Calpestare l'oblio ed Elogiare la dimenticanza
di Stefano D’Andrea
I poeti italiani tentano di calpestare l’oblio. E giustamente è stato osservato che l’oblio deve essere calpestato non soltanto dai poeti ma dal popolo. Direi dagli uomini italiani. Almeno da una buona parte degli uomini italiani.
Tuttavia, non possiamo calpestare alcun oblio se prima non proviamo orrore di noi stessi. Se prima non abbiamo dimenticato.
L’oblio da calpestare è l’oblio del tempo che fu, perché torni la memoria. Ma, dimenticando, siamo diventati diversi. Nel recente passato siamo stati diversi da come fummo o da come furono genitori o nonni. E molti di noi ancora sono diversi.
Se non dimentichiamo prima ciò che siamo, non potremo calpestare l’oblio di ciò che fummo.
Calpestare l’oblio si; ma allo stesso tempo elogiare la dimenticanza. Abbiamo oltre venti anni da gettare al macero, prima di accendere i roghi: provvedimenti normativi, linguaggio, dottrine, ideologie, slogan, capi, poteri creati accettati e subiti, priorità, scale di valori, incoerenze, teledipendenze, mollezza, genocidio psicologico delle nuove generazioni, buonismo. Siamo stati “sbattuti a terra sei volte”, si legge nella poesia di Brecht. Ma le sconfitte e le droghe – pubblicità, credito, tecnologia, schermi, pensioni dei nonni, buonismo e quant'altro – ci hanno trasformati.
Calpestiamo l’oblio ma intanto elogiamo la dimenticanza. Inorridiamo di noi stessi. E’ questo il primo passo. La tappa necessaria. Poi cerchiamo nel nostro passato. Non soltanto nella Costituzione e nella Resistenza; bensì in tutto il nostro passato. Tutto il meglio della nostra storia, in ognuna delle sue fasi. E interroghiamoci anche sull’antico – che non è il vecchio – e sull’eterno. Il cammino da percorrere è lungo. Ma prima bisogna dimenticare.
Bertolt Brecht, Poesie 1933-1938
Elogio della dimenticanza
Buona cosa è la dimenticanza!
altrimenti come farebbe
il figlio ad allontanarsi dalla madre che lo ha allattato?
Che gli ha dato la forza delle membra
e lo trattiene per metterlo alla prova?
Oppure come farebbe l’allievo ad abbandonare il maestro
che gli ha dato il sapere?
Quando il sapere è dato
l’allievo deve mettersi in cammino.
Nella casa vecchia
prendono alloggio i nuovi inquilini.
Se vi fossero rimasti quelli che l’hanno costruita
la casa sarebbe troppo piccola.
La stufa riscalda.
Il fumista non si sa più chi sia. L’aratore
non riconosce la forma del pane.
Come si alzerebbe l’uomo al mattino
senza l’oblio della notte che cancella le tracce?
Chi è stato sbattuto a terra sei volte
come potrebbe risollevarsi la settima
per rivoltare il suolo pietroso,
per rischiare il volo nel cielo?
La fragilità della memoria
dà forza agli uomini
"Calpestiamo l’oblio ma intanto elogiamo la dimenticanza".
E quell'intanto' che econdo me non funziona e indica soprattutto incertezza fra le due operazioni.
Per uscirne basta riferirsi a cose precise (eventi, periodi, personaggi, ecc.). Con date e nomi precisì risulterà più facile quando e cosa dimenticare e quando e cosa ricordare.
Un saluto
E.A.
Ringrazio Ennio Abate. Rifletterò a lungo sulle sue parole
Provo a dare un'interpretazione antitetica rispetto a Brecht dell'oblio.
La nostra deriva morale e sociale attuale è frutto dell'oblio.
Ci siamo dimenticati chi eravamo. Le nostre valigie di cartone, il nostro "cercare fortuna" imbarcandoci e salpando. Oggi chi si imbarca e salpa è visto come una minaccia per il nostro "benessere".
Ci siamo dimenticati chi eravamo. Avevamo combattuto la criminale politica che ci aveva fatto entrare in guerra, ci eravamo tolti di dosso il giogo dell'omologazione forzata in camicie nere, le tronfie balconate coi pugni sui fianchi, e le dichiarazioni di guerra. Oggi mancano solo i pugni sui fianchi.
Ci siamo dimenticati chi eravamo. Le disgrazie della guerra erano cosa che NESSUNO doveva più sperimentare, volevamo pane e casa e per questo avevamo scritto una costituzione invidiabile. Adesso il pane è oggetto di vergognosa speculazione, le case non sono più accessibili per i meno abbienti, ed "esportiamo democrazia" a suon di bombe e fucili.
Ci siamo dimenticati di quanto fragili siano gli uomini, e di quanto necessaria sia la solidarietà
Caro Tonguessy,
ciò che scrivi è in sintesi, e forse in parte, la ragione per cui mi sembra esatto dire che è necessario "caplestare l'oblio".
Entra però in gioco la trasformazione antropologica, alla quale spesso abbiamo accennato su questo blog, osservando uno o altro profilo della medesima. L'uomo trasformato, se non prende atto di "ciò che è diventato" e se non ha intenzione di spogliarsi della veste assunta non può allo stesso tempo e con coerenza ed efficacia calpestare l'oblio.
Semplificando, il cittadino lavoratore trovava tutela nella costituzione; il consumatore sa che quelle norme non sono scritte per lui, che non le merita, che sono "irrealizzabili", che riflettono un tempo ormai trascorso – a tacer d'altro non contemplano la concorrenza e prevedono il monopolio pubblico -. Nella costituzione era prevista la libertà di informazione. Il consumatore crede che la costituzione preveda il diritto ad essere informati bene e correttamente. Vagli a spiegare che bisogna cominciare con il privarlo delle informazioni e dell'intrattenimento (partite, trasmissioni ecc.) che il capitale regala ai consumatori. Vaglielo a spiegare e ti spara, come il contadino spara a chi vuol sottrargli al terra.
Il consumatore crede di avere il diritto ad essere informato, ad essere intrattenuto, a poter vedere quante più partite è possibile, a poter assistere in televisione a quanti più eventi è possibile. Il consumatore desidera la sua schiavitù e la sua stupidità. Quest'uomo non può per definizione calpestare l'oblio.