Manifesto del Fronte Popolare Italiano
Quello che segue non è il Manifesto di un partito che esiste e nemmeno di un partito che intendiamo fondare. Non siamo ingenui. E' il manifesto del partito che vorremmo, del quale gli italiani e l'Italia avrebbero bisogno. Ma gli italiani sono stati "bipolarizzati", credono che la libertà consista nel votare lo schieramento di qua o quello di là e non si accorgono che i due schieramenti sono al più due correnti del medesimo partito. Anche i partiti minori, che pure si dichiarano radicali, si alleano o aspirano ad allearsi con l'uno o con l'altro schieramento. Soltanto una elite di italiani che formi un partito alternativo al partito unico delle due coalizioni (è questa la libertà politica; è questa la democrazia, altrimenti libertà politica e democrazia non sono nulla) potrebbe, forse, salvare la Repubblica. Intanto il tempo trascorre e la soluzione jugoslava alla crisi della Repubblica comincia a intravedersi all'orizzonte, non certo come necessità ma comunque come possibilità. Servirebbe un Fronte. Un Fronte Popolare. Una unione di diversi. Il Manifesto enuncia quelli che dovrebbero essere i principi unificanti.
Intanto, la funzione che il Manifesto svolge è quella di prendere posizione, tracciare i confini, segnalare temi e in questo modo rendere organici i contributi che verranno pubblicati. La nostra è una rivista organica al partito che non c'è.
2 giugno 2009
di Stefano D’Andrea
1. Muoviamo dall’assunto che l’uomo deve lavorare, col pensiero, con la parola o con il corpo, per l’autoproduzione oppure per la produzione generale e vogliamo che la Repubblica sia fondata sul lavoro: autonomo e subordinato.
2. Ci auguriamo che il lavoro subordinato, alle dipendenze dei privati, possa progressivamente essere ridotto e intendiamo agire politicamente perché ciò possa, almeno in parte, avvenire. La Costituzione prevede che “la legge provvede… allo sviluppo dell’artigianato”.
3. Non siamo contro il capitale privato, perché sappiamo che ogni produzione implica capitale e lavoro e conveniamo che, in una certa misura, il rischio del capitale debba essere remunerato.
4. Le rendite per così dire naturali devono essere mantenute e, decurtate delle spese e del lavoro accessorio, devono superare di poco l’inflazione. E pressoché non devono esistere, sempre salve le spese e il lavoro accessorio, se non c’è inflazione.
5. Le rendite artificiali – marchi, brevetti, “diritti sportivi” e ogni altra entità immateriale elevata a “bene”– devono essere limitate sotto molteplici profili e in modo severo o addirittura eliminate. Esse sono come sono perché il diritto le ha plasmate così. Allo stesso modo il diritto le può disfare.
6. Non siamo contro la possibilità che esistano banche private. Ma ci battiamo perché il popolo italiano riconquisti la sovranità monetaria, ossia perché sia ristabilita la sovranità popolare sulla Banca d’Italia.
7. Siamo per l’abolizione del ruolo dei promotori finanziari. La tutela del risparmio non ne implica l’esistenza e anzi è compatibile soltanto con una grave limitazione o con la eliminazione della funzione svolta dai promotori finanziari.
8. Crediamo che il diritto dei mercati finanziari debba divenire oggetto di immensa riflessione, non solo da parte dei giuristi ma delle menti più lucide che il popolo italiano è in grado di esprimere. Per ogni istituto introdotto negli ultimi anni, è necessario chiedere quali interessi sarebbero tutelati se esso venisse soppresso oppure sostituito con un diverso istituto, oppure, infine, se esso venisse disciplinato diversamente. È una materia che va affrontata di petto e non conviene accettare il piano delle modifiche.
9. Ammiriamo il risparmio e non crediamo che la legge debba promuovere l’acquisto a debito di beni di consumo. La Costituzione dice che “La Repubblica incoraggia … il risparmio”, non il debito. E noi intendiamo essere il potere costituente della nostra Carta Costituzionale.
10. Il mutuo per l’acquisto della prima casa non può avere ad oggetto una somma superiore al cinquanta percento del prezzo e non può avere una durata superiore a quindici anni.
11. I nuovi strumenti di indebitamento – leveraged buy-out, contratti autonomi di garanzia, leaseback, credito al consumo, carta di credito – o sono già invalidi o devono essere qualificati invalidi.
12. Sappiamo che le leggi contro l’indebitamento dei cittadini avranno come effetto un aumento del conflitto sociale. E tuttavia sappiamo anche che sarà possibile che il conflitto trovi una giusta composizione per effetto di una nuova equilibrata politica dei redditi. I problemi non vanno evitati ma affrontati e risolti.
13. La crescita o la decrescita sono il risultato di politiche giuridiche, ossia di politiche del diritto volte ad affermare principi economici, politici, culturali e ideali. Non sono un obiettivo: né la crescita né la decrescita. Sappiamo, peraltro, che un rallentamento sarà il risultato del perseguimento dei nostri obiettivi .
14. Prima di attivare le fonti rinnovabili, che comunque devono essere già da oggi studiate e progettate, dobbiamo evitare ogni spreco energetico. Ridurre i consumi e combattere gli sprechi di energia. Questi ci sembrano i principi direttivi. Poi attiveremo le fonti rinnovabili. Il risparmio, l’austerità e comunque la pudicizia nella spesa (spendere di nascosto): questo insegneremo ai nostri figli. E facciamo nostro l’antico insegnamento che lo spreco, di qualunque cosa, è spregevole.
15. L’inquinamento acustico, l’inquinamento visivo, l’inquinamento olfattivo e l’inquinamento alimentare sono le forme di inquinamento più gravi e devono essere radicalmente combattute. L’ambientalismo che non muova da questo assunto non ci interessa.
16. Dobbiamo sviluppare e insegnare ai nostri figli una religione civile della Madre Terra. La possibilità di vivere con il proprio lavoro sulla propria terra deve essere promossa.
17. La pubblicità deve essere ridotta. Una lenta ma inesorabile riduzione della pubblicità: questa è la strada.
18. Il termine consumatore deve essere bandito. Esistono soltanto il consumismo e la spesa equilibrata. Il consumismo è l’atteggiamento e l’ideologia dei drogati del consumo; il consumerismo magari fosse metadone: è la dose a basso prezzo.
19. Mercato, libero mercato, libera concorrenza e libero scambio sono formule e concetti ideologi. Talvolta, secondo le circostanze, può essere utile un monopolio. Ed è sempre necessaria la programmazione, che è una scelta umanistica, mentre l’affidamento alle forze del “mercato” è di per sé nichilistico.
20. Sappiamo che oltre alle tre funzioni esercitate dai tre poteri dello Stato esistono altre due funzioni, le quali non sono esercitate, se non in parte, da poteri o organi statali: creare moneta e formare l’opinione pubblica. Entrambe devono essere sottratte al grande capitale e consegnate al popolo.
21. La libertà nella scelta dei metodi educativi è sacrosanta. Invece, l’obiettivo dell’educazione è un dato indiscutibile: che il giovane sia coraggioso, intelligente, colto, paziente, disponibile a sopportare immensi sacrifici per il raggiungimento degli obiettivi che si prefigge, magnanimo con i deboli e dignitoso con i potenti. La realizzazione di questo obiettivo non è affidata soltanto ai genitori, bensì anche alla Scuola; o soltanto alla Scuola, quando i genitori si rivelino inidonei o deliberatamente si sottraggano al loro sommo dovere.
22. Le funzioni essenziali della Scuola e dell’Università sono due: formare gli uomini e valorizzare i talenti. La Scuola, se si tratta di Scuola tecnica, può eventualmente svolgere anche la funzione di fornire agli studenti notizie e tecniche utili a svolgere un lavoro. L’Università e i licei, che non siano licei tecnici, mai.
23. Bisogna ridare prestigio alla Scuola. Ma il prestigio presuppone il potere. Nella sfera di competenza della scuola, il potere educativo della medesima, se contrasta con l’orientamento dei genitori dello scolaro, deve prevalere. La scuola deve sottrarre i giovani alle pretese e alle ansie dei genitori, per renderli uomini.
24. La scuola non deve formare uomini moderni, bensì semplicemente uomini, che sappiano guardare dentro di sé e fuori di sé.
25. Muoviamo dalla consapevolezza della enorme superiorità della scrittura rispetto alle immagini.
26. Sappiamo che la televisione è droga e in particolare sappiamo che è un narcotico.
27. Sappiamo che i narcotici affievoliscono la volontà e così ostacolano l’esplicazione delle capacità.
28. La scienza, in tutte le sue specie, è libera e non soggetta a controlli. Il finanziamento della ricerca è statale o è indirizzato dallo Stato o può essere controllato dallo Stato. La tecnologia non è libera e, ricorrendo un interesse generale, può essere sottoposta sia a penetranti controlli sia a divieti.
