Strutture di potere- Conclusioni
Si possono trarre insegnamenti utili da questi pochi ma significativi episodi elencati?
Credo che valga la pena di tentare.
Innanzitutto occorre definire cosa sia il potere. Nella migliore delle definizioni è servizio reso alla collettività. La struttura che lo organizza dev'essere necessariamente orizzontale per potere solcare inalterato i mari temporali senza subire degenerazioni di sorta. Questa è la storia dei cacciatori-raccoglitori: l'elezione a capo del gruppo non significava diminuzione ma un aumento degli oneri personali senza alcun aumento di privilegi.
Le società stratificate e piramidali invece nascono con il palese intento di accentrare il potere nelle mani di pochi individui che determinano l'andamento di tutta la società che (democraticamente o meno) rappresentano.
A volte tali individui sono effettivamente latori di istanze sociali primarie (pensiamo ai nostri Padri Costituenti) che improntano politiche intese a soddisfare ampi strati di popolazione. Ma restano pur sempre una rarità nella ben documentata casistica politica nostrana e non.
La domanda da porsi quindi è: come si fa a garantire che le strutture che esercitano il potere siano al servizio dei popoli e non al servizio delle lobbies industriali/militari o delle elites finanziarie?
Quali meccanismi sono in grado di garantire il massimo accesso alle risorse comuni al più alto numero possibile di persone, evitando che tali risorse diventino di uso esclusivo di qualche casta?
Non sono riuscito a trovare una risposta adeguata, a parte un ritorno ad una società non stratificata, egalitaria dove ognuno abbia identici oneri e diritti. Certamente una guida illuminata può fare grandi cose, e la politica italiana del primo dopoguerra ci insegna molto in tal senso. Ma si tratta pur sempre di fortuna. La fortuna di avere avuto una classe politica che avesse presente le tragedie di una guerra e la conseguente necessità di dotare il Paese di un'ossatura (la Costituzione appunto) che permettesse uno sviluppo armonioso, è stata trasformata dalle esigenze di sudditanza verso quelle elites che i Padri Costituenti tentarono coraggiosamente di arginare, in infami operazioni volte al massimo disprezzo per gli insegnamenti della Storia.
Un episodio per tutti: il Predator che bombardò Gheddafi in fuga si alzò in volo da Sigonella (già teatro negli anni '80 di una crisi di sovranità con i nostrani VAM e Carabinieri contro i Delta Force americani) in barba all'art.11 che dichiara: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” e all'art.4 degli accordi di Bengasi del 2008 che recita “l'Italia non userà, ne permetterà l'uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia”.[1]
Il principio di autodeterminazione dei popoli diventa così prassi di determinazione culturale e quindi invasione militare.
Quello che succede, e che gli episodi citati nei precedenti articoli sembrano confermare, è che le strutture di potere verticistico si cristallizzano col tempo, uccidendo il dinamismo originario e giungendo a favorire gli strati più alti della piramide sociale, penalizzando nel contempo quelli più bassi. La stratificazione consente l'acquisizione di specializzazioni che permettono una spietata gestione del potere stesso. Basti pensare alla casta dei guerrieri (militari, polizia etc..) e a ciò che è riuscita e che continua a fare contro i non-guerrieri, catari e Moriori in prima fila.[2]
Il sistema funziona su basi culturali, normative ed economiche da cui è difficile distinguere cause ed effetti.
Se la cultura è la chiave per interpretare gli avvenimenti in modo adeguato (e l'adeguatezza è testimoniata dal buon stato di salute della cultura stessa) quando tale chiave viene unita ad un verticismo sociale i risultati sono prevedibilmente catastrofici per i più. Ma, di nuovo, non si capisce qui se la cultura sia la causa o l'effetto delle norme verticistiche.
Mancando alla base adeguati meccanismi di controllo sui vertici (facile obiettare che il vero scopo dei vertici sia di controllare evitando di essere controllati), questi concentrano le attenzioni sui propri privilegi anziché sui diritti dei sottoposti e sulla pace sociale.
Nè il sistema democratico, ad esempio, riesce a garantire che l'offerta elettorale (quindi politica) rappresenti tutte le componenti sociali. Dopo mezzo secolo di elezioni siamo arrivati a due-tre formazioni politiche che rappresentano sempre più le classi superiori e sempre meno quelle inferiori. Questo causa un aumento di sfiducia che porta necessariamente a tensioni sociali, e questo sfocia o nella repressione come metodo di affermazione della parte più forte (come nel caso della crociata contro i catari) oppure in rivoluzioni “pacifiche” come nel caso dell'eliocentrismo (che rappresenta però uno scontro tra centri di potere differenti: quello ecclesiastico e quello scientifico, tutt'ora impegnati nel lanciarsi frecciatine e nulla più).
