Menenio Agrippa
Rivolte e scioperi non sono un'invenzione recente. Quando le classi meno abbienti si trovano a fare i conti e questi non tornano mai, alla fine perdono la pazienza. Ci vuole del tempo, non la perdono subito, ma prima o dopo il gioco dell'oca con tutte le trappole studiate ad hoc ed i dadi truccati cominciano a dare veramente fastidio.
E allora inizia la conta: quanti siamo noi? E quanti sono loro? Di che forza disponiamo noi e di che forza dispongono loro? Si scopre così che la vecchia storia dell'elefantino addomesticato vale solo per gli elefanti. La storia dice che se si abitua un elefantino a starsene legato a delle catene che sappiano trattenerlo, tali catene funzioneranno anche quando la sua forza sarà tale da strapparle agilmente, perchè nel corso degli anni si sarà convinto che quelle catene sono indistruttibili.
Nel caso di noi umani esiste sempre un blocco mentale che ci impedisce di vedere il vero valore della nostra forza, ma ci sono avvenimenti che ci possono far superare l'impasse che tale blocco genera. Ovviamente ce ne sono anche moltissimi che lo rimettono in funzione. Ci sono poi persone che riescono ad appesantire o ad alleggerire tale blocco, con i risultati di riuscire a renderlo particolarmente o affatto difficile da rimuovere. Menenio Agrippa fa sicuramente parte di queste persone.
Tito Livio nei suoi annales animati dalla sua solita carica moralizzatrice, ci parla di questo console romano: è la crisi morale la vera causa della decadenza dell'Urbe, e servono episodi chiarificatori per rinforzare il sodalizio tra le varie componenti sociali. La storia di Menenio Agrippa rappresenta un'opportunità unica in tal senso. I fatti raccontati fanno riferimento ad una classe padronale (i patrizi) che non tengono in minima considerazione i diritti delle classi più deboli e numerose (i plebei), al punto che questi ultimi, dovendo sottostare all'obbligo della leva, si vedevano costretti ad abbandonare i propri campi per ritrovarli poi incolti una volta finite le missioni militari.
I plebei ad un certo punto si ribellano e si rifiutano di combattere. Questo è semplicemente intollerabile, perchè mette a rischio la tenuta del sistema, rendendo possibile un'invasione dell'Urbe da parte di eserciti nemici. Viene quindi mandato sul Monte Sacro (dove erano radunati gli scioperanti) Menenio Agrippa che incanta i plebei con il suo noto apologo.[1] Attraverso una metafora organicista ogni componente sociale viene paragonata ad una parte dell'intero organismo. La morale è che senza la ininterrotta collaborazione tra le diverse parti l'organismo deperisce fino a morire. Senza le mani (i plebei) per portano cibo alla bocca lo stomaco (i patrizi) non può digerire e quindi far funzionare tutto l'organismo.
La logica dell'apologo contiene un evidente falso assioma: nessuna parte del corpo farebbe mai sciopero per soddisfare interessi particolari. Mentre si capisce la “legge naturale” che obbliga le mani a procurare il cibo per lo stomaco, non si riesce a comprendere quale sia la legge che obbliga i ceti subalterni a dover subire gli ordini delle elites e quindi a sostenere gli interessi specifici della classe antagonista. La logica dell'apologo diventa così una intollerabile forzatura organicista.
La Storia in realtà è zeppa di Menenio Agrippa che riescono a convincere i plebei a fare gli interessi dei patrizi e contro i propri. Se parliamo di guerra militare l'intervista di Hermann Goering a Norimberga (pur non avendo la patinata stesura dell'apologo di Agrippa) ci offre una chiave di lettura impagabile di cosa significhi imbracciare un'arma per difendere i diritti delle elites:
"Certo che la gente non vuole la guerra! Perchè dovrebbe un poveraccio volere rischiare la propria vita quando se gli va bene se ne ritorna a casa tutto d'un pezzo? Naturalmente la gente comune non vuole la guerra. Nè in Inghilterra, nè in Russia nè in America, nè in Germania, per quello che conta.
Si capisce benissimo. Ma, dopo tutto, sono sempre i leader della nazione a determinarne la politica ed è sempre una semplice questione di irretire le persone, sia che si tratti di una democrazia, di una dittatura fascista , di un parlamento o di una dittatura comunista."
Goering riuscì perfettamente a convincere milioni di tedeschi a uccidere e farsi uccidere nel nome degli interessi dei patrizi ariani.
Ma non ci sono solo le imprese militari; ci sono guerre più subdole che per sortire i risultati voluti devono sottostare alle stesse logiche: i plebei si devono impegnare per salvaguardare gli interessi delle elites. E quei plebei vanno “istruiti” dal Menenio Agrippa del caso. Vanno rimosse le cause della disaffezione che impedisce alle mani di portare abbondante cibo allo stomaco. La collaborazione dev'essere totale e ogni tentennamento delle braccia va necessariamente rimosso da un adeguato apologo (o qualsiasi altra forma di propaganda viziata nei contenuti).