29. Siamo favorevoli ad agevolare la nascita mediante la procreazione assistita.
30. Crediamo che debba essere riconosciuto finanche il diritto di seguire l’usanza di antichi popoli, presso i quali gli anziani, avvertendo l’avvicinarsi della fine, si isolavano dalla comunità, si sedevano sotto un grande albero e attendevano la morte come ultimo tenero abbraccio della madre terra.
31. La vita è piena, non vuota; è concreta non astratta. La vita è ciò che corre tra la nascita e la morte. L’enorme importanza assunta, presso certe dottrine, soprattutto religioni, dalla nascita e dalla morte fa da contraltare al declino della vita. Il fenomeno deve esser invertito.
32. Se la chiesa cattolica vuole essere una associazione, riconosciuta o non riconosciuta, come tutte le altre, pienamente legittimata ad esprimersi sulle scelte politiche del popolo italiano, deve prima rinunciare a tutti i privilegi concessi con il concordato e le leggi di revisione e deve cessare di essere uno Stato. Altrimenti deve stare in silenzio: può parlare ai cattolici; non ai politici italiani, né ai cittadini italiani. Tutte le altre confessioni religiose, essendo prive dei privilegi della chiesa cattolica, devono essere libere di esprimere le opinioni che vogliono, anche sulle scelte politiche che il popolo italiano si trovi a prendere.
33. Quando il nostro interlocutore, nel discorrere di problemi politici – e ribadiamo di problemi politici – afferma “io sono cattolico”, noi gli rispondiamo: “Non ci interessa minimamente. Cita le tue scritture sacre! Le parole delle sacre scritture, in particolare le parole di Gesù, le ascoltiamo sempre volentieri e non ci interessa se chi le pronuncia è cattolico o meno.”.
34. Non abbiamo alcun interesse a mantenere gli attuali equilibri geopolitici. Forte o debole, vogliamo che l’Italia sia indipendente ed autonoma: se debole, sarà comunque libera nella lotta. I nostri diritti e i nostri doveri sono sanciti dalla Costituzione Italiana; in Italia si trova la terra che amiamo; la lingua che parliamo è l’Italiano.
35. Che una maggiore autonomia (dallo Stato) degli enti territoriali e degli enti pubblici minori non territoriali sia in sé, sempre e comunque, preferibile ad una maggiore eteronomia, possono asserirlo soltanto gli sciocchi, coloro che sono in errore grave e coloro che sono in malafede.
36. L’Europa è una organizzazione internazionale. Si può desiderare una organizzazione internazionale che comprenda tutti i paesi europei e al contempo desiderare la distruzione dell’Europa come essa oggi è: nel senso che si può volere l’Europa come organizzazione internazionale e al contempo desiderare l’abrogazione di tutti o di molti dei principi fondamentali enunciati dai Trattati europei e, quindi, la sostituzione dei principi abrogati con altri principi fondamentali.
37. Una organizzazione internazionale mediterranea appare necessaria. E dovrà essere promossa ed attuata.
38. L’ONU sanciva la supremazia delle cinque potenze vincitrici. Ed è un bene che sia morta senza nemmeno essere stata combattuta. Le organizzazioni internazionali mondiali a carattere politico o sono paritarie ma al tempo stesso poco realistiche e concretamente mai realizzate o sanciscono la supremazia di alcuni Stati sugli altri e allora devono essere rifiutate per principio. Le organizzazioni internazionali regionali a carattere politico possono essere paritarie ed efficaci e pertanto ne perseguiamo la formazione. In ogni caso, l’Italia potrà aderire soltanto a organizzazioni mondiali a carattere politico che siano paritarie.
39. La sudditanza culturale nei confronti degli Stati Uniti d’America ha da lungo tempo superato i limiti del ridicolo. Bisogna liberarsene. Sono in gioco, non soltanto la dignità e la personalità del popolo e dello Stato italiano, ma la stessa concreta possibilità di progettare il nostro destino.
40. Non desideriamo dominare altri popoli: né la terra, né le acque, né lo spazio, né le onde, né i mercati degli altri popoli. Ma resistiamo ad ogni volontà di potenza che intenda condizionare il popolo italiano in una o altra scelta politica.
41. Rifiutiamo la guerra di aggressione ad altri Stati, senza eccezioni.
42. I diritti umani sono uno strumento di imperialismo culturale e militare.
43. Invece le Libertà fondamentali sancite dalla nostra Carta Costituzionale sono inviolabili.
44. I Principi Fondamentali della Suprema Carta sono sacrosanti.
45. Il partito che vogliamo avrà per nome Fronte Popolare Italiano.
46. Il simbolo del partito sarà l’immagine del busto di Garibaldi con l’aggiunta, in alto a destra dell’acronimo e in basso della scritta “Fronte popolare Italiano”.
47. I capi, per noi, non sono un tabù. Preferiamo il termine Capo – o quelli di Comandante e Guida – ai termini correnti: Segretario, Presidente o addirittura Leader (che è un modo ipocrita per non indicare se il designato è un capo o un segretario). Coloro che sono acclamati da una collettività siano i capi. Se non vi è l’acclamazione, la collettività elegga un presidente e promuova l’emersione di uno o più capi. Resta chiaro che le collettività, così come hanno il potere di scegliere i capi, hanno il potere di revocarli.
48. Siamo pazienti. E per questo i progetti ci appaiono realizzabili.
49. La storia ha dimostrato che fedi, fedeltà e idee hanno una vita più lunga di quella degli uomini. Perciò siamo disposti a perseguire risultati che potrebbero verificarsi dopo la nostra morte.
50. Detestiamo l’ipocrisia.
51. L’umanesimo è la nostra bandiera. Invece, l’umanitarismo ci infastidisce, tra l’altro perché indebolisce ogni buona idea e ogni giusta posizione.
52. Siamo curiosi di storia e ci interessa il futuro, non la fantascienza.
53. Non odiamo il denaro, ma siamo fieri di non amarlo.
54. Siamo per i rapporti di amicizia ma apprezziamo chi ammira e chi rispetta; ci fa pena, invece, chi omaggia.
55. Abbiamo o non abbiamo la fede, ma siamo fedeli ai Principi espressi nel nostro Manifesto e perciò non ondeggiamo nel nulla.
56. Militiamo nel Fronte Popolare Italiano e riconosciamo che il proselitismo è il primo dovere del militante.
Non ho resistito di attendere domani.
Le idee ci sono.
Alcune forti.
Ma, mai extraparlamentari!
Buono
Vincenzo
La citazione di Caparezza in homepage ha destato la mia massima attenzione.
Posto che non richiedi un’adesione totale ma solo tendenziale, quanti punti di accordo fanno la tendenzialità?
Nuanda,
mi fà piacere che condividi anche se non completamente le nostre idee, continua a seguirci e vedrai quanto siamo utopici o realisti.
un programma ricco, forte, provocatorio e discutibile, ma di certo incondizinato… o meglio condizionato dalle vostre idee nuove ed anticonvenzionali, ma il manifesto al popolo è senza ombra di dubbio un programma libero e sereno, lontano anni luce dalle censure e dalle limitazioni imposte dai “poteri forti”.
siete un campana fuori dal coro ed ascoltarvi farà risvegliare molti dei vostri lettori dallo stato di torpore ideologico creato ad arte dai mass media, spesso impossibilitati, o incapaci, nel trattare “temi caldi”
complimenti alla vostra sincerità e… alla vostra libertà
Luigi Poleggi
giornalista
Forte e idealista, ma sicuramente pieno di determinazione e di coraggio.
Bravi
Giuseppe
Condivido l’opinione dell’amico Vincenzo. Le idee ci sono ed alcune sono anche forti.
Tu lo sai, caro Stefano, che alcuni passaggi non li posso pienamente condividere (scuola, Chiesa, insegnamento, televisione) , ma Ti faccio i complimenti per il coraggio e per la brillante iniziativa che hai intrapreso.Michele.
Idee forti è vero come sottolineato dai precedenti commenti. Condivido pienamente i punti di carattere sociale. E’ una nuova alternativa costruita con cognizione di causa. Complimenti a tutti e buon lavoro!!!!
Fabio.
Idee, pensieri, concetti ontologicamente diversi e distanti dall’attuale visione della realtà che la comunicazione di massa impone di osservare.. questo Manifesto, senza dubbio innovativo, costituisce un imprescindibile punto cardinale per una società che voglia guardare al futuro con occhi nuovi..
Giuseppe Piluso
Complimentiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!
beh anch io milito nel Fronte Popolare Italiano
perchè condivido a pieno questo manifesto, tranne per quelle piccole citazioni che ahimè non fanno parte del mio bagaglio culturale e me ne pento, ma mi impegnerò a seguirvi con costanza cosi da conoscervi a fondo.
Hasta luego!!!
Ma…è uno scherzo vero?!
Nel leggere mi sono sentito a tratti pervaso da un crescente stato di ansia.
Potrebbe chiamarsi fronte degli integerrimi. Cos’è un esortazione all’abolizione dei sentimenti?
Siamo uomini! Condivido che si fa bene ad essere intransigenti con se stessi e con ciò che si vuole da sè.
