I principi dell’istruzione secondo i nostri Padri
di DAVIDE VISIGALLI (ARS Liguria)
(Prima parte)
Per distinguere l’istruzione di oggi, in Italia e non solo, da come dovrebbe essere, mi è stato molto utile leggere i verbali dell’Assemblea Costituente che si riferiscono agli articoli 33 e 34 della nostra Carta. In questa prima parte mi occuperò dell’Art.34. Rileggiamolo insieme un attimo:
Art 34
La scuola è aperta a tutti.
L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
Ecco, capire come i nostri Padri Costituenti sono arrivati alla formulazione di questo articolo, ci svela sia i principi che li guidavano sia i non pochi attriti che hanno scosso il dibattito tra ideologie totalmente contrastanti sull’argomento: cattolici, socialisti, comunisti, liberisti (ebbene sì) e altri gruppi hanno discusso animatamente per far prevalere i loro convicimenti nell’ordinamento del nuovo Stato democratico. Il risultato però non è stato un compromesso tra varie correnti di pensiero, ma una netta, seppur sofferta, vittoria del popolo nei confronti delle istanze liberiste. Qui di seguito riporto le trascrizioni parziali degli interventi che hanno avuto per me un maggior rilievo. Non farete fatica a capire lo spessore culturale e morale che drasticamente li differenzia dalle dichiarazioni di voto dei nostri giorni.
Per prima cosa leggiamo i principi da cui è partita la discussione:
Codignola: Quali sono i principî fondamentali, i pochi principî su cui si poteva sperare di trovare un accordo con relativa facilità? Libertà di insegnamento: dirò fra poco come anche questo principio sia giudicato ed interpretato dalle varie correnti politiche in modo estremamente vario; tuttavia nessuna corrente politica avrebbe potuto opporsi in modo aperto ad una dichiarazione esplicita sulla libertà di insegnamento. Egualmente, nessuno poteva opporsi al principio del controllo dello Stato sull’insegnamento, al principio, cioè, che il rilascio dei titoli di studio spetta esclusivamente alla competenza dello Stato. E, infine, credo che fosse nella unanimità dei desideri delle varie correnti politiche qui rappresentate che si facesse un concreto passo in avanti dal punto di vista sociale, si stabilisse cioè il principio della gratuità dell’insegnamento fino al 14° anno di età.
Ma facciamo attenzione a non promettere ciò che non si può mantenere; l’impegno che noi assumiamo oggi nella Costituzione di garantire l’insegnamento gratuito fino ai quattordici anni — vi sono delle Costituzioni che garantiscono molto di più — è già però un impegno gravosissimo per il nostro bilancio. Questo però, impegna la politica scolastica del Paese ad una svolta decisiva, poiché è inutile pensare che si possa sul serio mettere in atto questo articolo fondamentale, se continueremo a lesinare sopra il bilancio dell’istruzione, come se si trattasse del bilancio di un’azienda commerciale. È stato detto giustamente che il bilancio dell’istruzione deve essere passivo, deve essere in grande passivo; e, tanto più esso è passivo, tanto più uno Stato è civile e si avvia alla conquista della civiltà moderna. E allora, egregi colleghi, non basta oggi votare perché sia stabilito il principio della gratuità dell’insegnamento, il principio delle sovvenzioni ai poveri che hanno il diritto e il dovere di fronte alla società di essere istruiti; non basta; ma bisogna che la politica delle sinistre sia tale da consentire che praticamente questo principio sia attuato. Bisogna che ci decidiamo finalmente a tagliare i bilanci militari che rappresentano una cancrena nel corpo della Nazione e che questi bilanci militari noi li trasferiamo su un altro capitolo di spesa, un capitolo che non rende dal punto di vista della contabilità immediata, ma rende dall’unico punto di vista che deve essere considerato dallo Stato, quello della educazione delle generazioni future. Solo in questo caso avremo fatto una cosa seria, e avremo rispettato la nostra coscienza. (Applausi a sinistra — Congratulazioni).
E quindi passiamo al punto cruciale dell’articolo 34 espresso in maniera originale dalla nostra Costituzione:
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
Giua: La frequenza delle scuole di gradi superiori debba essere permessa ai soli capaci. L’affermazione di questo principio è anche necessaria nel nuovo clima per dare una direttiva a molti giovani che pensano che un titolo universitario sia necessario per crearsi una posizione. La frequenza all’Università deve essere limitata ai capaci e, se questi non hanno mezzi, deve provvedervi lo Stato. Questo principio non solo modificherà la psicologia dei giovani, ma anche quella degli insegnanti, ai quali viene così conferita una grave responsabilità: il dovere, cioè, di giudicare i giovani per quello che è la loro vera capacità. Fa notare che il concetto che la frequenza alle scuole di grado superiore è permessa solo ai capaci non è fissato in nessuna delle Costituzioni che egli conosce; ma, per le dette ragioni, gli sembra necessario; del resto anche nella discussione preliminare ci fu pieno accordo nel riconoscerne la validità. La laurea non è il titolo che permette sempre di raggiungere le maggiori retribuzioni; è il titolo che deve essere ambito da chi alla quantità preferisce la qualità della retribuzione. Un professore universitario non è sempre meglio retribuito di un capo officina.
Della Seta: Non è questione qui, ben si comprende, di semplici parole. È andare alla radice del problema della scuola. Si sono avute riforme e controriforme; mentre la soluzione del grande problema sta in un’opera di selezione che, attraverso esami severi, severissimi, dovrebbe iniziarsi dalla scuola media, onde siano avviati ad altri campi di attività quelli che non rivelano capacità, né amore per gli studi alti e severi. Oggi, purtroppo, si ha una pletora impressionante di giovani che affollano le nostre Università alla caccia di un titolo che dovrebbe documentare la perizia in una scienza che non posseggono. Se c’è una piaga sociale, è quella appunto di questi giovani che escono dalle Università, pavoneggiandosi del titolo di «dottori», ma ben più ignoranti di quando iniziarono il corso dei loro studi. (Applausi).