Platone ad esempio diceva "la parte è in funzione del tutto, non il tutto in funzione della parte…non per te viene ad essere quella generazione, ma tu per il tutto". Al che con la sua solita verve surreale (no, non futurista ma surreale) Groucho Marx a distanza di secoli rispondeva: “"Perché dovrei preoccuparmi per i posteri? Cosa hanno fatto i posteri per me?" La risposta alla propaganda platonica arrivava proprio negli anni in cui stava nascendo la generazione di nazisti che deliziarono l'Europa per qualche decennio.
Il dono di Sè diventa così il miracoloso unguento in grado di alleviare i malesseri dei patrizi, riducendo a zero le pretese dei plebei. Millenni di continua sperimentazione a base di apologhi o collaudate retoriche hanno dimostrato che l'operazione “sostieni il gioco che non capisci e dove perdi sempre” ha un suo fascino. Non è un caso che le slot machines godano di tanta popolarità tra i poveri. Il meccanismo è estremamente semplice: ti fanno credere che tirando la leva puoi diventare ricco. I fatti dicono che sicuramente eri più ricco prima di cominciare a giocare. La sindrome dell'elefantino fa il resto.
Di novelli Agrippa ce ne sono a bizzeffe e la retorica di cui devono dare sfoggio deve essere all'altezza dell'attuale grave situazione di disagio sociale. Si va dai sindacati ai politici, dalle associazioni di categoria ai talk show. La retorica dell'apologo di Menenio ai plebei incazzati (o della Fornero agli esodati, della Camusso ai metalmeccanici, di Monti agli italiani o di Draghi agli europei) non può che fondarsi su un falso ideologico, ovvero su una verità che non esiste. L'Agrippa originale si fissava sul paragonare le componenti sociali dell'antica Roma ad un organismo, mentre quelli odierni parlano di “crisi internazionale” e della “ripresa imminente” o, più facilmente, “ce lo chiede l'Europa”. Lo scopo, ovviamente, è quello di rimbambire le folle con messaggi rassicuranti, e di istupidirle con dichiarazioni di responsabilità.
Insomma è ora che ognuno si prenda le SUE responsabilità: quelle di chi ha creato e gestito questa crisi capitalista nel nome e per conto del benessere di quello stomaco patrizio che non ne vuole sapere di digiunare. Nulla di nuovo.
L'idea di entità superiori cui dobbiamo versare il nostro volontario contributo di lacrime e sangue con solerte spirito di sacrificio è tipica di certa metafisica che, secondo Heidegger, non può essere che “uno stato di fondamentale imbarazzo filosofico”. Si tratta di spostare l'asse dello scontro da cose tangibili a enti intangibili. Se giustamente ci incazziamo quando un ladro ci ruba dei soldi per scopo di arricchimento personale, l'incazzatura diventa via via più labile fino a scomparire quando vengono tirarti in ballo entità astratte come l'inafferrabile Europa di Monti (o l'inesistente stomaco patrizio di Agrippa). Perfino una predizione inavverabile funziona: smantelliamo la scala mobile per creare un milione di posti di lavoro. Ve lo ricordate Craxi ed il suo bel referendum, vero? E giù tutti a votarlo con la coscienza di fare la cosa giusta per quei posteri che oggi si ritrovano precari e disoccupati. Sono tutte astrazioni. Imbarazzanti per chiunque abbia una mentalità pragmatica, ma ipnotiche per chi è stato abituato a confondere l'unico universo reale con gli infiniti universi paralleli creati dalla speculazione metafisica e messi in mostra da certa retorica.
Non c'è nessun organismo né alcuno stomaco: ci sono dei patrizi che attraverso Agrippa convincono i plebei a rientrare nei ranghi. Non c'è nessuna Europa che ci chieda sacrifici, ci sono solo elites che attraverso Monti ci chiedono di continuare a versare il frutto del nostro lavoro nelle loro casse.
Ah, la crisi? Quella che c'è è tutta plebea. L’1% più ricco degli italiani ha visto salire costantemente i propri redditi mentre secondo l'ISTAT “una famiglia su dieci vive in condizioni di povertà relativa e una su venti in condizioni di povertà assoluta… negli ultimi trent’anni la disuguaglianza è aumentata in molti paesi avanzati, ivi compresa l’Italia.” L'indice Gini (che misura tale disuguaglianza in valori compresi tra 0 ed 1) nel frattempo è passato dallo 0.30 negli anni '80 allo 0.46 del 2010, secondo solo agli USA degli homeless. [2, 3, 4]
Studi mostrano poi che il reddito dell’1% più ricco della popolazione è aumentato un po’ ovunque in questi anni. Il mercato dei beni di lusso non conosce crisi e se c’è un settore che in questi ultimi tempi non ha sofferto troppo in Italia è quello dell’alta moda, delle auto sportive e del design di lusso. [5]
Questo significa solo una cosa: che le braccia dei plebei, spronati dalle metafisiche filippiche del Menenio Agrippa di turno, devono faticare sempre di più per rimpinzare lo stomaco sempre più famelico dei patrizi.
[1]http://www.versionitradotte.it/livio/l-apologo-di-menenio-agrippa/
[3]http://www.oecd.org/social/inequality.htm#
[4] http://www.istat.it/it/files/2012/05/Capitolo_4.pdf
[5]http://keynesblog.com/2013/04/02/le-lontane-radici-della-disuguaglianza-italiana/
http://noi-nuovaofficinaitaliana.blogspot.it/2013/04/menenio-agrippa-di-tonguessy.html
grazie