Tuttavia, la trovo troppo una forzatura. Troppo un’esagerazione.
Non si cambiano le cose riscrivendo di colpo tutte le regole.
Si impara piano piano ad usare quelle che ci sono già.
Solo così si può capire dove sta la differenza. E poi…non tutto va riscritto.
Il vero coraggioso non è colui che fugge in cerca di realtà migliori (scritte in circa 50 punti nel modo che più gli confà).
Ciao!
che ne dite di un colpo di Stato?
Ciao Nuanda,
no, non e’ uno scherzo. Dici che ti sei sentito pervaso da un crescento stato di ansia, ma come pensi che vivano tutti i lavoratori con contratto a progetto o simili? e quelli che stanno in cassa integrazione? e quelli che perderanno il lavoro a causa della crisi? (in realtà a causa di una gestione dilettantesca della cosa pubblica)
Non e’ una esortazione all’abolizione dei sentimenti, almeno di quelli veri. Dei sentimenti da soap opera, quelli che ci inculcano le televisioni governative, non sappiamo cosa farcene.
Riguardo alle regole:
– se la regola e’ 3,5 morti sul lavoro ogni giorno, allora cambiamo la regola
– se la regola e’ lo sfruttamento del lavoro nero, allora cambiamo la regola
– se la regola e’ lo sfruttamento del lavoro minorile, allora cambiamo la regola
– se la regola e’ lo sfruttamento della prostituzione, allora cambiamo la regola
– se la regola e’ che i nostri ricercatori devono emigrare per poter vivere, allora cambiamo la regola
– se la regola e’ che i nostri parlamentari non sono eletti direttamente dal popolo ma nominati dai potenti dei partiti, allora cambiamo la regola
– se la regola e’ l’uso indiscriminato di carburanti fossili, allora cambiamo la regola e pensiamo a un piano per la mobilità e per l’energia
– se la regola e’ che i genitori possono stare con i loro figli solo il finesettimana, allora cambiamo la regola
– se la regola e’ che ci sono alcune figure che sono al di sopra della legge, allora cambiamo la regola
Il vero coraggioso e’ colui che crede che le cose possano essere cambiate e si prodiga nel cambiarle.
Noi ci riteniamo coraggiosi,
e militiamo nel Fronte Popolare Italiano
Caro admin,
conosci a quale categoria di lavoratori appartegno?! Credo di no…ma parli come se lo sapessi!
Se pensi di poter gestire meglio la cosa pubblica…se pensi di non essere un dilettante…sono pronto a sostenerti!
Sono d’accordo con l’opinione che hai della televisione, pubblica e non.
Riguardo all’elenco che hai fatto…condivido (tranne che per qualche dettaglio).
Ma non credi anche tu che, forse…questa necessità di aggiustamento possa prescindere da un globale stravolgimento dell’equilibrio.
Mi permetto di sottolineare come il tuo delineato “sistema” è suscettibile di andare in crisi alla minima imprevista “stortura”…pensaci!
E per citare un mio nuovo amico: “Il vero coraggioso è colui che crede che le cose possano essere cambiate e si prodiga nel cambiarle” MA IN MODO REALISTICO E NON UTOPICO.
Avevo deciso che, raggiunto il numero di dieci commenti, avrei risposto collettivamente. La speranza era che i commenti al Manifesto aumentino con il tempo e dunque mi sembrava e ancora mi sembra inopportuno rispondere di volta in volta al singolo commento. Perciò, chi scriverà commenti successivi a questo sappia che avrà una risposta, sia pure a distanza di tempo. Senza scadenze precise, direi che risponderò circa ogni dieci commenti.
Innanzitutto ringrazio Luigi, i due Giuseppe, Federica, Mik, Fabio e Vincenzo per i complimenti.
A Mik, Mavi, Peppe e Nuanda devo inoltre qualche chiarimento.
Comincio da Mik, che conosco, il quale scrive:
“Tu lo sai, caro Stefano, che alcuni passaggi non li posso pienamente condividere (scuola, Chiesa, insegnamento, televisione)…”
Ai rapporti tra Stato e Chiesa sarà dedicato un dialogo, al quale ti invito a partecipare. Fammi avere una pagina scarsa (direi che mezza pagina sarebbe preferibile; altrimenti il dialogo potrebbe divenire eccessivamente lungo) di osservazioni relative ai capoversi del Manifesto relativi ai rapporti tra Stato e Chiesa, segnalando i profili che condividi, se ce ne sono, e quelli che non condividi. Conosci la mia mail. Perciò attendo le tue osservazioni. Al dialogo parteciperanno anche altri amici e alla fine sarà pubblicato sul sito.
Per quanto riguarda la scuola, l’insegnamento e la televisione, credo che si tratti di due temi: la scuola, da un lato (scuola e insegnamento mi sembrano designare i medesimi capoversi del manifesto; correggimi se sbaglio); e la televisione dall’altro. Sceglierei come primo tema la scuola e ti invito a scrivere senz’altro una pagina di osservazioni sui capoversi del Manifesto ad essa relativi. Qui, per ora ti invito a srivere un articolato commento al Manifesto.
Attendo la mail (mi permetto di chiederti se puoi inviarmela entro fine luglio) e il commento, ti saluto e ti ringrazio di nuovo.
Vengo a Mavi, che pure conosco, la quale scrive:
“Visto che non richiedi un’adesione totale ma solo tendenziale, quanti punti di accordo fanno la tendenzialità?”
Sinteticamente rispondo. C’è la scelta anarchica, del tutto legittima e talvolta necessaria. Oppure si può voler aderire a (o votare) uno o altro partito. In questo caso, per quanto vicino sia il tuo modo di sentire rispetto al programma del partito prescelto ci sarà, necessariamente, uno scarto, talvolta ampio, tra le tue opinioni politiche e il programma di quel partito. Direi che puoi prendere in considerazione i capoversi del Manifesto del Fronte Popolare Italiano; contare con quanti sei d’accordo; poi vagliare il Manifesto del partito (o i manifesti dei partiti) che fino ad ora hai votato – i manifesti, però, non i fumosi programmi scritti nell’insignificante politichese – per cercare quale posizione assumono quei partiti sui dilemmi tracciati dal nostro Manifesto; e, infine, fare il confronto tra il Manifesto del Fronte Popolare Italiano e il manifesto (o il fumoso programma) del partito o dei partiti che hai votato. A questo punto, se le tue posizioni dovessero risultare quantitativamente più vicine al nostro Manifesto direi che si è almeno verificata la condizione per continuare a visitare il nostro sito .
La risposta a Peppe, che ci chiede, credo ironicamente, perché non facciamo un colpo di Stato, è semplice. I colpi di stato consistono nella presa del potere da parte di centri di potere minori (l’esercito o parte di esso; minoranze parlamentare; confederazioni degli industriali alleate con talune milizie; e così via). Perciò si deve escludere logicamente che noi, che non siamo un centro di potere, si possa (e si possa voler) fare un colpo di Stato. Peraltro, non si tratta nemmeno di fare la Rivoluzione, la quale, quando raramente si compie, si verifica soltanto in certe circostanze storiche, in presenza di presupposti determinati (morali ed economici) e di soggetti collettivi rivoluzionari. Niente di tutto ciò esiste in Italia ed è dato prevedere che niente di ciò esisterà per parecchio tempo. Perciò resta la politica democratica: costituire un partito che parli al popolo e ne conquisti il consenso. Potrebbero servire anche anni, come è detto nel Manifesto (cpvv. “48. Siamo pazienti. E per questo i progetti ci appaiono realizzabili” e “49. La storia ha dimostrato che fedi, fedeltà e idee hanno una vita più lunga di quella degli uomini. Perciò siamo disposti a perseguire risultati che potrebbero verificarsi dopo la nostra morte”). Per il resto rinvio a una parte della risposta che sto per dare a Nuanda.
Nuanda ha inviato un commento un po’ più complesso, che, nelle parti che reputo rilevanti, deve essere frazionato. Terrò conto soltanto del commento iniziale e non del commento successivo, scritto in replica a Luigi. Scrive innanzitutto Nuanda “Potrebbe chiamarsi fronte degli integerrimi”. Questa mi sembra una osservazione errata. Non mi sembra che nel manifesto ci sia anche soltanto un decimo del moralismo dei Travaglio, dei Di Pietro, dei Flores d’arcais e così via. Nel Manifesto non si parla di corruzione, né di onestà, né di conflitti di interesse; e così via. Soltanto, o quasi soltanto, con riguardo alla droga del credito/debito e con riguardo al risparmio, si parla rispettivamente come disvalore e come valore in qualche modo pregiuridico e pre politico, che peraltro è stato aggredito da quindici anni di attività legislativa scellerata (devo purtroppo rinviare a quanto scriverò nei prossimi mesi, perché il discorso sarebbe lungo), oltre che con riguardo alla “Madre terra” e a pochi altri beni difficilmente contestabili). Per il resto Il Manifesto afferma soprsattutto principi politici che vorremmo si traducessero in principi giuridici.
