Sbarazzarsi della Sinistra- il caso URSS
Sia ben chiaro che tutta la questione del bipolarismo geopolitico dantan non mi ha mai entusiasmato. Dover decidere tra il rutilante capitalismo delle Ferrari ed il grigio socialismo delle polverose vetrine polacche non è mai stata una scelta che mi ha interessato. Alcuni sono giunti a chiamare il socialismo del blocco di Varsavia con il nome di capitalismo di Stato, ovvero “un modo per criticare la mancata gestione dell'economia da parte delle masse lavoratrici e mettere in dubbio, alla fine, che si tratti realmente di un'economia socialista.” [1]
Insomma sempre di capitalismo si tratta, con il plusvalore reinvestito o distribuito da qualche parte e a qualche titolo. Quindi per me lavorare per un padrone col maglioncino blu piuttosto che per quello con il cappello di feltro verde con la stella rossa è sufficientemente simile da non suscitarmi alcun entusiasmo. Acquisizione di status symbol (la Vespa prima, la 500 poi) nel nome della Modernità oppure operosità modernista alla Leger nel nome del Socialismo? Un pugno in faccia o un calcio sullo stomaco? Non saprei decidermi, davvero…
Forse però tale sottile differenza fu in qualche modo essenziale a tutti noi lavoratori del Primo Mondo, e quel bipolarismo in realtà ci ha offerto l'opportunità imperdibile di guadagnare diritti e salari migliori. Una volta crollato il muro di Berlino, invece, le cose sono mutate drammaticamente per tutti noi.
Facciamo un piccolo passo indietro, giusto subito dopo la Seconda Guerra Mondiale quando “il governo americano scelse di dividere la Germania in due parti, piuttosto che rischiare di perderla completamente o perchè sarebbe collassata o perchè sarebbe finita in mano alle sinistre”.[2]
Mentre decidono la spartizione dell'Europa, le due superpotenze si spartiscono anche conoscenze e strutture della sconfitta Germania nazista. Ad esempio alcune fabbriche di ottica vengono spostate in territorio sovietico. Jena, sede della prestigiosa Zeiss, venne consegnata ai russi solo dopo che gli americani avevano trasferito macchinari e personale tecnico (un centinaio di famiglie) nella Germania Ovest. Invece lo stabilimento Zeiss Ikon di Dresda, che era già direttamente controllata dai russi, fu subito amministrato da Mosca; la produzione della Contax venne spostata a Kiev e a Krasnogorsk.
“Il piano Marshall era stato varato a causa della Russia… l'idea era che se tu arrivi e cominci a saccheggiare le loro case, interferisci con la ripresa dell'Europa intera…Nella Germania Ovest il governo americano usò il piano Marshall per costruire un sistema capitalista che non mirava a creare nuovi mercati facili e veloci per la Ford e la Sears, ma che si sarebbe rivelato così sicuro e vincente che il socialismo avrebbe perduto ogni fascino.”[3]
Fu proprio grazie al piano Marshall che avvenne la ricostruzione degli impianti di produzione Zeiss ad Oberkochen. Si trattava di rendere più appetibili le produzioni primomondiste contro quelle secondomondiste, ovvero di convincere gli europei che i prodotti del rutilante capitalismo americano erano da preferirsi a quelli del grigio socialismo sovietico. E non stiamo parlando solo di prodotti da scaffale, ma di un imponente sistema messo in piedi per convincere il Primo Mondo della bontà del sistema capitalista contro quello socialista.
Servì a tale scopo anche l'operazione Paperclip, che mirava ad accaparrarsi il più elevato numero di esperti nazisti per rilanciare gli USA come superpotenza: Werner Von Braun ad esempio passò da direttore tecnico del laboratorio missilistico di Peenemünde (dove venivano progettati i V2 che causarono 9000 morti tra gli inglesi) a direttore della NASA. Mi chiedo come l'immaginario collettivo avrebbe reagito alla conquista dello spazio da parte dei russi: senza l'apporto di Von Braun e dei nazisti sottratti a Norimberga dall'operazione Paperclip difficilmente gli USA avrebbero potuto rivaleggiare in quei primi anni di lanci spaziali.
Stava iniziando la guerra fredda, ed ogni elemento che potesse risultare utile contro il nemico comunista andava usato senza esitazione: non solo i nazisti cominciarono ad essere giudicati pedine importanti in ottica anticomunista [4], ma andavano attuate tutte le misure necessarie per evitare uno spostamento di interesse verso l'URSS.
Anche i diritti dei lavoratori andavano in qualche modo tutelati: invece che proporci lo schema attuale del capitalismo disumano, ci fu presentato un capitalismo che riesce a fare concessioni ai propri avversari contingenti (sindacati e lavoratori) purchè non diano ascolto ai nemici geopolitici.
Si trattava quindi di togliere i lavoratori europei dalle stamberghe e da disumani orari e condizioni di lavoro e creare una forte classe piccolo borghese che potesse guardare al capitalismo con più interesse e benevolenza che al socialismo.
Dice L. Gallino:
“va rilevato che le conquiste in parola erano anche il risultato di un quadro geopolitico che è poi cambiato rapidamente dopo la fine degli anni 80. Ad oriente c'era infatti la grande ombra dell'URSS, il gigante di cui si temevano le mosse…Le classi dominanti sono state così indotte a cedere una porzione dei loro privilegi, tutto sommato limitata. In ogni caso ciò ha voluto dire una riduzione del potere di cui godevano, dovuta in gran parte alle lotte dei lavoratori, in parte al convincimento che fosse meglio andare in quella direzione affinchè l'ombra ad Oriente non esercitasse troppa influenza nel contesto politico occidentale”[5]
Insomma il tacito patto di belligeranza limitata tra classi dominanti e classi subalterne fu mantenuto inalterato fino al crollo del muro di Berlino nel tentativo di contenere il rischio che queste ultime volessero sottrarre il controllo dei mezzi di produzione per imporne uno in stile sovietico. Le schermaglie continuarono fino a quando il nemico che rappresentava il modello “antitetico” improvvisamente scomparve. Da allora i giochi sono cambiati, per decisione univoca. Il padronato, una volta scoperto che non c'era più un nemico degno di tale nome che potesse competere sul piano geopolitico, decise unilateralmente che tutto quello che era stato concesso per timore di qualche spostamento delle masse a sinistra, andava rapidamente recuperato.