Un particolare aspetto del dualismo scontro-incontro è stato messo bene in luce da Stefano nel suo articolo “La crisi e il crollo”[3]
Diversamente dal Rinascimento oggi non abbiamo nuove classi sociali emergenti (tutt'al più vecchie classi sociali che scompaiono, e queste possono essere delle leve importanti) né nuovi paradigmi interpretativi del mondo fisico o metafisico. Al massimo si riscoprono valori antichi come sobrietà e moderazione. Quindi le possibilità di rivoluzioni “pacifiche” sembrano ridotte di molto, e le primavere arabe sembrano, nel bene e nel male, testimoniarlo. Resta comunque, per correttezza di valutazione, la possibilità che succeda qualcosa di politicamente rilevante, ovvero che una formazione sensibile alle istanze sociali possa gradatamente scalare la piramide sociale e cominci a frequentare la stanza dei bottoni, cambiando l'attuale rotta.
La domanda finale: sia che il cambiamento auspicato avvenga tramite rivoluzioni pacifiche o violente, cosa ci garantisce che chi conquista posizioni di vertice non venga preso da deliri di onnipotenza (smania di abuso) ma mantenga il potere inalterato nel suo significato primario, ovvero servizio reso alla collettività? Quale meccanismo abbiamo noi per evitare di ritrovarci facili prede di quel potere idiota, arrogante, verticistico, burocratico, irragionevole nella sua ferrea logica di prevaricazione che già conosciamo?
George Carlin lo descrive così:
[1]http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/esteri/libia-italia/testo-accordo/testo-accordo.html
[2]https://www.appelloalpopolo.it/?p=3796
[3]https://www.appelloalpopolo.it/?p=2610
Link agli articoli della serie Strutture di potere:
Strutture di potere- Richelieu e la Scienza
Strutture di potere- Galileo e la Chiesa
Strutture di potere- Borghesia e Chiesa
Strutture di potere. Conoscenza e fede
Strutture di Potere- Scienza e Stato
Caro Tonguessy,
vorrei dare per scontato che una società complessa e di grandi dimensioni deve avere una organizzazione (anche) gerarchica e verticistica.
Una parte dei vertici delle carriere gerarchiche si raggiungono attraverso concorsi pubblici, che devono essere seri e rigorosi. Il carattere nazionale anziché locale, il numero esiguo dei vincitori anziché un numero che consente agevolmente divisioni tra gruppi (la vecchia terna nei concorsi universitari, anziché i trenta idonei delle ultime tornate); la tendenza a un numero di vincitori inferiore al numero dei posti messi a concorso; la frequenza dei concorsi sono suggerimenti da seguire.
Chi assicura il corretto e onesto esercizio del potere riservato ai vertici della burocrazia? Oltre a controlli interni non possiamo che affidarci all'organo giudiziario. La novità potrebbe riguardare le sanzioni, che per i colletti bianchi dovrebbero essere gravissime, anche in ragione del fatto che vengono scoperti raramente. Questa funzione generalpreventiva (paghi per tutti e come monito agli altri perché si astengano) è contestata dalla cultura giuridica illuministica, che vuole una pena proporzionata al reato. Ho detto più volte che ci sono aspetti dell'illuminismo che vanno decisamente abbandonati. Si tratta spesso di forme di fanatismo individualistico. Come far crescere l'onestà, la correttezza e l'amore per le funzioni piuttosto che per il potere e il denaro non lo so. Forse non si può fare niente.
Sotto il profilo politico, mi convinco sempre più che non è vero che la storia è storia di lotta di classe. Non sempre è così. Anzi la lotta c'è soltanto in alcuni momenti storici. Per millenni gli schiavi sono rimasti schiavi, accettando quella condizione anche quando vivevano su un territorio in rapporto di uno a dieci con i liberi.
La libertà, la liberazione, un modello di vita coraggioso semplice e eroico, la liberazione dai desideri e dalla prassi del consumo possono essere voluti, inizialmente, soltanto da minoranze. Nelle situazioni di necessità e di crollo la maggioranza è disposta a seguire le avanguardie. In quelle di stabilità e benessere la maggioranza segue le strade indicate dal potere. Le rivoluzioni o i momenti di grandi riforme richiedono una gravissima crisi economica e una gravissima crisi morale. Ricorrendo queste due circostanze e in presenza di geni rivoluzionari, i vertici del potere politico possono subire gravi colpi. Si dimentica spesso che quando Lenin scese dal treno e cominciò la sua arringa disse: "operai, militari…". Se nel 1917 non fossero stati uccisi già milioni di militari russi, non credo che le cose sarebbero andate come andarono. La Costituzione italiana nasce dallo sfacelo della seconda guerra mondiale, dal tradimento dei nostri alleati, dalla divisione del paese, dalla occupazione angloamericana e dalla resistenza.