Scrive inoltre Nuanda “Non si cambiano le cose riscrivendo di colpo tutte le regole”. Se l’affermazione intende essere descrittiva, è falsa non soltanto con riguardo alle rivoluzioni che, sia pure raramente, si verificano nella storia, ma anche ai ben più frequenti episodi di grave rottura costituzionale, come accadde in Italia dopo la seconda guerra mondiale. Se l’affermazione intende essere prescrittiva o addirittura ammonitiva, allora rammento anche a Nuanda i cpvv. 48 e 49 del Manifesto testé citati in risposta a Peppe; e conseguentemente osservo che il “rimprovero” non è calzante: noi siamo pazienti. Aggiungo che tutto dipende dal concetto di tempo che si utilizza. In quindici anni in italia è cambiato tutto. Se Nuanda avrà la pazienza di seguirci, forse concorderà con noi (cercheremo di illustrare che le cose stanno così) che la grande maggioranza dei principi del Manifesto del Fronte Popolare Italiano in Italia “erano legge o prassi” fino al 1989. Così come in venti anni quei principi sono stati del tutto abbandonati, è lecito e ragionevole pensare che in venti anni quei principi possano essere recuperati? Crediamo di si. Anche di questo dirò in un articolo che credo sarà pubblicato nel mese di agosto o forse in settembre e pertanto sono costretto a chiedere a Nuanda di avere pazienza, come ne abbiamo noi.
Infine una osservazione generale. Esporre e sostenere idee (secondo taluni “radicali”) non significa non essere disposti alla mediazione politica. Il problema è che l’attuale ceto politico e principalmente, bisogna riconoscerlo, i dirigenti del PD, ha creduto che le idee possano nascere come “mediate” (già nel “cervello” di chi le ha pensate”), mentre le idee, se esistono, sono necessariamente “pure”, salvo la successiva necessità della mediazione politica. È per questo che da anni i mediocri dirigenti dei partiti del centrosinistra (nelle sua varie versioni che si sono susseguite nel tempo)non hanno una idea e hanno subito l’ondata ideologica neoliberista, filo statunitense, consumista e usuraria che si è insinuata tra essi, dove sono ormai presenti e forse maggioranza, numerose “spie”, le quali le idee “pure” (cioè le idee tout court) ce le hanno e le hanno pure applicate, sia pure opportunamente (dal loro punto di vista) nascoste.
Per discutere di tutto questo e di altro, peraltro, chiedo a Nuanda di continuare a seguirci.
S D’A
Tranne la prima definizione, di seguito, troverete soltanto mie personali opinioni.
Integerrimo: intatto, puro, incorrotto, incontaminato. Cosa c’entrano tutti i personaggi che hai messo in mezzo…guarda che così rischi la querela! Scherzo…
I valori in cui credo sono integri…sono d’accordo con te…da questo bisogna ripartire.
Purtroppo i principi politici non vanno confusi (a mio sommesso parere) con i principi morali.
Politica = indirizzo dello Stato. Morale = indirizzo dell’uomo.
Sia la politica che la morale sono neutri…nel senso che non sono suscettibili di graduazioni.
Non esiste la giusta morale o l’ingiusta politica e viceversa.
Possono esistere morali e politiche condivise dai più.
Questo è l’obiettivo cui deve tendere la politica…spingere verso indirizzi quanto più possibile condivisi da molti.
Condivisione e partecipazione.
Riguardo l’affermazione sul “riscrivere le regole” tengo a precisarne la natura.
In parte intendeva essere descrittiva…ma siamo sicuri che le crisi avvengano…così… di colpo?
Oppure, in modo del tutto preannunciato ed evitabile (laddove la crisi dovesse essere portatrice di conseguenze negative), così come abbiamo imparato leggendo la rubrica sui GEAB.
La mia affermazione era descrittiva per questa parte. Non si possono riscrivere tutte le regole di colpo si riferiva a questo.
Ma il fine non deve neanche essere il raggiungimento di un punto di rottura.
Altrimenti l’obiettivo è limitato in partenza.
Ogni cambiamento è graduale…e condivido i punti 49 e 50. Ciò che conta non è infatti la meta.
“Il cammino è ciò che conta…la meta è solo un illusione che ti spinge a non cedere il passo”.
Avrai già capito che non intendeva essere ammonitiva o di rimprovero.
Ma dirò di più…si nascondeva in essa anche un intento “stimolativo”…io voglio condividere e partecipare attivamente. E se sono apparso polemico…ebbene sì…a volte è bene usare certi metodi per ottenere la pura verità.
Perché le fredde affermazioni sono false…ma se le si colora di sentimento sono verità. Un valore imprescindibile.
Un unico appunto: il riferimento fatto ai politici del PD e compagnia bella.
Se come dici tu il Fronte vuole crescere…lo sguardo deve essere al futuro e non al passato.
L’identità per differenza è una debole identità.
Vi seguirò…il mio intento è di stimolare ciò che merita esserlo…
ciao cinzia,
finalmente son riuscito a leggere tutto il manifesto di questo fronte popolare. Lo trovo un pò utopico ma, del resto, finchè c’è il pensiero libero si può scrivere di tutto e di più. Mi stupisce l’ enfasi che dai al discorso (che peraltro non ho ancora letto) del professore spagnolo sull’importanzs del diritto per la vita di tutti i giorni.
Per me e i miei colleghi, praticanti le irte balze del Gennargentu, è stata la prima cosa che ci insegnarono e ci fecero l’esempio dell’equo canone locatizio.
Pertanto per me, il problema non è l’importanza della legge ma CHI fa le leggi! A me preoccupa più il deficit di rappresentatività del nostro Parlamento.
Purtroppo, penso che la democrazia sia la forma di governo meno peggiore, invece, credo che ogni dittatura del proletariato, di marxiana memoria, finirebbe inevitabilmente nel totalitarismo e nell’arbitrio (vedi Cuba, URSS, Vietnam, Cina e così via). Di conseguenza ritengo che si può solo perfezionare (e di molto) il giocattolo democratico.
Una precisazione: non farti fregare dalle semplificazioni di Caparezza: è vero che i rossi hanno contribuito a “scacciare” i fascisti, ma non sono stati gli unici. C’erano pure i realisti e i cattolici e altri (GL). E PURE i rossi non si sono comportati sempre come liberatori ma per secondi fini, vedi eccidio di porzus.
Stimo il tuo impegno politico anche se, come vedi, non lo condivido.
Sperando di non essere stato odioso più del tollerabile, ti saluto facendoti gli auguri di buon proseguimento di questa iniziativa politica
Davide.
Caro Davide, come autore del Manifesto, mi permetto di risponderti, anche se il tuo commento era indirizzato a Cinzia.
Le critiche sono parecchie.
Quelle relative all’articolo del Costituzionalista spagnolo sui mutui ipotecari in Spagna non le considero, sia perché non riguardano il Manifesto, sia perché hai dichiarato di non aver letto l’articolo, sia perché in altro commento che hai postato successivamente hai dichiarato di aver apprezzato quell’articolo, sicché avrai compreso il senso di ciò che voleva dirti Cinzia.
Lascio per ultimo il profilo del carattere utopico e vengo alla democrazia e alla dittatura del proletariato.
In primo luogo ti chiedo: in quale capoverso del Manifesto hai intravisto una sia pur minima critica alla democrazia, se anzi nel Manifesto è affermato che intendiamo essere il potere costituente della nostra carta costituzionale? In quale capoverso hai potuto leggere apprezzamenti per la dittatura del proletariato? In nessuno. Perciò quando scrivi a Cinzia “stimo il tuo impegno politico, anche se, come vedi, non lo condivido” forse hai creduto di non condividere idee da noi non sostenute.
In secondo luogo, perché hai interpretato il verso di Caparezza come se le “camicie rosse” fossero i rossi e non i garibaldini sebbene l’espressione sia utilizzata comunemente per indicare i garibaldini e il verso fosse inserito sotto un simbolo raffigurante Garibaldi?
Credo che tu abbia dei pregiudizi contro i rossi che ti impediscono di leggere serenamente un testo.
Dopo aver letto l’articolo del Costituzionalista; preso atto che le camice rosse sono i garibaldini; constatato che nel Manifesto non vi è alcuna critica alla democrazia; e che non vi è alcuna adesione alla mitica dittatura del proletariato; dopo aver considerato tutto ciò, sei ancora convinto di non condividere l’impegno politico di Cinzia? Se si, devi ancora esprimere le ragioni.
Quanto al profilo utopico del Manifesto, rilevo soltanto che gran parte delle prese di posizioni politico-giuridiche espresse nel Manifesto erano legge o prassi in Italia fino al 1989 (per ora devi accontentarti di questa affermazione senza le motivazioni, che saranno indicate in un prossimo articolo). Penso che chi crede utopico un progetto che fino a due decenni fa era in buona parte “legge o prassi” non possa avere alcuna idea politica, perché non può desiderare nulla che non sia l’esistente, con qualche marginale variante. O forse sei soltanto molto giovane e magari nel 1989 avevi meno di dieci anni. Qui il problema è la memoria storica, che andiamo tutti perdendo, per una plurallità di ragioni, anche con riguardo al passato prossimo.