Marchesi: Selezionare non è costituire la folla dei reietti e degli umiliati; è disperdere la folla degli spostati, che si va facendo sempre più paurosa. D’altra parte si sente la necessità di fare avanzare verso i gradi superiori della cultura quelli che ne sono stati esclusi non per difetto d’ingegno, ma per difficoltà economiche finora insuperabili. Questo è un punto veramente nuovo della nostra Costituzione. Da secoli, onorevoli colleghi, il figlio del contadino e dell’operaio continua a fare il contadino e l’operaio. Nessuno vieta al figlio del contadino e dell’operaio di salire al grado di primo ministro o diventare scienziato ed artista di eccezionale valore, nessuna legge lo vieta, nessun padrone di fabbrica o di terra lo impedisce; lo impedisce un padrone inesorabile e invisibile: la tirannia del bisogno. Non è un problema sentimentale questo; non si tratta di generosità d’animo che apra al povero la via della elevazione economica e intellettuale; non si tratta di un beneficio che la fortuna dei pochi debba concedere alla miseria dei più. Se si trattasse di un beneficio noi lo respingeremmo risolutamente. Noi combattiamo per la conquista di diritti; e ogni beneficio è, sotto certi riguardi, una negazione di diritto, perché ogni beneficio è revocabile. (Applausi).
A queste scuole si dia ogni mezzo perché continuino non soltanto a vivere, ma a prosperare. Sarebbe imperdonabile colpa far perire o deperire i centri di studio meglio avviati e corredati per somministrare inutili boccate di ossigeno a istituti che non hanno possibilità di sostenersi. Dobbiamo resistere a questa snervante e pigra tentazione delle elemosine disordinate. La scienza non può vivere di elemosine accattate mese per mese. È dura la conclusione che si ricava dalla situazione presente, ma noi abbiamo bisogno oggi di contrazione e di selezione. Mentre vengono meno i mezzi della ricerca scientifica, nella maggior parte delle Università italiane, e crescono invece a ondate di migliaia gli studenti, i quali dovranno precipitare nella voragine della disoccupazione, bisognerà provvedere energicamente perché la scuola si contragga e la selezione degli studenti avvenga nel loro stesso interesse. Scuole di lavoro, di artigianato, di preparazione tecnica, sono necessarie ora all’Italia e alcuni saldissimi centri di studi scientifici superiori, che siano base di successivi sviluppi.E non la borghesia, né i ceti intermedi, i quali nell’organismo scolastico hanno trasfuso la propria infermità, ma il popolo lavoratore, attraverso la degradazione della scuola, sarà ancora una volta tradito, perché soltanto la scuola rigorosa e disciplinata può dare al popolo lavoratore i più validi e non ancora sperimentati strumenti di elevazione e di emancipazione. (Vivi applausi a sinistra — Congratulazioni).
Ma questo non basta, infatti si spingono oltre nell’analisi:
Colonnetti: sicché, malgrado l’istituzione degli esami, e dello stesso esame di Stato, chiunque sia disposto a continuare a pagare tasse, riesce sempre ad arrivare in fondo. La parola «solo» tende alla eliminazione di questo che è un vero e proprio privilegio dei ricchi, dei disposti a pagare; e sta ad affermare che ai non meritevoli, anche se disposti a pagare indefinitamente, deve essere in qualche modo preclusa la possibilità di continuare gli studi.
Un ultimo concetto interessante è il rapporto tra istruzione e patria:
Pignedoli: Noi siamo al di fuori e al di sopra di ogni esasperato spirito nazionalistico anche dal punto di vista della rivendicazione, dinanzi al mondo delle nostre glorie scientifiche; ma noi sentiamo, però, che la tradizione italiana, che la gloria di Leonardo, quella di Galileo, la gloria di Volta e di Pacinotti, di Ferrari, e di Marconi non sono tali da poter essere dimenticate dinanzi al mondo e sentiamo ancora più che è necessario tutelarne lo spirito e la grandezza. […] perché, onorevoli colleghi, io sono certo di non usare espressioni di esasperato nazionalismo, ma di dire semplicemente la verità; non esalto infatti glorie militari o fatti che si sperdono nelle lontananze della storia o della leggenda, ma esalto glorie effettive della nostra stirpe.Io vi dichiaro: la Repubblica difenderà e proteggerà i ricercatori e gli studiosi e avvierà i giovani migliori alle altissime posizioni, da cui poi, brillerà il loro genio, perché se si spegnesse la civiltà scientifica italiana, ne avrebbe grave pregiudizio la civiltà del mondo. (Applausi al centro — Congratulazioni).
Macrelli: È la voce delle cose, è la realtà che prende alla gola tutti quanti e tutti ci dobbiamo persuadere di una cosa, uomini di tutte le fedi e di tutti i partiti: è nella scuola che si forma l’anima della Nazione ed è attraverso la scuola che noi dovremo dare veramente un nuovo volto, una nuova fisionomia, ma soprattutto una nuova anima all’Italia repubblicana. (Applausi — Congratulazioni).
Quindi per i nostri Padri, l’istruzione è l’anima della Nazione e solo attraverso di essa è stato e sarà possibile rendere effettivi tutti i diritti che la nostra Carta ci ha donato.
Non esiste una buona scuola diversa da questa.
PS: Se volete rileggervi i verbali della Costituente, un sito fondamentale è la nascita della Costituzione.
(segue)
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