“Quando Eltsin abolì l'Unione Sovietica, la 'pistola carica' che aveva costretto a sviluppare il piano (Marshall nrd) orginario fu disarmata. Senza di essa, il capitalismo fu improvvisamente libero di assumere la sua forma più selvaggia, non solo in Russia ma in tutto il mondo. Con il collasso dell'Unione Sovietica, il capitalismo poteva contare su un monopolio globale, il che voleva dire che che tutte le 'distorsioni' che avevano interferito con il perfetto equilibrio del libero mercato non erano più necessarie… il capitalismo liberato da tutti i suoi fronzoli keynesiani..può essere antisociale, antidemocratico e disumano quanto vuole. Finchè il comunismo è rimasto una minaccia, il gentlemen's agreement del keynesianismo è sopravvissuto; una volta che quel sistema ha perso terreno ogni traccia del keynesianismo ha potuto finalmente essere estirpata.”[6]
Questo non poteva che significare una sola cosa: la vittoria del neoliberismo e delle sue regole principali. Si da inizio quindi alla deregulation normativa (rimozione di tutto ciò che impedisce l'accumulo dei profitti) e salariale (libertà di licenziare, delocalizzare, precarizzare e sottopagare); si procede quindi alla vendita a privati delle proprietà statali per pochi spiccioli e si conclude con tagli drastici per la spesa sociale. Insomma l'Italia del nuovo millennio.
A questo punto mi sorge la nostalgia per le grigie e polverose vetrine polacche.
“Non è scontato che il capitalismo possa funzionare senza istituzioni come il Welfare. E il Welfare è di regola gestito dallo Stato. Penso quindi che il capitalismo di Stato ha un grande futuro”
Eric Hobsbawm [7]
[1]http://it.wikipedia.org/wiki/Capitalismo_di_Stato
[2]N. Klein “Shock economy” pg.286
[3]ibid pg. 286-287
[4]https://www.appelloalpopolo.it/?p=2193
[5]L.Gallino “La lotta di classe dopo la lotta di classe” pg. 11
[6]N. Klein “Shock economy” pg.287
E se invece Schumpeter avesse ragioni da offrire a riguardo? Se non è stata proprio la "vittoria" del capitalismo moderno, e di matrice iussei, a caratterizzarne il declino in cui oggi esso versa non per involuzione alle origini proto-capitalistiche e selvagge ma per evoluzione statalizzante che lo caratterizza? Come altrimenti spiegare il fatto che oggi sono gli apparati statali che, con la scomparsa del mercato, assumono su di sè l'eutanasia di ogni patto di cittadinanza e di ogni scambio sociale? Forse con il fatto storico che la classe dominate genera la sovrastruttura statale? Forse con il fatto che lo Stato è ormai appendice funzionale completa dell'apparato capitalistico contemporaneo? Ma di quale capitalismo? Di ogni forma di capitalismo? Di ogni forma del fare impresa? Di ogni forma organizzata (e necessariamente conflittuale) dei fondamentali economici? Quale forma di produzione e quale Stato potremmo provare a salvaguardare o volgere lo sguardo per provare a salvaguardare il lavoro e il diritto di cittadinanza?
Non ho ben capito cosa intenda N.O.I. per "scomparsa del mercato", perchè questo fatto non riesco a notarlo, anzi noto un progressivo aumento del mercato, cosa visibile dai dati sull'occupazione del primo mondo (grosso modo 2% primario, 25% secondario ed il resto terziario). La "scomparsa del mercato" prevede un forte ridimensionamento del terziario a favore del primario.
Sulle forme del capitalismo ci sarebbero alcune cose da dire, legate alle percentuali di occupati cui accennavo: una società dove il terziario occupa la maggioranza della forza lavoro è una società più distributiva che produttiva, e questo richiede un cambiamento di interpretazione delle dinamiche capitaliste. Diventa più interessante, ad esempio, fare utili attraverso le spa che attraverso l'innovazione e la ricerca. I piani quinquennali di investimento sono sostituiti dai rendimenti trimestrali. Se poi tali piani mettono in ginocchio l'industria, beh…che vuoi farci, è il nuovo che avanza.
Nel caso tempo addietro accennavo a queste nuove modalità del capitalismo moderno che non vanno esattamente d'amore e d'accordo.
https://www.appelloalpopolo.it/?p=2689
E' appunto per quello che aggiunge a commento, e per le letture che ha proposto, che deve riformularsi un progetto che veda alleati, in questa contingenza storica, impresa e lavoro. Senza demonizzare la finanza, ma semplicemente rivedendo le leggi bancarie introdotte in Italia dal fu primo governo Amato (se memoria non sbaglia), fra il 1992 e 1993.
Grazie e saluti vivissimi
Come scriveva a metà degli anni Settanta Michel Clouscard (I tartufi della rivoluzione): ” Il piano Marshall è l’atto etimologico della nostra modernità. Il suo ruolo è fondamentale. Nell’immediato dopoguerra, esso ha innestato un’economia
dell’abbondanza su un’economia della carenza e della miseria.”.
spero che al ciclo non manchi una puntata sul 68