Spero che continuerai ogni tanto a visitare il nostro sito e intanto ti ringrazio per il commento, critico (infondato, a mio avviso) ma educato.
Stefano
Gentilissimo Stefano,
con questo commento, accolgo l’invito ad una più puntuale definizione della mia posizione negativa sulla iniziativa politica diffusa su questo sito.
In primo luogo, non posso non ribadire il mio apprezzamento per il vostro costante impegno politico e per alcune condivisibili idee portate avanti nel Manifesto (ad es. l’enfasi data alla posizione della dignità del lavoratore e della istruzione).
Tuttavia, ritengo tali obiettivi difficilmente raggiungibili, e quindi utopici, alla luce della attuale e mortificante situazione politica, sociale e culturale in cui versa il popolo italiano. In altri termini, asserisco che, nella nostra società, non ci sono le premesse perchè tali risultati vengano perseguiti, se non mediante un movimento “rivoluzionario” che abbia come base le persone appartenenti al ceto meno ricco e più umiliato del nostro Paese ossia i lavoratori (cui voi dedicate molta attenzione). In questo senso, deve interpretarsi il mio, frettoloso -lo riconosco-richiamo ad un dittatura del proletariato.
Del resto, anche lei, quando afferma che il manifesto vuole erigersi a “potere costituente” (e non “costituito”) della Carta Costituzionale dà atto del momento di parziale (se non totale) rottura che le sue idee rappresentano rispetto all’attuale ordinamento giuridico costituzionale e non. Quadro in cui, sempre più, è istutuzionalizzato lo sfruttamento dell’uomo sugli uomini nell’indifferenza di quasi tutte le coscienze.
Infine, per quanto riguarda le mie considerazioni sul testo di Caparezza, mantengo fermo il mio convincimento che l’autore, in questo brano, ha voluto contrapporre i rossi ai neri.
Proprio per questo, la citazione del cantante ha rafforzato la mia lettura del manifesto come espressione di una corrente filo-marxista.
Concludo, ribandendole sia la stima per il vostro tentativo di risveglio delle coscienze italiche sia il mio scetticismo sulla concreta realizzabilità dei principi del Manifesto.
Distinti Saluti.
D.
Complimenti per l’iniziativa.
Mi piace:
1. Lo spirito e il coraggio dell’iniziativa. Il suo essere, o almeno voler essere, rivoluzionaria.
2. Gli articoli 17,26,53.
3. Le idee sull’economia.
Non mi piace:
1. La forma del manifesto. Troppo lungo, troppo dispersivo.
2. Il vago senso di freddezza e rigore statalista (stalinista?) che mi pare avvertire nella lettura. Ma potrei sbagliarmi.
3. L’idea che sembra abbiate del sistema educativo.
4. L’articolo 1: non ritengo il lavoro il valore supremo, tanto da meritarsi il primo articolo.
5. L’articolo 25. Espresso così, è troppo perentorio, fuorviante, forse errato. E’ inoltre in potenziale contraddizione con l’articolo 46.
Non capisco:
1. L’articolo 15: le forme di inquinamento che vi sono presentate sono in ordine di importanza? Quali altre forme di inquinamento esistono e se esistono perché le ritenete meno gravi?
2. L’articolo 16: “sviluppare e insegnare” una nuova religione è un processo che può generare abomini, per quanto i propositi siano buoni. La genesi del sacro non è un processo semplice: come credete di fare?
Gentile Beretor,
ti ringrazio per i complimenti e per il commento, che reputo molto intelligente, profondo e colto. Permettimi di non risponderti immediatamente, perché il “lavoro” (invero ne svolgo due) e impegni di famiglia, per due o tre giorni, mi terranno molto impegnato, mentre desidero, da un lato, cercare di spiegare ciò che “non hai capito”, dall’altro, giustificare le asserzioni che non condividi, in modo da (almeno) attenuare le divergenze. E magari sarà necessario novellare il Manifesto! In ogni caso la riflessione e la risposta mi saranno molto utili.
Ti chiedo perciò di tornare a visitarci sabato o domenica, quando certamente troverai le mie osservazioni al tuo bellissimo commento.
Ti ringrazio ancora e ti saluto
Caro Beretor,
tralascio ciò che ti piace e mi soffermo innanzitutto su ciò che non ti piace. Poi passo a ciò che “non hai capito”.
Alcune critiche mi sembrano “formali” (per me la forma è importante, perché sono un giurista e il diritto è forma o almeno è anche forma): 1) la lunghezza del manifesto; 2) la freddezza che si ricava dalla lettura; 3) la posizione del capoverso relativo al lavoro.
La forma del manifesto ci era imposta dalla funzione del medesimo. Essendomi affacciato su internet in ritardo (a 37 anni) ho constatato che esistono molti (ottimi o pessimi) siti con la forma del “contenitore” ma pochissimi siti che pubblicano articoli coerenti con una previa presa di posizione. Quest’ultima era, invece, l’opzione che intendevamo seguire. Avevamo, dunque, bisogno di una “Costituzione”, che è appunto il Manifesto. In questo modo gli articoli che pubblicheremo dovrebbero essere organici e coerenti: siamo, appunto, la rivista “organica” del partito che non c’è. E ponendoci l’obiettivo di trattare molti temi – economia, finanza, scuola, università, ambiente, politica internazionale, media, ecc. – era giocoforza che il Manifesto fosse lungo. Poteva forse essere meno lungo ma doveva essere lungo.
La “freddezza” della prosa del manifesto dipende, probabilmente, dal fatto che sono un giurista. Le disposizioni normative devono essere chiare e stringate. Esse svolgono le funzioni di comandare, valutare e qualificare. Ho invidia per la prosa e la argomentazione di coloro che svolgono studi (più strettamente) umanistici (anche se ad essi sovente manca il dono della sintesi e, soprattutto, quello della chiarezza). Io non intendevo, tuttavia, motivare le mie prese di posizione – le motivazioni e quindi le argomentazioni trovano il loro luogo negli articoli pubblicati sul sito; intendevo vincolare, valutare e qualificare. Perciò ho utilizzato uno “stile normativo”.
Avendo deciso di muovere dai capoversi relativi all’economia, non potevo che collocare nel primo capoverso il lavoro. Ciò non vuol dire che la scuola e l’università pubbliche, l’autonomia e l’indipendenza dello Stato italiano o la natura incontaminata delle nostre terre, per fare solo alcuni esempi, siano valori gerarchicamente subordinati al lavoro. D’altra parte, se si è contrari alle rendite, significa che si può vivere (per poetare, per scrivere, per studiare, per esplorare, e così via) soltanto percependo redditi, monetari o materiali (autoproduzione) dall’investimento di capitale o dal lavoro. Quest’ultima mi sembra la fonte di sostentamento da valorizzare. Inoltre il lavoro è anche un dovere (lo è anche per la nostra Costituzione). Poi forse ha inciso anche il fatto che da piccolissimo cantavo: “e noi faremo come la Russia: chi non lavora non mangerà”! Questo non vuol dire, ovviamente, che si debba sprecare la vita a lavorare per produrre reddito, ché sarebbe davvero sprecarla.
Vengo alle critiche sostanziali: il rigore statalista (stalinista?) e l’idea che ti sembra abbiamo del sistema educativo.
Quest’ultima mi sembra espressa abbastanza chiaramente. So che è il punto debole ai fini del consenso – la nostra tesi è idealista: accoglie, per semplificare brutalmente, le posizioni di Concetto Marchesi (che era stalinista e pubblicamente comunista fin dal 21; ma l’autorevolezza era tale che Bigini, ministro della Repubblica sociale italiana, lo confermò nella carica di rettore dell’Università di Padova), il quale, negli anni 1945-1947, si scontrò con Vittorini (che non era stalinista ma era stato fascista e, se non erro, aveva applaudito la dichiarazione di guerra), che alla fine è risultato vincitore – e mi piacerebbe sapere, nello specifico, perché quella idea non ti convince.
Quanto al rigore statalista, negli ultimi anni lo Stato si è indebolito verso il basso, nei confronti delle regioni e verso l’alto, nei confronti dell’Europa; allo stesso tempo lo Stato si è asservito all’impresa, che invece dovrebbe essere una delle materie oggetto di disciplina statale; ha svenduto aziende che operavano bene in settori strategici (o comunque non peggio di come hanno operato poi le aziende private); ha perduto la battaglia con i media relativamente al potere di formare l’opinione pubblica (di qui la videocrazia) e si è sottoposto alle esigenze delle imprese, delle famiglie e dei “clienti (sic), come oggi vengono qualificati gli studenti, nella organizzazione scolastica e universitaria. Credo perciò che un movimento politico alternativo al partito unico delle due coalizioni debba essere sufficientemente statalista. Lo stalinismo è un’altra cosa. A tacer d’altro non riconosce la libertà di iniziativa economica e perciò non siamo stalinisti.