Oggi poi abbiamo i consumatori. Non dobbiamo mai smettere di contestare questo concetto. Esso cela una schiuavitù. E come la precedente schiavitù, potrebbe durare millenni. Non possiamo fare altro che cercare di elaborare dottrine concrete e realistiche rivoluzionarie. Servirebbe anche qualcuno che lanciasse grandi accuse morali; ma purtroppo la religione è morta (non Dio, ma la religione). Il crollo, prima o poi, arriverà. Tieni conto che in questa materia ciò che accade all'estero èp molto importante. Basta che le condizioni per una rivoluzione si verifichino in un luogo della terra, omogeneo all'italia, e che emerga un genio rivoluzionario (meglio, un gruppo di geni rivoluzionari). Molti altri popoli seguiranno.
Caro Stefano,
è vero che una società complessa e di grandi dimensioni dev'essere strutturata gerarchicamente. Ma è tutto da dimostrare che noi abbiamo assoluto bisogno di tale società, e non possiamo ad esempio vivere in società più piccole dove la gestione sia orizzontale invece di verticale.
I grandi agglomerati urbani sono delle mostruosità verticistiche, dove l'alienazione regna sovrana causa, appunto, mancato rapporto col territorio ed i propri simili.
Diceva Marvin Harris che il massimo dell'aspirazione borghese è la casetta immersa nel verde, il che è esattamente lo standard per i cosiddetti "primitivi".
Un architetto (ma non ricordo più il nome) ha dimostrato come un agglomerato urbano fino a 30.000 abitanti ha ancora speranza di poter essere gestito orizzontalmente. Dopo la fatidica soglia dei 30.000 abitanti, ogni agglomerato va amministrato verticalmente.
Cambiamo fronte: sei sicuro che affidarci all'organo giudiziario sia sensato? Ho l'impressione che quando lo si fa ci rimette di più chi ha ragione. Parlo per esperienza personale. Prendi poi i No Tav. I recenti arresti sono stati firmati da qualche organo giudiziario, no?
Su ciò che tu chiami "funzione generalpreventiva" gli USA sono dei grandi maestri. Vedi le pene che danno agli hacker. Ma anche i reati più gravi, per carità: i bracci della morte sono zeppi di persone di dubbia colpevolezza, ma che vengono sistematicamente giustiziate a seguito proprio del principio di tale "funzione generalpreventiva". Ne conosco uno personalmente, si è fatto, da innocente, quasi 40 anni di braccio della morte. Poi il testimone chiave, in punto di morte, ha confessato che era tutto falso. E' un peccato che lì i processi non possano essere celebrati due volte per gli stessi capi di imputazione, no? In quanto a "fanatismo individualista" mi pare che gli esempi abbondino in ogni campo, e non mi limiterei al campo dell'illuminismo.
Su come "far crescere l'onestà, la correttezza e l'amore per le funzioni piuttosto che per il potere ed il denaro" io un'ideuzza ce l'avrei. Si tratta di ciò che gli etologi chiamano imprinting. Seguire l'esempio vivente. Se chi ti educa, chi ti circonda adotta uno stile di vita improntato sull'onestà e la correttezza ad ogni costo, avrai una percentuale altissima di diventare onesto e corretto. Probabilmente ciò che ci accomuna da questo punto di vista è la nostra storia famigliare, molto simile.
Per questo motivo il comportamento dei vertici è fondamentale. Purtroppo, come spiegavo, è invece molto probabile che i vertici abbiano altre priorità, piuttosto che rischiare di proprio nel perseguire certi modelli. Vedi Mattei. E qui si chiude il cerchio: le lobbies manovrano i vertici, ed i vertici educano al dolo e alla disonestà. Non meravigliamoci che siamo ridotti così. Le strade percorribili sono due: moralizzare i vertici (e contemporaneamente convertire il lupo cattivo affichè non mangi più Cappuccetto Rosso) oppure togliere loro il potere, facendo precipitare la società in ciò che viene comunemente chiamato "arretramento" preistorico.
Quale delle due soluzioni ti fa ridere di più?
PS: Avendo il potere incoccato la freccia del tempo nel suo arco, ed avendola scagliata ben lontana, diventa oggi impossibile (a seguito del già citato imprinting) capovolgerne la funzione, e dire che una volta si stava meglio perchè ognuno aveva possibilità di gestirsi la vita direttamente senza essere comandato: stiamo andando verso un radioso futuro ricco di gadget da consumare. Hollywood ci informa su cosa succederebbe se mai volessimo invertire la freccia del Tempo, vedi Mad Max e filone catastrofico su un ritorno al passato barbaro e crudele.