Per una gestione efficiente dei servizi pubblici
di STEFANO ROSATI (FSI Rieti)
In questi giorni molti hanno invocato la necessità di revocare la concessione ad Autostrade Spa e nazionalizzare la rete autostradale applicando l’art. 43 della Costituzione. Si otterrebbe così una migliore gestione del servizio, più efficiente ed equa.
Ragionare in questi termini vuol dire essere (ancora) malati di liberalismo. L’art. 43 Cost. non è infatti uno strumento per ottenere una più efficace gestione del servizio pubblico.
L’art. 43 della Costituzione non ha il fine primario di perseguire l’efficienza e l’equità dei servizi pubblici. Insieme agli altri strumenti previsti dalla Costituzione, l’art. 43 è un formidabile strumento di difesa della collettività contro il dominio delle grandi organizzazioni capitalistiche.
Contro lo strapotere e l’avidità dei grandi gruppi privati che erogano servizi pubblici, il modello anglosassone sceglie la via delle autorità indipendenti di regolazione dei servizi, in modo da salvaguardare la concorrenza e il mercato. Insomma, si cerca di attenuare qualche effetto, senza affrontare la causa. In Italia, i Costituenti decisero, invece, di affrontare il problema alla radice, seguendo la via della pubblicizzazione e della gestione diretta nel settore dei servizi pubblici e delle partecipazioni statali in concorrenza con il privato in tutti gli altri settori. Si cercò, con buoni risultati, di rimuovere la causa del problema, escludendo il capitale privato dal settore dei servizi pubblici e facendogli concorrenza negli altri settori, a tutela della collettività.
Con l’art. 43 Cost. si combatte il grande capitale. Per farlo, serve consapevolezza e serve recuperare tutti gli strumenti che la Costituzione contempla.
Nel dibattito che portò alla gestione diretta delle ferrovie da parte dello Stato, un grande statista, seppur liberale, metteva bene in luce i motivi per cui certi servizi devono essere gestiti dallo Stato:
Di due punti particolarmente dovemmo tener conto: delle condizioni tecniche in cui le ferrovie si trovavano, e delle condizioni morali del personale. Pel rispetto tecnico le ferrovie erano ormai state ridotte a condizioni deplorevoli; le società esercenti avevano seguita quella pratica che nelle campagne toscane si chiama del «lascia podere», sfruttando le reti e il materiale ferroviario sino agli estremi e lesinando sino all’inverosimile nelle manutenzioni.
Né meno gravi si presentavano le difficoltà e complicazioni che risultavano dallo stato d’animo del personale, ormai irreparabilmente straniato dalle Società; straniamento del quale la maggiore responsabilità risaliva alle Società stesse, che non avevano trattato con equità i loro dipendenti, come il Governo stesso e il Parlamento avevano già potuto constatare (GIOLITTI, Memorie della mia vita, Milano, 1945, 199 ss.).
Sfruttamento del lavoro e atteggiamento predatorio nei confronti dei beni della collettività. Questi sono i caratteri del capitalismo.
Un liberalista intelligente si rende conto dei problemi che crea il liberalismo. Per i sostenitori dell’Unione Europea o, peggio, di un’altra Unione Europea, invece, non c’è speranza.
Con l’art. 43 Cost. si combatte il grande capitale. Per farlo, serve consapevolezza. Di gestione diretta dei servizi pubblici non mi pare, però, si sia parlato da trent’anni a questa parte. TUTTI i partiti presenti in Parlamento sono ancora in piena orgia liberale, compresa la maggioranza che sostiene l’attuale Governo. Ricordo solo una minuscola forza politica che ha sempre parlato di gestione diretta dei servizi pubblici come leva per perseguire la piena occupazione e per evitare che i bisogni della collettività siano un’occasione di rendita per i privati.
In una recente intervista il prof. Cassese fotografa bene la situazione attuale; nel corso degli anni il patrimonio di conoscenze dell’amministrazione pubblica (tecnici del genio civile e del Ministero dei Trasporti) che dovrebbe gestire un servizio complesso come quello autostradale è stato ‘disperso’ (stipendi da fame, mancate assunzioni etc). Pensate quanti funzionari tecnici si potevano pagare con le migliaia di euro percepiti dai consiglieri di amministrazione di autostrade spa (solo per citarne alcuni Letta e Cassese; quest’ultimo, a quanto pare, avrebbe percepito 700.000 euro in 5 anni come componente del cda di autostrade!).
Per i Trattati UE, la gestione diretta da parte dello Stato dei servizi pubblici è ammissibile, a condizione che l’impresa pubblica rispetti le stesse regole del privato e non distorca la concorrenza, non è quindi la proprietà dell’impresa il problema. L’ostacolo che di fatto spinge alla privatizzazione dei servizi pubblici (ossia all’affidamento del servizio ai privati) è che, in caso di gestione deficitaria, lo Stato-impresa per ricapitalizzare dovrebbe aumentare il proprio debito e si sa che questo non piace a Bruxelles.
I vincoli al bilancio pubblico, l’assenza di sovranità monetaria, portano esattamente a questo: sfruttamento parassitario di beni della collettività da parte di pochi squali (che di certo non sono interessati né alla manutenzione di un bene che non è nemmeno di loro proprietà né a fare buona occupazione.
È l’intero modello descritto nei Trattati che deve essere superato.
Con l’art. 43 Cost. si combatte il grande capitale. Per farlo, serve consapevolezza.
O si sceglie il mercato o si parla di nazionalizzazione dei servizi. O si sceglie il popolo, la collettività, o si sceglie il grande capitale.
Commenti recenti