La scrittura si rivolge alla lettura che è “critica”; è “attiva”; può essere interrotta, per una rilettura, molto più agevolmente rispetto alla visione; segue un ritmo che ciascuno può scegliere a seconda della velocità del proprio pensiero; stimola alla rappresentazione mentale di immagini. Queste qualità o sono assenti o sono meno presenti nella visione di immagini, soprattutto se filmiche (anziché fotografiche). Non credo, insomma, che il più bravo dei registi possa girare un film, per esempio sul terrorismo o sul nichilismo, che sia pari, per profondità di analisi e complessità dei caratteri dei personaggi, a “I demoni” o a “Delitto e castigo” e ciò per limiti intrinseci alla tecnica espressiva e alla attività “ricettiva”: chi vede, riceve immagini; chi legge non riceve parole. Naturalmente, ciò non sta a significare un giudizio di valore a priori negativo sui film, le fotografie, le immagini e i simboli in generale. Perciò, non credo che il capoverso n. 25 sia errato né che sia in contraddizione con il capoverso n. 46. Invece forse è troppo perentorio (le norme come ho precisato lo sono per intrinseca necessità) e probabilmente fuorviante. Ma il compito di chiarire, interpretare, precisare e coordinare i diversi capoversi del Manifesto spetta agli articoli che pubblicheremo. Se avessi precisato, utilizzato frasi incidentali o argomentato le scelte lessicali avrei dovuto abbandonare lo stile normativo e la funzione che avevo deciso di attribuire al manifesto.
Per quanto riguarda la religione della Madre terra hai perfettamente ragione. Andava aggiunto “civile” – “religione civile” – che forse è alla portata degli uomini di buona volontà: la stringatezza è stata eccessiva e fuorviante. Il Manifesto non è stato ancora ripreso da altri siti (per fortuna) e volutamente non lo abbiamo “pubblicizzato”. Perciò sul punto sarà novellato.
Infine, hai ragione anche relativamente alle forme di inquinamento. Il capoverso intendeva essere polemico con le posizioni di coloro che, invocando “i cambiamenti climatici” o “lo scioglimento dei ghiacciai” o “la siccità”, pretendono che i politici emanino uno o altro provvedimento normativo. Non credo che abbia senso. Anche perché si parla di (pretesi) effetti che si verificheranno in un tempo troppo lungo e che spesso sono contraddetti dalla realtà: il torrente che scorre sotto il podere di mio suocero non ha mai portato tanta acqua come quella che è scesa dai monti negli ultimi due anni; l’anno precedente, invece, il torrente ad agosto si seccò e sui media c’era un gran parlare di siccità; come si può pretendere che mio suocero orienti il suo voto o le sue preferenze politiche sulla base del (preteso) rischio di siccità? Il sapore dei cibi, lo smog, il rumore assordante del traffico sono visibili a tutti e devono diventare oggetto di radicali proposte politiche. Convengo che il mio intento polemico (richiamato anche nel capoverso n. 52 dove si dice che ci interessa il futuro non la fantascienza) non emerge nella maniera più assoluta. Non saprei, tuttavia, come novellare il capoverso senza fargli perdere lo stile normativo (le norme non spiegano mai la ragione del contenuto del comando, ragione la quale talvolta si ricostruisce agevolmente e talaltra non si ricostruisce affatto). Perciò il chiarimento sarà affidato agli articoli che pubblicheremo.
Concludo invitandoti a pubblicare sul nostro sito quando vuoi. Non conosciamo censura: l’unico vincolo è il Manifesto. Perciò, ti suggerirei, per il momento non scrivere sul sistema educativo!
Se poi vuoi entrare tra i collaboratori, anche mantenendo lo pseudonimo, ne saremo onorati. In fondo, l’adesione a qualsiasi manifesto (o ad un programma politico) è sempre tendenziale. Infatti possiamo essere certi che se un assemblea avesse discusso il Manifesto del partito comunista, nei singoli capoversi, quest’ultimo non sarebbe stato ancora pubblicato. Un testo politico si espone all’accoglimento o al rigetto in blocco.
Resto, comunque, in attesa di conoscere le tue idee sul sistema educativo.
Ciao
Caro Stefano
ti ringrazio e sono lusingato della tua risposta esaustiva.
Direi innanzitutto che ci sia stato un equivoco in principio: e riguarda il significato emotivo del termine “manifesto”. Per me, un “manifesto” dovrebbe esprimere le idee fondamentali di un movimento (i “grandi ideali”); dovrebbe rivolgersi anche alla pancia (o al cuore) e non solo alla testa (quindi il linguaggio giuridico non è il massimo); dovrebbe avere una forma ideale di 10 punti. Ovvio che si tratta di un’idea personale del tutto criticabile e forse espressa fuori luogo, ospite in casa d’altri. Perché credo che un “manifesto” dovrebbe avere queste caratteristiche? perché un “manifesto” è il primo incontro con uno sconosciuto, e serve una una stretta di mano energica, non un cerimoniale di corte. Se questo sconosciuto sarà colpito dalla stretta di mano, se sarà toccato anche solo in parte dalle nostre idee, allora egli continuerà la lettura sicuro di ciò che sta facendo, e da sconosciuto il rapporto diventerà più intimo. Quindi trovo che il vostro Manifesto sia piuttosto uno “statuto”. Detto ciò, non mi sogno nemmeno di proporti di cambiare il Manifesto, però, nel caso ritenessi le mie idee valide, potresti valutare chessò un “preambolo”. Mah, sono forse troppo indiscreto.
Per il momento ti saluto, continuerò la risposta settimana prossima.
colpo di stato subito
andiamo a prenderli
non posso che apprezzare e incoraggiare l'iniziativa, davvero.
sostanzialmente sono d'accordo con beretor e con ciò che per lui evoca la parola "manifesto", concordando con la forma anche a mio parere più pertinente di "statuto".
detto questo, volevo esprimere un paio di dubbi riguardo gli articoli 21 e 23. fermo restando un mio giudizio favorevole circa i due articoli e l'opinione della scuola pubblica attuale che ne trapela (scuola pubblica che ho modo di conoscere direttamente trovandomi a studiare e crescere in un liceo) non riesco a capire un passaggio. Proprio perchè la figura attuale di insegnante, di educatore, è stata fortemente ridimensionata e relegata al ruolo di "fornitore di nozioni" il tentativo di ridare lustro a questa figura è coerente e soprattutto necessario, urgente(ripeto, da dentro la scuola e vedendo i miei coetanei e i metodi degli insegnanti mi rendo conto di questo come uno, se non il più grande prolema della nostra società, sarò un ingenuo, mi perdoni per la mia età, ma a mio parere il primo articolo dovrebbe recitare "la repubblica è fondata sull'educazione e la crescita responsabile dei giovani" prima ancora che sul lavoro), ma la mia impressione è che si voglia fare un passo più lungo della gamba: mi spiego.
dal momento in cui la scuola diventa la base con cui plasmare l'educazione fondamentale dell'individuo, la mia perplessità risiede nella formazione degli educatori. proprio per l'importanza della tematica dare troppo "potere" alla scuola, all'educatore (uso questo termine impropriamente per riferirmi al docente) avrei paura nel rilevare un'eventuale contaminazione della figura.
partiamo dal presupposto di trovarci in uno stato ideale, in cui insegnanti perfetti formati e abilitati perfettamente hanno se non il monopolio la fetta più grande della torta nell'ambito dell'educazione dei ragazzi, riescono a far crescere consapevolmente le giovani generazioni, fornendo la società di uomini e lavoratori perfetti. dov'è l'inganno? nel primo passaggio. essendo essi azionisti di maggioranza nell'azienda "crescita del ragazzo", dichiarando anche che la scuola deve prevalere sui secondi azionisti, il nucleo familiare (cosa che nella stragrande maggioranza dei casi condivido pienamente, non so se qualcuno ha letto un articolo recente sul fatto quotidiano sulla nostra generazione di genitori ingoranti) cosa succede se non sono perfetti come nello stato ideale? chi li scalza dalla loro posizione? a chi dare la colpa se le nuove generazioni crescono "deviate"? e soprattutto dove cercare un eventuale cura al problema avendo loro la parte più grande della torta, nelle restanti fette?
Si potrebbe fare un passo indietro, risolvere a monte il problema facendo sì che gli educatori vengano educati in maniera ineccepibile. Ma in che modo? Quali sarebbero i criteri di una formazione giusta degli educatori e di conseguenza degli educati? Un po’ il discorso del “qui custodet custodem”, non so se rendo l’idea. In sostanza, avrei qualche riserva ad affidare alla scuola un ruolo così importante. Mi può venir detto “se non alla scuola e avendo tu affermato l’insufficienza della famiglia, a chi allora?”: non è semplice dare una risposta, sarebbe bello rispondere con un generico “alla vita di tutti i giorni” ma sarebbe davvero la più grande delle utopie. La domanda in sostanza è: Lei è sicuro di voler affidare tout court l’educazione alle scuole in maniera, mi permetta, un po’ “superficiale”? mi scuso in anticipo se ho detto cose non vere o se la mia analisi è errata in partenza, ripeto questa è l’impressione che ho da studente immerso in un sistema scolastico fatiscente e che ha semplicemente paura di dare ancora più potere alla scuola, pur nell’ottica di una sua totale revisione.
