesi e spagnoli, pilotando dei default statali in modo molto graduale e che non si trasmettano quindi alle sue stesse banche.
Nel mentre, con l’aiuto del FMI, la BCE ha rimediato temporaneamente alla crisi greca, iniziando però a imporre manovre al limite dell’esproprio ai paesi più indebitati, Grecia in primis, ma anche Irlanda, Portogallo, Spagna, mentre l’Inghilterra, pur essendo fuori dall’Euro, ha dovuto fare cosa analoga per evitare il default.
Secondo l'amico Marco [Della Luna], che ha scritto un interessante libro dal titolo Oligarchia per popoli superflui, i popoli stessi sono diventati superflui, inutili, fungibili.
Non vedo perché, se i popoli sono fungibili – e le delocalizzazioni capitalistiche di questi anni lo testimoniano – non deve essere fungibile anche la moneta, nel senso che il dollaro, ed anche l'euro, in futuro potranno essere sostituiti da altra e nuova valuta, senza che mutino gli obbiettivi di fondo ed i "costumi" dell'attuale classe dominante [Global class].
Se sono sacrificabili, interamente sostituibili e "spendibili" i popoli, lo sono anche le monete, con la moneta di riferimento che può cambiare senza intaccare, necessariamente, i fondamenti dell sistema di potere in atto e senza provocarne il crollo.
La crisi greca, le difficoltà irlandesi, portoghesi, spagnole non risolte, ed in prospettiva futura la possibile crisi italiana, rappresenteranno sempre di più una prova dell'affermarsi della dittatura elitistica, che "bypassa", per così dire, le strutture di potere locale definite democratiche.
Gli organi della mondializzazione FMI e BCE citati nell'articolo, assieme ad altri ed insieme alla Autorità Monetarie tutte, ai Mercati ed agli Investitori [si notino le maiuscole orwelliane], sono strumenti a disposizione della dittatura elitistica che "bypassa" la democrazia e la vanifica completamente.
Scusate l'inusitata finezza, che mi costerà di sicuro qualche reprimenda, ma "siamo nella merda, ragazzi"!
Eugenio Orso
Un Popolo nella propria costituzione si descrive come "popolo ideale": prescrive a sé stesso di incarnare quello che al tempo della costituzione appare il popolo ideale.
La modernità o postmodernità – ma io allora la chiamerei submodernità – ha concellato lo stesso concetto di ideale. Le persone fisiche non hanno un loro concetto di uomo ideale, come dovrebbe accadere; fermo restando che l'ideale cambia per la singola persona e non coincide con quello di altre persone.
Prova a chiedere ai tuoi amici "quali caratteri deve avere, secondo te l'uomo ideale". Rimarranno stupiti per la sola formulazione della domanda. Siccome poi il narcisismo impera, alcuni ti daranno la definizione del "brav'uomo" in modo che anche essi incarnino o possano aspirare ad incarnare il loro uomo ideale.
Se la dignità della persona non è più niente – tutti hanno una dignità, secondo l'ideologia dominante, anzi hanno la dignità di persona; ed è del tutto minoritaria l'idea che si debba avere un comportamento dignitoso, ossia che si debba essere dignitosi – come è pensabile la dignità di un popolo?
L'individualismo, poi, che è la cifra della nostra epoca, rende formale il concetto di popolo, che invece, pur inteso in senso intelligente e non retorico, dovrebbe essere un concetto concreto.
Insomma, già è difficile pensare che una persona deve essere dignitosa e deve sentirsi parte di un popolo. Aspirare all'ideale di un popolo dignitoso, oggi è fuori della realtà.
E' per questa condizione in cui il popolo si trova che le elite globale e nazionale possono fare ciò che vogliono. Basterebbero cinquantamila garibaldini armati di schioppetto (forse anche meno; perché l'esercito li seguirebbe) a ribaltare la situazione; i mebri delle due elite o sarebbero esiliati o sarebbero appesi. La elite non può nullla contro cinquantamila garibaldini. Ma cinquantamila garibaldini nascono soltanto se prima nasce un poeta o un teorico della tempra di Engels e Marx.
A noi spetta soltanto di osservare, di capire e magari di conquistare un cuore e una mente. Noi non siamo poeti e siamo consapevoli di compiere piccole analisi sulle spalle di giganti.
dal basso del mio punto di vista, non riesco ad accedere a interpretazioni tanto filosofiche dell'uomo e della società.
dal punto di vista degli accadimenti, analizzati con i miei mezzi "economici" posso invece asserire quanto segue:
le elites hanno raggirato il popolo…. i popoli, vendendo un concetto di democrazia falso e fasullo, nei quali il potere NON è del popolo ma lo conservano le elites più potenti economicamente parlando.
con i media, con la pubblicità, con gli incarichi e i privilegi, sono in grado di condizionare gli eletti, a seguire le loro indicazioni, e a convincere i popoli che stanno vivendo la migliore condizione possibile.
questo convincimento è supportato dal desiderio di ciascuna persona di occuparsi solo ed esclusivamente del propriao piccolo "dominio" delegando e quindi disinteressandosi della gestione macro, quella che interessa indistintamente tutti.
popolo quindi che non vede l'ora di delegare per potersi disinteressare della conduzione del complesso sociale sia dal punto di vista econ0omico che politico, e dall'altra elites che sono abilissime a condizionare i governanti eletti.
fintantochè una buona fetta di popolazione non capirà che deve occuparsi IN PROPRIO della gestione comune, nulla cambierà e la tendenza sarà sempre quella di sfruttare al massimo il lavoro delle masse, espropriando al massimo la ricchezza prodotta.
se per far ciò le elites devono lascire una fetta di tale ricchezza ad uno "strato" intermedio di popolazione che faccia da cuscinetto tra la base ed il vertice, lo lasceranno e da questo avranno supporto e riconoscimento.
morale, a mio avviso nulla potrà cambiare se un gran numero di persone ( i 50.000 garibaldini di d'Andrea , ad esempio) non riconosceranno le LORO responsabilità in questo gioco, e responsabilmente non si riapproprieranno della LORO fetta di potere. solo allora le elites potranno esser prima ridimensionate nel loro potere, poi distrutte.
e solo allora si potrà ristabilire un controllo pro-popolazione sia del sistema bancario, sia di quello monetario, quello produttivo e distributivo, oltre alla pianificazione del consumo delle risorse del pianeta.
ma fino ad allora le elites penseranno solo e miopemente, all maggior LORO profitto, da realizzare nel minor tempo possibile.
questo , almeno è quanto penso io.