Un altro dubbio, se possibile anche più ingenuo del primo, è sul preambolo al manifesto: se è il manifesto del partito che volete, la questione che mi si pone banalmente è: perché non fondarlo? Perché aspettare la nascita di questo partito dal nulla da parte di questa evanescente elite democratica che salva la repubblica dai mali che la opprime, un po’ come un fantomatico Messia? Mi rendo conto di cosa voglia dire fondare un partito e di cosa voglia dire entrare e confrontarsi con la fantapolitica attuale, e (dio ce ne liberi!) conformarsi ad essa, ma perché non tentare? Perché “non siete così ingenui” da voler scendere in campo?
bruno
Caro Bruno,
entrambi i tuoi dubbi sono interessanti,
Non credo che gli insegnanti debbano essere "educati". Una società si indirizza in una direzione e si muove, dandosi una "legge": un testo scritto che prevede "doveri" e "poteri" dei cittadini, delle imprese e degli organi nonché degli uffici degli enti pubblici (Stato compreso). Reco esempi disparati, come vengono in mente. Si possono imporre testi con al massimo l'1% di immagini, con almeno il 20% di immagini o si posono lasciare liberi i professori come meglio credono. Si possono sanzionare, fino all'espulsione, con pubblica censura morale, i docenti che si fanno mettere i piedi in testa dagli studenti. Si possono prevedere concorsi molto severi per l'assuzione dei futuri professori. Si può chiarire, con controlli e sanzioni, che mentre può avere un senso, in determinati casi e circostanze, abbassare il livello della sufficienza, in considerazione delle capacità e qualità iniziali dello studente, non si può essere minimamente clementi con chi non studia e non compie il suo dovere. Si potrebbe sancire chiaramente il dovere degli studenti di studiare. Si potrebbero vietare tutti i progetti e gli esperimenti: complessivamente li chiamerei il "gioco" organizzato ai nostri giovani, affinché essi diano alla vita, oltre al senso del consumo, il senso del gioco, appunto.
Non credo, certamente, che legiferando bene si risolva ogni problema; penso, tuttavia, che ci muoveremmo nella giusta direzione.
Per quanto riguarda il partito, per fondare un partito che raggiunga un livello di consenso significativo serve una forza che non ho. Ma volovo iniziare ad agire. Perciò mi sono scritto ad Alternativa che è un laboratorio politico promosso da Giulietto Chiesa, con l'idea dichiarata di costituire un partito. Affacciati su Giuliettochiesa.it; ci sono alcuni forum tematici ai quali partecipo (di uno sono il moderatore). E' già azione; è già aggregazione.
Alla prossima'
GRANDI!! Se esistesse un partito così aveva già il mio voto!! e invece la prossima volta resto a casa per mancanza di scelte, altro che cambiamento! Questi elencati qui sono cambiamenti!!
Sono dei vostri già ''pria'' d'avervi letto, essendo un uomo.
Caro Giuseppe, grazie. Leggici un pò. Poi ti contatteremo.
Mi piacerebbe conoscere la vostra posizione su femminismo, rapporto tra i sessi e le sessualità, movimento maschile (anti-femminismo) e riproduzione umana (c'è un solo cenno alla fecondazione assistita).
Ieri su Canale5 in un'ora, distribuito su tre diverse trasmissioni, hanno nominato circa ottanta volte la parola donna.
Complimenti comunque per l'iniziativa, per molti versi mi riconosco nel profilo dell'uomo antimoderno.
Caro Rberto,
grazie innanzitutto.
Non abbiamo ovviamente una "nostra" posizione intorno a materie tanto complesse e "personali". Il Manifesto l'ho scritto e firmato io soltanto. Gli amici che collaborano condividono evidentemente una linea di fondo e probabilmente consentiranno sull' l'80 e al più sul 90% dei punti.
In sintesi ti dico che non ho nulla contro il femminismo. Ho conosciuto femministe intelligenti e con le quali è stato piacevole conversare. Altre, forse la maggioranza, anche se intelligenti, erano certamente biliose e acide e con esse era difficile discutere.
Tuttavia, libera ogni donna di essere come vuole, libero ogni uomo di pensare, proclamare e urlare forte che preferisce un certo tipo di donna, anziché un altro. Io ad un certo punto mi sono fidanzato con una donna tradizionale, figlia di gente brava e umile, studiosa, ambiziosa nello studio e nel lavoro ma assolutamente desiderosa di restare popolare (del popolo) e di non voler diventare "borghese", timida, laboriosa, che crede importante saper cucinare, pulire e gestire la casa, capace di impegnarsi venti ore al giorno e di organizzare una festa in un casale per novanta persone. Insomma una donna all'antica, come mia madre e mia sorella. Stiamo insieme da venti anni (è diventata mia moglie), abbiamo tre figli gemelli (procreazione assistita) e uno in arrivo a maggio (procreazione naturale). Mi reputo quindi fortunato, perché sono circondato da donne di classe.
Comunque, il problema dell'uomo e della donna moderni esiste. Prima o poi scriverò qualcosa. Magari muovendo dai concetti e dai fenomeni moderni di "mio ragazzo" e mia ragazza".
Ottimo lavoro.
Aggiungerei però un ulteriore paragrafo riguardante il Diritto alla Salute, e alla gestione pubblica della Sanità.
Comunque lo girerò ai miei contatti.
grazie
riprendo questa discussione abbandonata da qualche anno.
temo che SD’A abbia perso un occasione (nel rispondere a Roberto) per approfondire un tema che avrebbe portato ad un’ analisi ancora di più efficace rispetto alla già eccellente analisi di ars. IL femminismo è senza dubbio il braccio (o uno dei bracci) del liberismo, per cui un partito sovranista che si rispetti non può (a mio umile avviso) non essere su posizioni opposte. dico di più, un partito che mette la costituzione (e dunque l uguaglianza sostanziale, e non cosmetica) al centro della sua azione non può accettare il femminismo. (non schierarsi di fronte a dinamiche che sono in atto da 40 anni, significa accettarle se non esserne complici, se un partito lasciasse liberta di coscienza su libera circolazione di capitali, banca centrale indipendente ecc.. sarebbe complice del liberismo). perché dico che il femminismo è il braccio del liberismo? fornisco alcuni elementi che rappresentano solo la punta dell’ iceberg, sperando di scatenare una riflessione, o magari una discussione: intanto la collocazione geografica e temporale coincide perfettamente (almeno col liberismo del secondo dopoguerra), l occidente dagli anni settanta in poi ha visto la crescita esponenziale dei due fenomeni, ora perfettamente metabolizzati e considerati culturalmente normali, entrambi hanno avuto a disposizione mezzi mediatici enormi, per fare un esempio riporto questa bellissima lettera del (a mio avviso) più grande teorico della questione maschile in italia a la repubblica:
http://ilvolodidedalo.blogspot.it/2009/07/lettera-di-rino-barnart-repubblica.html
mezzi che non a caso il femminismo ha avuto a disposizione da chi li deteneva. per comprendere perché il femminismo è utile al liberismo bisogna prima definire il femminismo: una guerra etica e morale (dove per morale si intende il luogo in cui si decide cosa è bene e cosa è male, leggi e sentenze sono conseguenze che vengono a cascata e faranno il gioco del vincitore di questa guerra etica, non a caso parlamenti composti da uomini hanno votato in tutto l occidente leggi femministe, chi vince la guerra morale gestisce gli altri poteri (scettro borsa spada e libro)). in sostanza il femminismo è una guerra contro la maschilita , (le qualità maschili, e anche l ordine simbolico maschile) e per l affermazione come “bene” delle qualità femminili. il liberismo ha bisogno di un mondo dove la regola, la razionalita, l autorità (simbolicamente lo stato…!!!!!!) vengano sostituiti dalla deroga, e dall emozione (funzionale al consumo, e al marketing che fa esattamente il gioco di sostituire la razionalita con l emozione, l incontro perfetto fra femminismo e liberismo è la classica pubblicità di un prodotto per casalinghe nella quale si ridicolizza un uomo). in sostanza bisogna creare uomini mansueti incapaci di ribellarsi, meglio se si sentono in colpa di essere maschi (grazie alla grande narrazione femminista che li vede come oppressori mostri e stupratori da secoli e millenni), cosi come noi ci sentiamo in colpa di essere italiani, grazie alla grande narrazione della corruzione e della spesa pubblica. spero di essermi espresso in maniera comprensibile, (il tema è complesso e la carne al fuoco è troppo superiore alla mia capacita di sintesi).
Caro Max,
mi hai fatto tornare indietro di alcuni anni.
Allora, la mia struttura mentale rifiuta radicalmente il complottismo, quindi non seguirò mai teorie che volessero imputare la attuale situazione dei sessi in occidente a volontà malefiche che starebbero all’origine del femminismo.
Considero femminismo quel movimento che ha spinto perché le donne potessero votare, entrare in magistratura (solo nel 1970 o 1974 in Italia) proseguire gli studi come i figli maschi, lavorare, ecc. ecc. E da questo punto di vista considero il femminismo, inteso come movimento di emancipazione della donna, come un fenomeno di portata storica ed estremamente positivo.
Le teorizzazioni femministe degli anni settanta e ottanta, fino al “separatismo” (conosco questa “corrente” perché me ne parlò un’amica) non credo che abbiano influito molto sulla evoluzione della società in questi quasi cinquanta anni. Hanno influito molto di più il capitalismo, la soddisfazione dei consumi, l’attacco culturale alla famiglia, la critica di ogni gerarchia, l’eclussi dei doveri a favore dei diritti,la diffusione della pornografia.
Certamente esistono anche fenomeni come le quote rosa e la preferenza di genere che gridano vendetta. Ma siamo più in presenza di stupidità diffusa che di femminismo.
Detto questo anche io oggi assisto a quella che mi sembra una femminilizzazione psicologica (e talvota fisica) del maschio. Questo per me è un problema, un grave problema del quale è difficile parlare, soprattutto perché i sottomessi, i depilati, gli incapaci di costruire una famiglia, i drogati della bellezza, i modaioli, gli estetizzanti, ci circondano e possono essere nostri fratelli cugini o amici strettissimi.
Ho creduto interessante talvolta affacciarmi in alcune discussioni in rete dedicate a questi temi ma mi sono ritratto spaventato. A parte il fatto che erano discussioni “tra uomini”, molti di questi uomini venivano da fallimenti familiari ed erano del tutto incapaci di affrontare il discorso in modo obiettivo o, meglio, nel modo in cui andava affrontato: cosa dovevo fare che non ho fatto? come dovevo essere e non sono stato? in base a quali criteri dovevo scegliere la compagna rispetto a quelli che mi hanno orientato? Quando iniziai a sbagliare? Fin da principio? Ecco, invece, di ragionare così, c’era tutto un ragionare sulle donne, che era anche un accusare e un incolpare. Ne ho tratto la conclusione che non ne avrei cavato un ragno dal buco.
Il problema però è esclusivamente un problema relativo all’uomo o se vuoi al maschio: come deve essere un uomo? cosa deve insegnare ai propri figli e alle proprie figlie? Che cosa è una famiglia per l’uomo?
Forse, più che una critica del femminismo servirebbe una teoria del maschio contemporaneo. Ma dovresti ripartire dal 20%. L’80% per ideologia o codardia ti osteggerebbe.
non mi pare di essere stato particolarmante complottista, allo stesso modo in cui noto le scandalose pubblicità rai sull’ europa noto che la denigrazione del maschio è capillare e massiccia sui media, dalle pubblicità, ai talk show, dai film, alle statistiche false come avevo linkato sopra,mi sembra un fatto.
due esempi su migliaia che potrei fare:
http://www.repubblica.it/2006/05/gallerie/cronaca/campagna-toscani/1.html
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/04_Aprile/22/newyork.shtml?refresh_ce-cp
cosi come mi sembra un fatto che le sentenze (soprattutto in caso di separazioni ecc, siano un tantino sbilanciate dalla parte del “bene”). e non si tratta di scegliere bene il partner sperando che non si avvalga di poteri che legalmente avrebbe (non è dunque una questione della sfera personale). sarebbe come dire a una persona che ha subito un avvelenamento da funghi in un ristorante di scegliere meglio il ristorante. sicuramente gli uomini devono migliorare, e devono fare autocritica, e chiedersi cosa non va, ma temo che quando lo faranno, oltre a trovare i propri difetti e le proprie mancanze troveranno anche altro. sicuramente la famiglia è in grave pericolo. e per salvarla bisognerà guardare, e cercare disfunzioni anche…dalla parte del bene.
Non ho detto che sei complottista. Ho detto che il problema non è il femminismo e che non seguirò mai teorie che attribuiscono colpe al femminismo. Se oggi il femminismo teorizza il femminicidio – una opinione stupidissima ma liberamente manifestabile- non per questa ragione esso è responsabile del manifesto pubblicitario che segnali. Quanto al libro che pure segnali, beh bisognerebbe rispondere “gli’omm(e)ne adà puzzà” e mi dispiace di non aver modificato il mio precedente commento, come pure avevo pensato, per aggiungere, dopo “estetizzanti”, “lampadati e improfumati”.
Comunque che proponi di fare? Vietare quel manifesto e quel libro? Fare campagne di “controinformazione”? Io credo che l’unica cosa da fare sia essere un bravo padre e scegliere per compagna una brava madre. Certe cose non le può insegnare la scuola.
Quanto alle sentenze di separazione sono spesso sbilanciate, anche se adesso le cose dovrebbero migliorare. Le ragioni sono varie, sia tecniche che culturali. In particolare non è chiaro ai giudici che una separazione deve comportare ilpeggioramento delle condizioni economiche di TUTTI i membri della famiglia,compresi i figli. Non vanno considerati però i casi in cui la donna lavora in nero o non lavora pur di prendere un certo assegno.
Ma i comportamenti peggiori sono quelli degli ex coniugi che mettono i figli contro i genitori. Sono anche uomini ma più spesso donne. Per questi fatti bisognerebbe reintrodurre le pene più atroci. E’ un problema legislativo, dunque. Ma a livello personale torna la mia domanda: “come ho fatto a scegliere un escremento del genere come moglie (o come marito)? Come ero sciocco!”
il femminicidio è un opinione che racchiude in se l idea che esistano due diversi reati nell uccidere un uomo o una donna. sarà anche liberamente manifestabile, ma una forza costituzionale dovrebbe aborrire queste idee (come giustamente tu fai). una forza costituzionale deve rimuovere gli ostacoli che impediscono l uguaglianza sostanziale, quindi se cè una legge che impedisce alle donne di entrare in magistratura la deve abrogare (con o senza un movimento di opinione che spinga per questo), allo stesso modo se reputi positivo il femminismo perché ha aiutato nella rimozione di quegli ostacoli, dovrai valutare positivamente anche un movimento di opinione che faccia lo stesso anche se a generi invertiti, dovrai essere lieto se qualche forza politica si dimostra sensibile (o faccia semplicemente il suo dovere) come lo furono i politici del 74.
Dici che il femminismo non è responsabile di quel manifesto. io su questo ci andrei cauto, chi ha creato un clima culturale nel quale un manifesto del genere passa inosservato? perché i media ripetono ossessivamente che viviamo in una società fortemente maschilista? (dove ad esempio le donne a parità di lavoro guadagnano meno degli uomini, ti sembra un affermazione vera?, e perché i media ce la ripetono continuamente?), come mai si inventano e si diffondono statistiche sbagliate di interi ordini di grandezza? davvero credi che questa clima non abbia nulla a che vedere con le sentenze, sempre più incredibili a cui assistiamo? credi che i giudici non avvertano questa pressione? che non la subiscano? o che non esista? forse non sono le femministe responsabili di questo clima, ma qualcuno ne sarà pure responsabile, chi secondo te? non ti sembra strano che in una società fortemente maschilista, la notizia di un evirazione provochi ilarità collettiva, mentre la minima violenza a qualunque essere (non solo umano), che non sia maschio, scatena indignazione, prese di posizioni pubbliche, isterismo collettivo ecc.? perché il ministero delle pari opportunità monitora il modo in cui viene trattata l immagine della donna in tv, e nel caso se ne parli talvolta male, scatena il putiferio nazionale.. descrivendo il paese come sessista, mentre l immagine dell uomo (non)viene monitorata nel modo che abbiamo visto? cosa pensi di suddetto ministero e del suo modo di agire?
mi chiedi cosa propongo: semplicemente che uomini e donne vivano all’interno dello stesso ordinamento giuridico, come prevede la costituzione. cosa che oggi non accade.
parli di ragione tecniche e culturali forse per culturali intendi il tipo di pressione che ho cercato di descrivere?, quale dovrebbe essere la pena per una madre che in corso di separazione sporge una serie di denunce inventate (magari di abusi su minori) per avere vantaggi nella separazione (ed allontanare il coniuge dai figli, ai quali si racconta che il padre li ha abbandonati), la presunzione di innocenza e l onere della prova devono essere concetti invertiti nei reati sessuali?, cosa rischia chi inventa una violenza sessuale? una denuncia per procurato allarme sembra:
cosa rischia chi subisce accuse di questo tipo? carcere, divorzio più ingenti danni patrimoniali conseguenti se sposato, linciaggio nel caso il racconto sia abbastanza cruento. d’altronde se l istat dice che in italia 7 milioni di donne hanno subito violenza, cosa ci sarà di male a inventarsene una in più..che abbia pensato questo la ragazza sopra?